“Falconera” di Fabio Ceraulo

“Falconera” di Fabio Ceraulo

La trama dell’ultimo romanzo di Fabio Ceraulo sembra voglia prendere di petto una pagina di storia del nostro Paese.

Sicilia 1860. A Falconera, piccolo borgo rurale che guarda dall’alto Castellammare del Golfo, gli uomini del Generale Garibaldi sbarcano nell’isola sottomessa alla dinastia dei Borboni. Le “camicie rosse” marciano e si espandono a macchia d’olio in tutto il Meridione, uomini con le giubbe imbottite della rivoluzione che sancirà la nascita dello Stato Italiano sotto il dominio dei Savoia. La proclamazione avvenne tra il 1 e il 3 gennaio alla fine dell’insorgenza antiunitaria contro il Regno d’Italia nel Meridione.

“Due rullate, poi Cannata srotola un foglio e la sua voce esplode nel silenzio del mattino. “Sentite, sentite, sentite… La prefettura di Palermo comunica quanto segue. Due imbarcazioni piene di uomini armati, guidati dal filibustiere chiamato Garibaldi, hanno preso terra ieri l’altro, di mattina, al porto di Marsala … La banda potrebbe procedere in direzione di Palermo, passando da queste zone. Chiunque si mostri benevolo e offrirà ospitalità e cibo a questi furfanti, sarà immediatamente fucilato. Lo stesso accadrà a chi si vorrà unire ai detti filibustieri. Qualsiasi decreto emanato da Garibaldi in terra di Sicilia, è da considerarsi nullo. Oggi, 13 maggio 1860, per volere di Sua Maestà, re Francesco II”.

La repressione acuì la già disperata, misera condizione sociale dei poveri sottomessi ai “cutrara” (abili detentori della cutra, la coperta intesa con agi e privilegi sociali e politici), personaggi infidi ai quali 500 “surci” si opposero con la messa in atto di una violenta rivolta popolare al grido di “Abbasso la leva! Abbasso i cappeddi! Viva la repubblica.

La miccia che fece deflagrare il malcontento fino ad allora imploso nelle case rurali dove a malapena si riusciva a consumare un pasto al giorno, fu la legge della leva militare obbligatoria pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 30 giugno 1861.

Per ordine di Sua maestà re Vittorio Emanuele II, tutti i giovani maschi della terra di Sicilia, nati negli anni che vanno dal 1837 al 1841 dovranno prestare servizio nell’esercito per una ferma di anni sette“.

La leva sarebbe stata poi obbligatoria per tutti a partire dal 1865.

picciotti avrebbero dovuto lasciare famiglie e l’umile lavoro nei campi per un infinito tempo di sette anni. Se non si fossero presentati sarebbero stati condannati alla pena di morte e fucilati nella pubblica piazza.



Solo in quindici ebbero il coraggio di presentarsi all’appuntamento, tutti gli altri cercarono rifugio nei boschi e sulle montagne che circondavano Castellammare del Golfo. Una nota della legge attribuiva l’esenzione dal dovere imposto dai Savoia ai figli dei “cultrara”, i quali potevano permettersi di comprare la libertà dietro pagamento di una modesta somma di denaro.

Le residenze del commissario alla leva, Bartolomeo Asaro, e del comandante della guardia nazionale, Francesco Borruso furono assaltate e bruciate. I due furono catturati pugnalati e uccisi. Furono due giorni di violenza inaudita, una ribellione che anticipò la rivolta del “Sette e mezzo” del 1866 in cui la miseria del popolo siciliano esplose all’alba del 16 settembre 1866 e si concluse il 22, dopo sette giorni e mezzo.

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Ogni azione dei personaggi del romanzo scrive una delle pagine di storia riconducibile all’Unità d’Italia. Il proprietario terriero Don Faro, uomo dal carattere invaghito della malinconia per la morte dell’amata moglie. Il parroco Don Benedetto che indossa una tonaca intonsa, uomo di Dio solerte ai bisogni del povero, del malato, del cristiano abbandonato con la sua croce.

Donna Francesca Galante, la levatrice dai toni ruvidi ma sempre pronta a correre al capezzale di una giovane partoriente. Merita un plauso commovente la lettura delle righe dedicate alla storia della piccola Angelina Romano, una bambina di nove anni uccisa senza pietà dai briganti piemontesi. Secondo quanto riporta l’Archivio storico Militare, la piccola fu “fucilata con l’accusa di Brigantaggio”. Come può una bambina di nove anni essere accusata di una così grave colpa?

“E ora, Angelina? Cu ci la porta ‘sta notizia a tò matri?”

Nel tempo, la tesi più accreditata fu la reazione emotiva della bambina all’esecuzione dei ribelli individuati nelle grotte dai soldati savoiardi.

Nel registro dei defunti della matrice di Castellammare si legge: “Alle ore 15 circa, fu uccisa nella contrada di Falconera, dai soldati del Re d’Italia, Angela Romano di quasi 9 anni, che ha reso l’anima a Dio senza avere potuto avere i Sacramenti“.

sara