ITALIA – La vita, nel momento stesso in cui inizia, procede verso il destino della morte. Una sorte comune alla quale l’uomo, come il resto degli esseri viventi, non può sottrarsi. Gli animali, però, vivono il presente non considerando l’ombra della morte, se non quando sopraggiunge la malattia. L’uomo vive tale condizione diversamente, la vita si svolge nella consapevolezza che il decesso è imprevedibile e inevitabile.
I soggetti vivono la scomparsa di una persona cara sempre come un’ingiustizia, sia quando ad andarsene è un adulto o quando è un bambino. L’accettazione di questo avvenimento presuppone un processo personale: il lavoro del lutto.
È intervenuta sull’argomento la dott.ssa Valentina La Rosa. “Il lutto è un evento inatteso e turba il normale corso di vita di un individuo. Sigmund Freud ha scritto una celebre opera ‘Lutto e melanconia‘. Per il padre della psicoanalisi il lutto consiste nella perdita di un oggetto d’amore“, spiega la dott.ssa La Rosa.
Elaborazione fisiologica del lutto
“Elaborare la perdita richiede un lavoro e ci vuole del tempo. Bisogna fare attenzione nelle situazioni in cui il lutto sembrerebbe elaborato in tempi rapidi perché si potrebbe parlare di una negazione dell’evento. I manuali diagnostici stabiliscono degli archi temporali entro i quali si può parlare di una elaborazione fisiologica della perdita. Generalmente nell’arco di sei mesi il soggetto dovrebbe riuscire a dare un senso e contestualizzare l’evento che ha subito e vissuto“, afferma la dottoressa.
“Bisogna però rispettare i tempi soggettivi, i manuali ci danno delle tempistiche, ma lo psicoterapeuta deve essere in grado di rispettare quelli personali“, prosegue.
La negazione del lutto
Ci sono persone che non riescono ad elaborare la scomparsa di una persona cara e vivono quella che Freud chiama “melanconia“. I soggetti, in questo caso, mettono in atto dei sentimenti di negazione, vivono come se quell’evento non fosse mai accaduto. Si arresta il processo di separazione dall’oggetto perduto.
“Sono persone che hanno delle fragilità strutturali e l’evento del lutto li destabilizza. Non è raro che in questo caso i soggetti manifestano psicopatologie, percezioni deliranti come se la persona che è venuta a mancare un giorno ritornerà. Questi sono casi di soggetti fragili che non hanno le risorse psichiche utili per affrontare il lavoro del lutto“, spiega La Rosa.
“Non pregare piuttosto benedire”
Quando avviene una negazione dell’evento è necessario un intervento medico specifico. Mentre quando l’accettazione è fisiologica il soggetto trova la forza, la speranza e la voglia di rimettersi in gioco, impegnando le energie psichiche in qualcosa di nuovo per tornare nuovamente a vivere.
“Nitzsche: non pregare, piuttosto benedire. Non è forse questo che il lutto dovrebbe portare con sè?”, ricorda Roland Barthes nel libro “Dove lei non è“.