“Tutto il blu del cielo” di Mélissa Da Costa

“Tutto il blu del cielo” di Mélissa Da Costa

Nel suo romanzo d’esordio Mélissa Da Costa inaugura la leggerezza di uno stile narrativo affrontando i temi più delicati.

In libreria dal 2020, “Tutto il blu del cielo” (Rizzoli) è stato tra i dieci libri più venduti, un best seller da seicentomila copie.

Con il romanzo “I quaderni botanici di Madame Lucie” (2021), “Bucaneve“, fino alla recente pubblicazione del romanzo “All’incrocio dei nostri destini” (2024), la scrittrice ha confermato un talento letterario pronto a scivolare nella sceneggiatura di un film.

Forte del viaggio a più dimensioni annunciato nel titolo con le parole ispirate al cielo sì, ma stretto compagno del tramonto, la storia racconta ai sordi di sensi la metafora della vita dalla cui conoscenza si trae beneficio fino all’ultimo dei giorni. Quello negato a nessuno. Nemmeno a Émile, un giovane ragazzo di ventisei anni che dopo una serie di sintomi incompatibili con la sua giovane età, gli viene comunicata una diagnosi nefasta. Tra due anni al massimo una forma di Alzheimer precoce lo scorterà in un letto d’ospedale dove aghi e provette fingeranno di sedare una malattia incurabile, poi l’ultimo neurone si spegnerà insieme al ricordo che ha lottato con tutte le sue forze per non essere strappato dall’album cosciente.

Dopo un primo momento in cui Émile avverte la sensazione di essere un passerotto in caduta libera dal nido, ecco, improvvisamente, la decisione di affidare alle sue fragili ali il volo che gli impedirà di restare inerme davanti a una diagnosi senza speranze. Due anni che dovranno somigliare a cento, forse qualcuno in più, non ha senso dare tregua ai limiti quando un termine c’è già.

Chiedere all’azzurro di ritardare il blu scuro e intenso della notte, poi la preghiera al cielo prima del volo che lo presenterà alla dimensione celeste. Questo spiffero di vita che rimane è ancora suo, gli appartiene, e non sarà impallidito dal colore dei camici sanitari e delle pareti sterili di un ospedale.

La clessidra di Émile non sarà generosa, i granelli di sabbia sono sempre più separati l’uno dall’altro, e se il ragazzo vorrà rallentare il decorso della sventura dovrà rubare vita alla vita. Émile scrive e invia un messaggio nella rete connessa con tutti, ma proprio tutti gli ospiti del pianeta Terra.

Cercasi compagno/a di viaggio per un’ultima avventura“.



Intanto ha acquistato un camper, sta  programmando un viaggio di nascosto dalla famiglia, pochi effetti personali perché l’unico bagaglio che porterà con sé sarà l’ultimo prezioso sorso di libertà. Non berrà da solo, perché una ragazza, Joanne, risponde al suo annuncio dietro una benedizione dell’azzurro ancora vivo e vivace.

Due estranei condividono un itinerario che sarà scuola di nuovi orizzonti anche se il tempo è in  scadenza, e poco si può aggiungere alla fretta del sipario vita. Un lui e una lei che quasi non si rivolgono parola navigano sulla terraferma le onde dei pensieri invisi a loro stessi, perché la fragilità sopravvive se incontra mani, occhi e orecchie disponibili a sedersi accanto a te.

“C’è troppo dolore in lei. Se si lasciasse sfuggire anche solo un briciolo di quel dolore, sarebbe travolta da un torrente in piena a cui forse non sopravvivrebbe.

Se piangiamo perché il sole è tramontato, le lacrime ci impediranno di vedere le stelle“.

Le ho detto che l’avevo capito grazie a lei, grazie al suo modo di volermi ancorare al presente. Le ho detto che ora, grazie a lei, vedevo le stelle“.

Quattro mani scriveranno il diario della bellezza di luoghi incontaminati, instillando in ciascuno dei due giovani silenzi prolifici di pensieri troppo intimi per essere esposti al di là della sacralità della vita. Non c’è più tempo per badare all’effimero che per anni ha stalkerato la mente con inutili imbrogli messaggeri di angosce.

Dicono che i morenti vedano la propria vita scorrere davanti agli occhi, che ne rivivano i momenti più significativi. Non so se sia vero ma credo che tutti abbiamo bisogno di tornare su queste immagini prima di andarcene, di guardare gli eventi con occhi diversi, più saggi, con il distacco dovuto agli anni trascorsi, di Capire (con la c maiuscola), di perdonare, di perdonarsi.

Questo assurdo oggi impone quiete alla mente che guarda al futuro con due ali già in cantiere. Ogni minuto sprecato ha tutte le sembianze di un addio, sebbene il cielo sia generoso d’azzurro ma allo stesso tempo offeso per aver assistito allo sperpero di ore che si rifiutano di restare. Là fuori, nel mondo, c’è ancora un sentiero vergine per rinascere da soli o insieme a un’anima affine più una borsa piena di primavere appassite. Il ciclo della vita ha bisogno di oasi brevi quanto una stagione perché ci sia luce potente tanto quanto la forza di ali pronte al volo dell’addio nel blu.

sara