“Non giudicarmi” di Anna Kanakis

“Non giudicarmi” di Anna Kanakis

Un lampo di luce. Con queste parole l’editore Elisabetta Sgarbi ha accolto nel catalogo editoriale l’ultimo libro dell’attrice e scrittrice di origine greca Anna Kanakis, recentemente scomparsa all’età di 61 anni dopo una grave malattia.

Non giudicarmi” edito da Baldini+Castoldi è un romanzo breve concentrato sull’analisi storica degli ultimi giorni di vita del poeta Jacques Fersen, nato a Parigi il 20 febbraio del 1880, di nobili origini discendendo da parte di padre da Hans Axel von Fersen, il conte svedese che era stato amante della regina consorte Maria Antonietta.

non giudicarmi Anna Kanakis

Fransen fu un uomo di lettere condannato dal pregiudizio perché omosessuale, cocainomane, parte attiva nella celebrazione di riti esoterici (messe nere di natura sessuale), comportamenti che gli costarono il bando dai salotti francesi, sei mesi di reclusione al carcere de La Santé, nonchè la perdita dei diritti civili per cinque anni.

L’attività letteraria lo consumò quanto i festini in cui venivano coinvolti ragazzi minorenni di indefinita sessualità.

Nel 1905 Fransen pubblicò il romanzo Lord Lyllian, un’opera autobiografica scritta come risposta satirica allo scandalo di cui fu protagonista nel 1903 per oltraggio alla morale pubblica, il costume sociale che lui stesso prese in giro chiamandolo “Vecchia dama, pedante e con la puzza sotto il naso”.

Il barone Jacques Fersen dipinse la sua immagine su quanto era già accaduto pochi anni prima al letterato inglese Oscar Wilde, anch’egli portato a processo per una condotta quanto meno singolare.

Fersen fu un personaggio a tinte forti dall’eccentrico vissuto fino all’età di quarantatrè anni. Il 5 novembre del 1923 fu il giorno in cui, ingerendo una dose letale di cocaina dentro una coppa di champagne, consegnò la sua vita al regno del male. L’uomo degli eccessi decise di uscire di scena con cinque grammi di morte.

Le narici cercano la polvere bianca sul palmo della mano. Aspiro disperato. Il calore si arrampica tra le gambe, mi scuote il ventre. Conquista il cuore. Allargo le braccia. E mi aggrappo alla maniglia della toilette e all’oblò per non cadere. I battiti accelerano e sono frustate all’orgoglio che più non possiedo. Mi guardo allo specchio come un assassino. Le narici si sono irrigidite. Le pupille dilatate“.

Le ultime ventiquattr’ore svelano l’esistenza fuori dalle righe del barone e poeta omosessuale Jacques d’Adelswärd-Fersen nella meravigliosa isola di Capri.



A cento anni dalla morte, il ritratto dell’uomo dai molti vizi e dalle poche virtù viene riesumata dalla Kanakis durante una passeggiata tra i vicoli dell’isola. Davanti a lei si erge un “tempio bianco” costruito a picco sul mare all’inizio del I secolo per l’imperatore Tiberio. Sul pronao dell’edificio si legge l’iscrizione “Amori et dolori sacrum”. Luogo sacro all’amore e al dolore.

Siamo di fronte alla magnificenza di Villa Lysis ( un tempo chiamata La Gloriette), il cui nome fu dedicato a Liside, uno dei dialoghi di Platone sul tema dell’amicizia e dell’amore omosessuale.

Il poeta maledetto traslocò da Parigi all’esilio forzato che lo tenne in custodia per quasi vent’anni tra il profumo dei sensi non del tutto obnubilati, e un’intima disillusione per tutto quello che non accadde dopo. La sua anima dormì un letargo estraneo al temperamento bizzarro che gli appartieneva da sempre.

Le lunghe distese di rose non bastavano a riaverlo indietro dall’oblio in cui cadde per aver risposto alle manipolazioni furtive della morte, nemmeno i suoi due amori lo svegliarono da quell’esistenza ormai in coma. Nino Cesarini, il compagno della sua vita, un bellissimo ragazzo, modello per tanti artisti, lasciò Roma per trasferirsi a Capri insieme al suo amante e protettore nella funzione di suo segretario personale. Villa Lysis fu costellata con statue e ritratti delle nudità di quell’ amore blasfemo.

La grande sensibilità di Manfredo, un giovane cristallizzato nella sua fragilità tanto da meritare l’appellativo di “fauno“, fece parte della compagnia in partenza sul traghetto che li condusse sull’isola con le valigie piene di cocaina “neige”, l’oppio mortale che a passo lento divorò ogni cellula del poeta.

Guardo Nino e Manfredo. I volti flagellati dalla pioggia. Il mio passato e il presente. E mi sento patetico. Cosa ho fatto nella vita se non passare il tempo a nutrirmi del loro fiato? A godere del mio piacere?

Le crisi d’astinenza gli provocavano allucinazioni e ossessioni, che nelle brevi pause di lucidità venivano sostituite da inquietanti malinconie sul perdono ormai inghiottito dagli eccessi.

Agli inizi del Novecento l’isola di Capri fu frequentata da intellettuali, pittori, scultori, la sosta più o meno lunga dei personaggi della cultura e della politica presi di mira dagli sguardi biechi della società perbene. Non c’era più traccia della nobiltà libera di soggiornare negli alberghi ad uso esclusivo dell’aristocrazia europea.

L’ esistenza dissoluta del poeta Jacques Fersen languì sotto il cielo ebbro d’amore per le sue nozze con l’onda scura che s’infranse a ricordo di un tempo perverso. Fersen visse con i suoi amori conficcati come chiodi nel pensiero maledetto, istruito da chissà quale potere degli abissi. Fersen morì in compagnia dei fantasmi alimentati dalla ragnatela tessuta dai veleni della vita.

sara