ITALIA – L’Italia celebra, il 25 aprile di ogni anno, una festa che ha segnato, almeno in parte, un nuovo decorso della sua storia: la Festa della Liberazione dal regime fascista e nazifascista.
Il 25 aprile del 1945, in realtà, non coincide propriamente con la fine della guerra, ma rappresenta un passo fondamentale verso la conquista di una libertà che quel governo totalitario aveva sottratto alla nazione. In questo giorno, infatti, cominciò la ritirata dei tedeschi e dei soldati della Repubblica di Salò da Milano e Torino, in seguito allo sfondamento, da parte delle truppe degli alleati americani e della Resistenza, della Linea Gotica.
La Festa della Liberazione: l’Italia è davvero un Paese libero?
Colpiscono, a tal proposito, le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale, nel suo celebre discorso in memoria dei fatti accaduti durante le due guerre mondiali, esorta gli italiani a non dimenticare il lungo e doloroso processo che ha portato il Paese ad essere quello che è oggi.
“Tutti questi eventi, comportamenti, passioni, generose dedizioni vanno ricordati costantemente, con convinzione, anche perché, in tanti Paesi, le società di oggi, pur passate attraverso i drammi umani, le sofferenze e le macerie del ventesimo secolo, sembrano, talvolta, aver attenuato gli anticorpi all’egoismo, all’indifferenza e alla violenza, avvertiti intensamente dalle generazioni che hanno vissuto il secolo delle due guerre mondiali e le crudeltà delle dittature“.
Il nostro Presidente parla di egoismo, indifferenza, violenza, tratti comportamentali di cui l’Italia si sarebbe dovuta liberare, memore delle sofferenze del passato. Ma è davvero così? Siamo davvero liberi da tutte le forme di crudeltà avvertite “intensamente dalle generazioni che hanno vissuto il secolo delle due guerre“? E, soprattutto, siamo realmente liberi da tutte le forme di schiavitù che, ancora oggi, caratterizzano la nostra società e la nostra politica?
Per rispondere a queste domande, si potrebbe fare riferimento a fatti di cronaca recentemente accaduti, che hanno dato riprova non solo della violenza e dell’aggressività dilaganti nella nostra nazione, ma anche del carattere larvatamente autoritario dell’attuale governo.
La violenza della Polizia a Pisa ricalca le orme della violenza squadrista?
Un esempio è rappresentato dal 23 febbraio scorso, quel venerdì mattina in cui i giovani studenti disarmati di un liceo di Pisa sono stati aggrediti da colpi di manganello per aver osato protestare contro la guerra e a favore della Palestina. “Cessate il fuoco in Palestina“: era questo lo slogan del corteo organizzato dai liceali. Un gesto nobile per rivendicare la pace nel mondo.
C’è chi, però, ha voluto reprimere nel sangue una libera manifestazione di pensiero e di idee. La Polizia, infatti, si è scagliata, con una crudeltà inaudita e gratuita, contro i ragazzi, con l’obiettivo di mettere a tacere bocche pericolose per lo Stato.
“Molti giornali hanno scritto che gli studenti, appena dopo essere stati colpiti una prima volta, sono poi stati lasciati andare subito, mentre io ho visto i miei amici trattenuti per i cappucci delle felpe e venire colpiti ripetutamente dai poliziotti, mentre ridevano di noi che nel frattempo piangevamo e sanguinavamo“. Queste le parole di una delle vittime.
Un evento, quello appena citato, che sembrerebbe ricalcare le orme delle rivolte cittadine, soffocate dalla ferocia delle squadre armate, e che ricorderebbe, quasi, il famoso “biennio rosso” fascista del 1919-1920 e le leggi del governo mussoliniano del 3 aprile del 1926, che cancellarono il diritto di sciopero e di manifestazione pubblica.
Scandalo in Rai: la censura al monologo antifascista di Antonio Scurati
Ma non finisce qui. Arrivati a questo punto, diventa impossibile non denunciare lo scandalo avvenuto ieri in Rai, alle porte del famigerato 25 aprile.
Si parla di censura e di negazione del diritto di “libera” espressione per il monologo antifascista dello scrittore Antonio Scurati, il quale sarebbe dovuto essere presente alla puntata di ieri sera del programma “Che sarà”, condotto da Serena Bortone, in onda su Rai 3.
Il testo, di forte impatto sociale e politico per il governo Meloni, è stato cancellato a 24 ore di distanza dall’inizio del programma, forse perché giudicato pericoloso da chi, in fondo, perpetua lo stesso modus operandi denunciato dall’autore.
“Questa, gentile presidente, è una violenza. Non fisica, certo, ma pur sempre una violenza. È questo il prezzo che si deve pagare oggi nella sua Italia per aver espresso il proprio pensiero?“. Sono queste le parole di Scurati in risposta alla censura subita e falsamente negata dalla Presidente del Consiglio.
Il monologo, ormai diventato virale, è stato letto, con grinta e audacia, dalla giornalista Bortone, la quale, forse, anche lei, come molte altre valide voci fuori dal coro, sarà relegata alle reti televisive private, a causa del disperato tentativo del “regime” di omologare il pensiero e l’informazione pubblica.
Se non è, anche questo, un chiaro esempio di libertà solo apparente, cos’altro potrebbe esserlo? Si celebra la “liberazione” dal regime fascista e dal totalitarismo, eppure si sente ancora parlare di repressione, censura, reti pubbliche televisive e testate giornalistiche fortemente pilotate dal sistema.
Siamo di fronte ad una società e ad un’Italia che si piega, ancora una volta, ad un potere distorto e violento, ad una popolazione divorata dall’indifferenza, anche verso ciò che la riguarda in prima persona.
Ritornando alle parole del nostro Presidente Mattarella, potrebbe non essere più possibile celebrare questa giornata per il suo valore intrinseco e per gli ideali che porta con sé, se non si mette un punto fermo al continuo ripetersi della tragicità della storia.
Il 25 aprile, dunque, è una ricorrenza sentita come espressione della nostra democrazia e della libertà, o è diventato una giornata da celebrare per mera circostanza e per nascondere le ombre che si celano dietro un Paese profondamente marcio nelle sue radici?
Articolo a cura di Giulia Leone