CATANIA – Corteo, commozione, musiche, cori e graditi doni sono stati i pilastri emozionali della commemorazione dei quarant’anni dall’assassinio di Pippo Fava, omicidio avvenuto il pomeriggio del 5 gennaio del 1984 quasi di fronte al Teatro Stabile di Catania in quella che allora si chiamava via Dello Stadio e oggi dedicata al giornalista di Palazzolo Acreide, ma catanese d’adozione.
La formula è sempre quella degli anni scorsi con qualche gradita variante. Così, dopo il tradizionale corteo che si è snodato da Piazza Roma fino alla lapide di via Fava, alle 17 c’è stata la commovente esibizione del coro dell’I.C. “Cesare Battisti” di Catania, su tutti emozionante l’esecuzione del brano dal molteplice significato “Pensa” di F. Moro. Inoltre, il Comune di Catania ha donato uno strumento musicale all’IC F. Petrarca così come, in memoria di Elena Fava, la fondazione Fava ne ha donato uno all’I.C. “Cesare Battisti”.
A termine della manifestazione, l’orchestra Musicainsieme di Librino ha concluso suonando sotto la lapide in memoria delle numerose vittime della mafia.
Sono intervenuti Francesca Andreozzi, nipote di Pippo Fava e figlia della compianta Elena Fava, che ha deposto un mazzo di fiori sotto la lapide e Claudio Fava che ha risposto alle domande dei numerosi giornalisti presenti all’evento.
Il ricordo di suo padre?
“Ma è il medesimo ricordo che avete tutti voi, di un bravo giornalista di un uomo libero che racconta anche la parte migliore di questa terra che continua a raccontarla anche quarant’anni dopo”.
Cos’è cambiato in questi quattro decenni?
“Più che altro bisogna capire se siamo cambiati noi. Bisogna che ognuno lo chieda a sé stesso. Una città che oscilla tra lamentazione e vittimismo. Quando si sente colpevole o innocente delle cose che accadano. Quando apprendiamo che il presidente di Confiundistra Catania paga il pizzo da vent’anni credo che non sia accaduto nella distrazione dei tanti, è accaduto nel silenzio dei tanti e credo che faccia parte della storia di questa città”.
Il giornalismo beneficia dell’insegnamento di Pippo Fava, quel giornalismo che gli voltò le spalle quarant’anni fa?
“Io credo che quelli che quarant’anni fa scrissero quelle cose, macinarono quei dubbi, non erano giornalisti, lavoravano nelle redazioni di alcuni giornali, ma non erano giornalisti, erano parte di una obbediente servitù che si piegava ai voleri di questa città”.
Pesano molto le parole di Mattarella dove il Presidente ha detto che il giornalismo di Giuseppe Fava è una pietra angolare sulla quale si basa la democrazia?
“Sono grato al presidente Mattarella perché queste parole arrivano dopo quarant’anni e per la prima volta un Presidente della Repubblica che ricorda in modo non rituale Giuseppe Fava, ma ricorda il suo modo di fare il giornalista e sono commosso perché la storia di questo Presidente è anche la storia di un pezzo della Sicilia e dell’Italia e sono linee spezzate che si ricongiungono”.
A seguire al Centro Culture Contemporanee Zo, in piazzale Rocco Chinnici si è tenuto il dibattito, moderato da Luisa Santangelo, “Fare (non solo) memoria” al quale sono intervenuti Sebastiano Ardita, Pierangelo Buttafuoco, Claudio Fava, Michele Gambino, Francesco La Licata. Al termine del dibattito è stato consegnato il premio nazionale di giornalismo “Giuseppe Fava – Niente altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie”, a Francesco La Licata.