“Cuore nascosto” di Ferzan Özpetek

“Cuore nascosto” di Ferzan Özpetek

Tre volte maestro di successo nella regia, nella sceneggiatura e nella più recente costellazione letteraria. Il regista dalle origini turche Ferzan Özpetek ha già dato nobile prova del suo talento narrativo con “Rosso Istanbul” (2013), “Come un respiro” (2020) e “Sei la mia vita” (2015). Che sia la pellicola di un film o lo schermo di un computer, Ferzan Özpetek risponde al secondo sollecito nel momento in cui stava già dando licenza al primo. Una storia completa il suo ciclo quando ogni sua parte si presenta con intenzioni di trasparenza. Una minima realtà in ritardo sposta (con tutte le conseguenze del caso) il modello di crescita timbrato da colui che è autorizzato alla stesura del racconto. Se puntuale sarà l’incastro, maggiore sarà l’effetto ipnotico sul lettore.

In libreria da pochi mesi, “Cuore nascosto” di Ferzan Özpetek ruota attorno ai primi posti delle classifiche dei libri più venduti. Singolare l’accostamento di due distanze parallele tra loro: una donna e una bambina, una grande città e un piccolo paese siciliano, Roma e Polizzi, due musei a cielo aperto scolpiti nelle pagine di storia. Teatro del romanzo, la Sicilia di fine anni ’70 e la Roma degli anni ’90. Polizzi Generosa è un piccolo borgo con poco più di 3000 abitanti situato nel parco delle Madonie. Non strade ma sentieri dove il tempo ha chiesto un luogo di tregua dalle inciviltà maturate insieme al calendario moderno. Alice è una giovane donna con un sogno cresciuto nel suo letto. Sarà grande e sarà un’attrice. Le due figure femminili che condividono il suo tempo leggero sfidano a duello il libero arbitrio che in età adulta converte il sogno in bisogno di vivere l’indipendenza lontano da tutti. Nel dipanare della storia si ripete a oltranza il ritmo degli opposti, alcuni lasciano a metà lo sguardo sul balcone del futuro, altri invece decorano il sogno con cornici felici. In questo doppio corridoio di promesse, una madre e una zia sono mentori di direzioni opposte per colei che una bambina non è più, e adesso dovrà dare udienza alla voce numero tre che la seguirà ovunque nel mondo. La sua.

 “Chi impara a inventare storie da piccolo non smette per tutta la vita, e lo sai perché? No.. Perché è la forza che ci fa vivere“. A tratti ingombrante, la presenza della misteriosa zia Irene, coprotagonista di un film di Özpetek confezionato nello schermo inzuppato di storie. Irene è una donna passionale, libera, dalla quale Alice apprende un ritmo frizzante totalmente distaccato dal corso di vita impartitole dalla madre. “Zia Irene irradiava una luce speciale, capace di illuminare tutto ciò che le era intorno. E ogni volta che rideva, il che accadeva spesso, inclinava il capo all’indietro. Perfino il suo profumo era speciale! La sua voce, poi, era squillante come uno strumento musicale, e mentre parlava gesticolava facendo tintinnare allegramente i numerosi bracciali che portava a entrambi i polsi“.



Dodici anni dopo le confidenze inoltrate a ripetizione nella testa di una giovane nata e cresciuta in un piccolo paese siciliano, Irene, vedova di un marito benestante, muore nella sua casa di Roma che per disposizione testamentaria sarà proprietà esclusiva di Alice. “Ti lascio questa eredità: chiediti sempre cosa ti rende felice“. Il destino comincia sempre dalla fine di un brivido consumato che passa il testimone.

A chi appartiene il “Cuore nascosto” preso in cura da Özpetek? Come prima lettura, il richiamo a un segreto si propone tra le parole non dette di Irene quando era ancora in vita. Appena la sua anima è separata dal corpo, risorgono alla luce le tessere di un mosaico distrutto, perché l’amore intenso è breve quanto un temporale d’agosto. Özpetek procede con un primo piano delle telecamere virtuali puntate sull’identità dei singoli personaggi per riportare in superficie l’intensità dei sentimenti incubati. Con la complicità di lettere e diari, il Maestro definisce uno stile narrativo che indaga sul contenuto intimo e struggente di un “Cuore nascosto“.

Sua la capacità di dare voce ai silenzi emotivi che hanno cercato rifugio nelle espressioni degli occhi assetati di luce. Roma e il mistero di Irene. Il sole della città eterna diffonde opacità troppo complesse per una ragazza, figlia di un piccolo borgo palermitano. L’idillio con la recitazione si mantiene in un equilibrio precario che, a volerlo riprodurre in una curva di crescita, crollerebbe a picco come denuncia del fallimento. Fermo nel contratto unilaterale con la propria bellezza di spirito, Özpetek scrive una sceneggiatura sulla percezione sensoriale che non prevede alcuna forma di recitazione. Batte forte il “Cuore nascosto” di un’essenza smarrita in un crocevia di passioni. Di Irene o di qualsiasi altra solitudine ben occultata, il ritorno alla luce di un amore vissuto e all’improvviso negato, sentenzia un annuncio di lutto sprovvisto di morte.

sara