Due cuori battono all’unisono, scandendo il tempo che resta prima di doversi separare e continuare da soli il proprio cammino. Due anime si sfiorano per pochi secondi, il tempo necessario per prendere una boccata d’aria e ricominciare la propria corsa. Per ricostruire sogni, aspettative e desideri andati in frantumi. Per recuperare i cocci da terra e ricostruire il puzzle della propria vita, prima che sia troppo tardi, prima che il tempo ci strappi dalle mani tutto ciò a cui non vorremmo rinunciare mai, a partire proprio dalle braccia delle persone che amiamo e a cui riserviamo i nostri abbracci più sinceri.
La Giornata mondiale dell’abbraccio
Si celebra oggi, domenica 21 gennaio, la Giornata mondiale dell’abbraccio, conosciuta anche come National Hugging Day. È stata istituita nel 1986 in Michigan (Stati Uniti) su iniziativa del reverendo Kevin Zaborny. Nel corso degli anni è diventata una ricorrenza diffusa anche nel resto del mondo.
Il prete statunitense ha scelto di introdurre la celebrazione proprio nel periodo di gennaio dopo essersi reso conto che diverse persone affrontano in modo triste e nostalgico le settimane successive alle festività natalizie.
Zaborny ha voluto quindi fare in modo che ogni anno ci si ricordasse dello straordinario potere dell’abbraccio, nel tentativo di alleviare il senso di solitudine che in quel frangente accomuna molti.
L’abbraccio come colonna sonora della propria vita
Un gesto tanto semplice, ma eloquente e significativo, negli anni ha trovato spazio proprio tra i versi di molte canzoni che hanno lasciato un segno nel panorama musicale.
Ne è un esempio il ritornello di un brano intramontabile come “L’emozione non ha voce” di Adriano Celentano, dove si percepisce pienamente la felicità di chi ha trovato le braccia tra cui trascorrere il resto dei propri giorni: “Tra le mie braccia dormirai, serenamente, ed è importante questo sai, per sentirci pienamente noi“.
Passando a brani più recenti, non si può non citare “Abbracciame” di Andrea Sannino: “E allora sì, abbracciame cchiù forte, pecché po’ chi se ne fotte, si tutto ‘o tiempo ca è passato è tiempo perzo o si dimane nun esiste niente cchiù“. Con questi versi il giovane cantautore napoletano ha raggiunto la notorietà, facendo breccia nel cuore dei più romantici.
Se in molte situazioni lasciarsi andare tra le braccia di qualcuno è l’occasione perfetta per rinascere, c’è anche chi, proprio come canta Calcutta, vorrebbe solo “scomparire in un abbraccio“. Sono queste le parole usate dall’amato cantautore indie in Cosa mi manchi a fare, un brano che sottolinea come a volte le uniche braccia tra cui vorremmo rifugiarci sono proprio quelle che, per un motivo o per un altro, non possono stringerci.
Un cuore sull’altro lato del petto
Abbracciarsi in fondo significa avere il privilegio di sentirsi “completi” almeno per qualche istante. Di percepire il sapore dell’eternità. Il tempo che si ferma, il mondo che smette di girare. Il proprio cuore che trova un altro con cui battere a tempo, un cuore che si poggia sul lato destro del petto. Lì dove il nostro non arriva, ma dove può arrivare quello di chi sa toccare le corde della nostra anima.
“C’è un posto nel mondo
dove il cuore batte forte,
dove rimani senza fiato,
per quanta emozione provi,
dove il tempo si ferma
e non hai più l’età;
quel posto è tra le tue braccia
in cui non invecchia il cuore,
mentre la mente non smette mai di sognare…
Da lì fuggir non potrò
poiché la fantasia d’incanto
risente il nostro calore e no…
non permetterò mai
ch’io possa rinunciar a chi
d’amor mi sa far volar”“Tra le tue braccia” – Alda Merini