Perché la mafia in Sicilia non riesce a ricostituire una leadership e quali sono i nuovi mezzi a disposizione

Perché la mafia in Sicilia non riesce a ricostituire una leadership e quali sono i nuovi mezzi a disposizione

SICILIA – La Dia ha fatto il punto della situazione sul tentativo della mafia di trovare una leadership dopo la morte di Riina.

Le innumerevoli attività di contrasto eseguite nel corso degli anni – si legge nella relazione relativa al semestre gennaio-giugno 2023 – anche con la cattura di importanti latitanti, e l’apprensione da parte dello Stato dei patrimoni illeciti accumulati in decenni di attività criminale hanno fortemente ridimensionato il potere di Cosa nostra incrinandone la tradizionale struttura verticistica” che “continua a essere alla ricerca di una leadership che, dopo la morte di Salvatore Riina nel 2017, non risulta essersi più ricostituita“.

Ogni tentativo di ricostituzione della ‘commissione provinciale’ è stato vanificato dalle incessanti attività investigative che ne hanno compromesso la compattezza e la forza“.

Cosa nostra impegnata in ciclici avvicendamenti e in tentativi di stabilizzazione tra le nuove e vecchie generazioni – si legge nella relazione – ha adottato un modello di coordinamento basato sulla condivisione delle linee di indirizzo e su una gestione operativa collegiale e intermandamentale“.

Nel contesto regionale siciliano, a Cosa nostra si affiancano altri sodalizi organizzati di matrice mafiosa – prosegue la relazione della Dia – un rilievo particolare è da attribuire alla Stidda, storicamente nata in contrapposizione a Cosa nostra, attualmente piuttosto incline a strategie di non belligeranza, prediligendo intese di condivisione e spartizione degli affari illeciti. Considerate le complesse relazioni tra le famiglie di cosa nostra e gli altri clan presenti nella Sicilia orientale, gli attuali equilibri criminali sono caratterizzati da assetti a ‘geometria variabile’ in ragione della fluidità delle leadership criminali e dei business illegali oggetto di contesa ovvero motivo di alleanze e tregue tra i diversi clan“.

L’oramai minimale ricorso alla violenza da parte della criminalità organizzata siciliana – aggiunge la Dia – rafforza la tesi della capacità intrinseca della stessa di adattarsi in forma “camaleontica” ai nuovi mutevoli scenari dell’economia regionale, nazionale ed estera. Le attività giudiziarie evidenziano la preferenza di cosa nostra e delle altre organizzazioni mafiose siciliane a infiltrarsi negli ambienti affaristico imprenditoriali ove poter impiegare gli ingenti capitali illeciti di cui dispone“.

Le attività di contrasto – emerge dalla relazione – hanno confermato altresì i ‘tradizionaliinteressi illeciti del traffico di droga, delle estorsioni, del gioco e delle scommesse online. Inoltre, gli esiti delle attività investigative condotte negli ultimi anni, hanno evidenziato come la commissione i reati ‘spia’ (estorsioni, illecita concorrenza con minaccia o violenza, trasferimento fraudolento di valori, turbata libertà degli incanti) sia, tra l’altro, ‘prodromica’ ad assicurarsi una posizione dominante nei settori economici di interesse per le mafie“.

Oltre alla richiesta del tradizionale ‘pizzo‘, emergono modus operandi alternativi in base ai quali le organizzazioni criminali tenderebbero a prediligere forme più subdole e meno evidenti di imposizione estorsiva: alle consegne di denaro, ad esempio, si sostituirebbero le assunzioni o le forniture di prodotti e servizi che, per gli operatori economici vessati, riuscirebbero a far rientrare come ‘costo d’impresa’, ben tollerato, o addirittura richiesto, in cambio di protezione“.

Mafia attiva su agroalimentare e pastorizia

Nella relazione della Dia al semestre gennaio-giugno la Dia si è soffermata anche sui nuovi mezzi usati da Cosa nostra per estendere il suo dominio sul territorio.

In considerazione della vocazione agroalimentare e pastorale del territorio siciliano, l’incessante azione di contrasto di Forze di polizia e magistratura ha consentito di scoprire guadagni illeciti posti in essere con l’accaparramento di terreni agricoli da parte di aziende ‘mafiose’ o infiltrate da soggetti vicini a personaggi della criminalità per ottenere contributi di sostegno allo sviluppo rurale concessi dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura“.

Nell’intero territorio siciliano – spiega la Dia – il comparto agropastorale rappresenta il settore di traino per l’economia che, di conseguenza, attira l’interesse delle consorterie mafiose affiancate da prestanomi e professionisti compiacenti“.

Il fenomeno continua a interessare principalmente le aree agro-pastorali del cuore della Sicilia rappresentando una minaccia al reale sviluppo delle attività produttive del comparto. In questo ambito le indagini hanno disvelato anche il coinvolgimento di soggetti non direttamente legati alle organizzazioni criminali che hanno cercato di accaparrarsi ingiusti profitti attraverso false attestazioni o condotte fraudolente“.

Da un punto di vista delle modalità operative – sottolinea la relazione – i soggetti mafiosi, come tutti gli attori sociali o economici hanno subito un’evoluzione, si sono adattati e adeguati ai mutamenti della società, hanno cambiato veste e modalità operative seguendo il corso del tempo. La loro più marcata propensione è quella di capire tempestivamente ogni variazione dell’ordine economico e di trarne il massimo beneficio“.

Le mafie siciliane, infatti, rivolgono le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite. Sono organizzazioni criminali che ricorrono alle più avanzate metodologie d’investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi dell’Unione Europea. Le strategie criminali dei sodalizi mafiosi siciliani – prosegue la Dia – si sviluppano fondamentalmente su due distinti canali: il primo è quello incentrato sul controllo del territorio perpetrato attraverso il ricorso alle tradizionali attività delittuose finalizzate a dare forza al vincolo associativo; il secondo orientato al controllo delle attività economiche e delle gare pubbliche fino al condizionamento dei processi decisionali degli enti locali per accrescere il proprio consenso tra la popolazione“.

Non può escludersi – conclude la Dia – che Cosa nostra e le altre organizzazioni mafiose siciliane possano manifestare interesse per gli investimenti relativi allo stanziamento economico previsto dal Pnrr. In ragione di tale possibile minaccia va tenuta alta la guardia al fine di scongiurare ogni tentativo di infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici siciliani“.