Lo Stato è ancora “un cattivo pagatore”, soprattutto in Sicilia

Lo Stato è ancora “un cattivo pagatore”, soprattutto in Sicilia

SICILIA – Lo Stato italiano è ancora un “cattivo pagatore” soprattutto nel Mezzogiorno e in particolare in Sicilia. La pubblica amministrazione acquista dalle imprese del territorio, ma salda il conto in ritardo. E fa poca differenza se si tratti di un Comune o di un’Asp.

Perfino i ministeri pagano in ritardo finendo per incidere sulle performance delle aziende del Mezzogiorno. Ad evidenziarlo è il centro studi della Cgia di Mestre. Nel 2023, la spesa totale dello Stato italiano ha raggiunto i 122 miliardi di euro, comprendendo acquisti, consumi, forniture, manutenzioni, formazione del personale e spese energetiche.

Tuttavia, nonostante la spesa ingente, lo Stato non è riuscito a onorare tutti gli impegni economici presi con i propri fornitori, accumulando debiti commerciali che ammontano ancora a circa 50 miliardi di euro. Un importo invariato da almeno cinque anni secondo la Cgia.

In questo scenario che penalizza soprattutto il Sud Italia non mancano i casi virtuosi e che hanno per protagonista la Sicilia. Palermo è ad esempio il comune capoluogo di provincia più virtuoso d’Italia.

Piccole imprese penalizzate, anche da pratiche scorrette

In base ai dati raccolti dal Centro studi, le più penalizzate dai ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione sono prevedibilmente le piccole imprese. Non una situazione nuova, ma cronicizzata come spiega a NewSicilia Eleonora Cardillo professoressa associata di Economia Aziendale dell’Università di Catania.

Da un lato – ha spiegato la docente – i dati presentati, che, come descritto nel rapporto, provengono dall’analisi degli indicatori di tempestività dei pagamenti estrapolati dalla sezione Amministrazione Trasparente del singolo ente, mettono in luce un ritardo cronicizzato dei pagamenti, dall’altro, essi sono l’espressione di un iter pachidermico che, tuttavia, non sempre e necessariamente deriva da scelte e soluzioni poco oculate o da pratiche scorrette“.

Secondo il Centro studi Cgia, tra queste pratiche c’è anche una sorta di “abuso di posizione” per cui un ulteriore problema è rappresentato dalla scelta, ormai consolidata, imposta da molti dirigenti pubblici e società collegate alle regioni e agli enti locali, di decidere unilateralmente quando i fornitori devono emettere le fatture.

Se quest’ultimi non si adeguano, rischiano di non poter lavorare più con l’ente statale. In questo modo la pubblica amministrazione emette fattura solo quando sono disponibili dei fondi per liquidarle, “rispettando” solo formalmente i tempi di pagamento.

La pubblica amministrazione palermitana paga le fatture in anticipo

Tra le amministrazioni pubbliche più lente nei pagamenti, Cgia ha rilevato i Comuni, specialmente quelli del Mezzogiorno. Nel 2023, il Comune di Napoli ha registrato un ritardo nei pagamenti di 143 giorni, seguito da Andria con 89,5 giorni e Chieti con 61,8 giorni di ritardo. Al contrario, Palermo ha liquidato i propri partner commerciali con 65,5 giorni di anticipo, risultando il comune capoluogo di provincia più virtuoso d’Italia.

Palermo è a tutti gli effetti una “mosca bianca” e lo è soprattutto nel confronto con le altre province siciliane. Nella classifica stilata dal Centro studi troviamo cinque province isolane nelle trenta posizioni per ritardo maggiore nei pagamento. Agrigento è quinta con oltre 53 giorni di ritardo, Catania è ottava con quasi 37 giorni, Trapani è diciottesima con 20 giorni in più, Caltanissetta ventunesima con oltre 12 giorni, Messina è ventiseiesima con oltre 12 giorni. Sono virtuose, anche se meno di Palermo, le province di Siracusa e Ragusa, dove la pubblica amministrazione paga in anticipo di 5 giorni.

Tutti i motivi per cui la pubblica amministrazione paga le fatture in ritardo

Ma perché le pubbliche amministrazioni pagano le fatture in ritardo nel Mezzogiorno?I dati vanno letti anche in funzione di diversi elementi di contesto che, influenzandosi reciprocamente, possono incidere negativamente sulla capacità di pagamento, inceppando la complessa macchina gestionale pubblica – ha spiegato la professoressa Eleonora Cardillo – Per esempio, la composizione e l’incidenza delle entrate proprie (tributarie ed extra tributarie) e da trasferimenti sul totale delle entrate correnti, la capacità di riscossione, le politiche di lotta all’evasione fiscale e la risposta del territorio rispetto quest’ultime, costituiscono componenti cruciali per garantire la sostenibilità finanziaria dell’ente locale. Così come la sua capacità di assolvere agli obblighi assunti”.

È indispensabile quindi che cittadini e le stesse imprese siano a loro volta puntuali nei pagamenti dei contributi spettanti alle amministrazioni, ma questo è solo uno degli aspetti che condizionano il ritardo dei pagamenti delle fatture da parte delle PA. 

Sono anche le leggi a mettere in difficoltà la PA

Prescindendo da questioni di ordine politico, non si può disconoscere che la gestione finanziaria degli enti locali risulta anche influenzata dalle norme sulla contabilità armonizzata. La finalità è rendere la contabilità pubblica più completa, chiara e trasparente, indirizzando l’ente verso un modus operandi caratterizzato da meccanismi virtuosi e prudenziali“, ha ricordato la professoressa Cardillo.

Così gli accantonamenti previsti dalla norma, che hanno appunto lo scopo di garantire una previsione prudente e una gestione più equilibrata delle risorse e di rafforzare la credibilità e l’affidabilità dell’ente da parte di cittadini e imprese, non mancano d’aver ristretto la flessibilità finanziaria. Limitando infine la capacità di spesa dell’ente locale e provocando situazioni di squilibrio. Una corretta pianificazione e un’attenta gestione degli accantonamenti sono fondamentali per garantire l’adempimento degli impegni finanziari e l’erogazione efficiente dei servizi alla comunità“, conclude.