La scelta del percorso universitario: un passaggio “delicato”

La scelta del percorso universitario: un passaggio “delicato”

La scelta del percorso universitario è un momento cruciale nella vita di molti giovani, e non è un mistero che per molti rappresenti una fonte di grande indecisione e ansia. Al termine del quinto anno di scuola superiore, chi decide di proseguire gli studi deve affrontare una scelta che, almeno in parte, costituisce il trampolino di lancio per la propria carriera futura: il corso di laurea più adatto.

Tuttavia, il percorso che porta alla decisione definitiva è spesso complesso e pieno di dubbi, influenzato da numerosi fattori esterni e interni. 

Ai nostri microfoni, la dottoressa Raffaella Bonforte, psicologa, ha fornito una panoramica completa su questo tema. Laureata all’università “La Sapienza” di Roma, si è specializzata in psicoterapia dell’età evolutiva a orientamento psicodinamico all’Istituto di Ortofonologia di Roma.

L’indecisione degli studenti

Negli ultimi anni, l’indecisione riguardante la scelta del percorso di studi è aumentata notevolmente. I giovani si trovano di fronte al fatidico dilemma di quale strada intraprendere dopo il diploma, e questo genera una profonda incertezza. 

La dottoressa spiega che “molti studenti si sentono sopraffatti dalle tante possibilità a disposizione e dalla pressione di fare la scelta giusta, una scelta che in qualche modo viene percepita come definitiva per il loro futuro”.

Un altro aspetto cruciale riguarda l’impatto psicologico di questa indecisione. Secondo diversi studi, l’incertezza rispetto al futuro ha un effetto negativo sulla salute mentale dei giovani, manifestandosi sotto forma di ansia e stress. “Gli adolescenti di oggi sono costretti a confrontarsi con una realtà molto più complessa rispetto alle generazioni precedenti. Le crisi economiche, le guerre e le sfide globali generano un senso di precarietà e angoscia per il futuro, rendendo difficile anche la capacità di sognare e pianificare a lungo termine”.

L’impatto della pandemia e delle tecnologie digitali

L’isolamento sociale causato dalla pandemia ha aggravato ulteriormente questo disagio. “L’adolescenza – spiega la psicologa – è già di per sé un periodo di grandi cambiamenti emotivi e psicologici, ma gli adolescenti che hanno vissuto la pandemia si sono trovati a fronteggiare queste sfide in solitudine, senza la normale rete di sostegno costituita dagli amici e dalla comunità scolastica. Sono aumentati i disturbi del sonno e dell’alimentazione, e molti ragazzi hanno vissuto una confusione tra il tempo dedicato allo studio e quello libero. Con la didattica a distanza (DAD), alcuni si sono ritrovati a dormire durante le lezioni, mostrando una disconnessione crescente rispetto al proprio percorso scolastico”.

La dottoressa spiega anche che i disturbi dell’attenzione sono aumentati, insieme all’uso intensivo delle tecnologie digitali, che ha avuto un impatto significativo sul modo in cui i giovani percepiscono la realtà e gestiscono le relazioni sociali. “Le tecnologie, se utilizzate in modo eccessivo o disfunzionale, possono sostituire le interazioni reali e impedire lo sviluppo di un pensiero autonomo. I social media, in particolare, offrono modelli di successo perfetti e irraggiungibili, generando spesso un profondo senso di inadeguatezza nei giovani. Questo surplus di informazioni, per quanto una risorsa, diventa un sovraccarico emotivo e cognitivo, rendendo difficile concentrarsi a lungo termine e creando un ambiente in cui il confronto con gli altri diventa schiacciante”.

La relazione tra genitori e figli

In questo contesto, il ruolo dei genitori diventa particolarmente delicato. Circa la metà dei ragazzi chiede consiglio ai genitori riguardo alla scelta universitaria, ma la loro influenza non è sempre positiva. James Hillman parlava di superstizione parentale, ossia l’idea che tutto dipenda dai genitori, una convinzione che ha creato una trappola per le famiglie. Quando il figlio diventa la ragione di vita dei genitori, questi ultimi finiscono per assumere un ruolo eccessivamente protettivo e direttivo”. La scelta universitaria, però, dovrebbe essere una responsabilità personale, un momento in cui il giovane si mette in gioco e accetta la possibilità di fallire. Questo processo è cruciale per lo sviluppo della propria autonomia e identità.

“Molti ragazzi trovano difficile affrontare questo salto verso l’ignoto, soprattutto quando si percepiscono come non ancora pronti a prendere decisioni così importanti. L’incertezza e la paura di sbagliare li porta a cercare rassicurazioni esterne, ma ciò può portare a scelte dettate dalle aspettative altrui, piuttosto che dalle proprie passioni”.

Il ruolo della scuola e degli insegnanti

Anche la scuola ha un ruolo fondamentale in questo processo. Non tutti i professori riescono a lasciare un segno duraturo nei propri studenti, e questo, secondo la dottoressa Bonforte è un aspetto preoccupante. “Come scriveva Jung nel 1920, ‘un cuore comprensivo è tutto e un insegnante non può mai essere abbastanza stimato’. L’insegnante ideale non si limita a trasmettere il programma didattico, ma diventa un modello per gli studenti, influenzandoli in modo profondo e spesso inconsapevole. Gli insegnanti che riescono a trasmettere passione e comprensione, non solo per la materia ma per la vita stessa, possono aiutare i ragazzi a scoprire le proprie vocazioni e a prendere decisioni più consapevoli e serene”.

L’importanza di trovare la propria passione

Uno degli elementi più difficili della scelta universitaria è la scoperta della propria passione. Molti ragazzi non sanno cosa li appassiona veramente, e questo li porta a fare scelte insicure o dettate dalla paura del fallimento. Tuttavia, quando un giovane trova qualcosa che lo entusiasma, non teme più il duro lavoro o le difficoltà che questo percorso può comportare. Il problema è capire qual è quella passione. A volte, per trovarla, è necessario mettersi in gioco, provare cose nuove e accettare il rischio di sbagliare.

“Un esempio emblematico è quello della facoltà di medicina, idealizzata da molti come una sorta di sfida da superare per entrare in un’élite. Tuttavia, scegliere una carriera solo perché viene vista come prestigiosa o remunerativa non è sempre la scelta migliore, se non si ha una reale passione per ciò che si fa”.

La pressione delle informazioni

“In un mondo in cui le informazioni sono disponibili ovunque e in quantità massicce, la scelta universitaria diventa paradossalmente ancora più difficile. Per chi è già indeciso, il surplus di possibilità può generare confusione e ansia, peggiorando ulteriormente la situazione. Più opzioni ci sono, più diventa difficile scegliere, e questo porta a una paralisi decisionale. La sensazione di essere sopraffatti dalle informazioni è una delle sfide più grandi che gli studenti di oggi devono affrontare”, ha concluso la dottoressa Bonforte.