ITALIA – Le prime pagine dei giornali si riempiono di adolescenti che si espongo a rischi mortali pur di dimostrare le proprie capacità agli altri attraverso delle “challenge“.
Il sociologo Bauman parlava di “società liquida“, in realtà si potrebbe parlare anche di “identità liquida” degli individui. Nella nostra epoca, infatti, molteplici sono le dimostrazioni identitarie del soggetto attraverso i social network, che spesso corrispondono ad una realtà lontana dal quotidiano di ogni singolo. L’identità risulta sfumata e poco definita, permeata dagli stimoli, dalle possibilità che l’individuo possiede e alterata dalla volontà di ciò che il singolo vuole trasmettere.
All’interno di questo quadro societario che non accoglie l’individuo nella costruzione del proprio sé in maniera lenta e consapevole, si sviluppano sempre nuovi fenomeni che mettono a rischio, soprattutto, chi ancora è all’inizio nel processo di sviluppo della propria “persona”, stiamo parlando degli adolescenti che, come abbiamo accennato prima, mettono in pericolo la loro vita.
È successo a Palermo la scorsa settimana, due adolescenti dello stesso istituto scolastico hanno ingerito candeggina, o come è successo negli scorsi anni, sempre a Palermo, dove una bimba di appena 10 anni è stata vittima di un pericolosa sfida social che, purtroppo, l’ha portata alla morte cerebrale. La piccola avrebbe cercato di ricreare una challenge che consiste nel legare una cintura al collo e resistere il più possibile in apnea. Qui il dramma: la ragazzina non sarebbe riuscita a trovare le forze per togliere la cintura e sarebbe caduta a terra.
L’intervista alla psicologa La Rosa
Per comprendere più da vicino le dinamiche che spingono gli adolescenti a sottoporsi a “challenge” diffuse sui social, è intervenuta ai nostri microfoni la dott.ssa Valentina La Rosa.
Dottoressa cosa sono le challenge e perché gli adolescenti ne prendono parte?
“Le ‘challenge’ sono sfide, spesso popolari sui social media, che incoraggiano una persona a eseguire determinate azioni, alcune delle quali possono essere pericolose o dannose. Le ‘challenge’, in particolare, sono molto popolari tra gli adolescenti che sono anche i maggiori fruitori di social network come TikTok in cui queste sfide vengono condivise e diffuse. Come ci insegna la psicologia dello sviluppo, l’adolescenza è una fase della vita molto particolare. A tale riguardo, esistono molti motivi per cui gli adolescenti potrebbero partecipare con maggiore frequenza alle ‘challenge’. Una prima motivazione è il desiderio di appartenenza: durante l’adolescenza, infatti, si registra un forte bisogno di appartenenza e accettazione da parte del gruppo dei pari e prendere parte a una challenge popolare può sembrare un modo per guadagnarsi la loro stima e approvazione“.
“Gli adolescenti, inoltre, sono in una fase di esplorazione e sperimentazione. Le challenge possono dunque sembrare modi per sperimentare qualcosa di nuovo o provare emozioni forti. Un altro motivo può essere la pressione sociale a cui gli adolescenti sono maggiormente sensibili. Se tutti intorno a lui stanno partecipando a una challenge, un adolescente potrebbe sentirsi pressato a parteciparvi anche per evitare l’esclusione o l’emarginazione. Infine, la ricerca di visibilità: in un’era dominata dai social media, molti giovani cercano riconoscimento e popolarità per confermare la loro identità e una challenge virale può rappresentare un’opportunità per ottenere visibilità e ‘mi piace‘”, spiega la dottoressa.
Quale è l’impatto psicologico che hanno sul singolo? E perché spesso l’individuo va avanti nella sfida anche se pericolosa?
“L’impatto psicologico delle challenge sugli adolescenti può essere diverso a seconda dei casi. Se completano con successo una challenge e ricevono approvazione o riconoscimento, possono sentirsi più sicuri di sé. Se invece, al contrario, non riescono a completare la challenge o ricevono feedback negativi, possono sentirsi inadeguati o emarginati“.
“Un altro effetto delle ‘challenge’ è la cosiddetta normalizzazione del rischio, ovvero partecipare a challenge rischiose può portare il ragazzo a sottovalutare veri pericoli in futuro. Va infatti ricordato che l’adolescenza è un periodo caratterizzato dalla ricerca di emozioni e dalla sottostima dei rischi. Gli adolescenti tendono a concentrarsi sulle potenziali ricompense (ad es. approvazione dei coetanei) piuttosto che sui possibili rischi. Inoltre, le aree del cervello responsabili del controllo degli impulsi e della valutazione del rischio non sono completamente sviluppate negli adolescenti, rendendoli così potenzialmente più propensi a prendere decisioni avventate“.
Come proteggere i più piccoli dal rischio delle challenge?
“L’educazione e la comunicazione efficace sono strumenti fondamentali per prevenire i rischi connessi all’uso disfunzionale dei social media come le ‘challenge’ in età adolescenziale. In particolare, è fondamentale educare i giovani sui rischi associati alle challenge e fornire esempi concreti delle conseguenze che possano aiutare a dissuaderli. È inoltre fondamentale mantenere una comunicazione aperta con gli adolescenti, ascoltando le loro preoccupazioni e interessi senza giudizio, al fine di incoraggiarli a condividere e riflettere sulle loro esperienze. Anche se è importante rispettare la privacy dei giovani. È essenziale essere consapevoli delle piattaforme di social media che utilizzano e dei contenuti a cui sono esposti per prevenire possibili situazioni di pericolo. Un’altra strategia efficace di prevenzione è promuovere lo sviluppo dell’autostima e delle abilità sociali e relazionali attraverso vie più sane e sicure, come hobby, sport, o attività extracurriculari“, conclude la dottoressa Valentina La Rosa.
Fonte foto “Pixabay”