SICILIA – Ce lo siamo chiesti in molti: come ha fatto la figlia di Matteo Messina Denaro, a decidere di cambiare il suo cognome e portare quello del padre? Non un padre qualunque, ma un mafioso. Capo del mandamento della sua città natale e rappresentante indiscusso della malavita nella provincia di Trapani, uno dei boss più potenti di tutta Cosa Nostra, arrivato a esercitare il proprio potere anche oltre i confini della propria provincia, come in quelle di Agrigento e, addirittura, di Palermo.
La decisione della figlia, Lorenza, ha lasciato sgomenti molti: c’è chi si è chiesto il perché di questa scelta e soprattutto cosa abbia spinto la donna ad associare il suo nome a quello di un uomo con le mani macchiate di sangue.
Le risposte alle domande di molti abbiamo cercato di riceverle dalla psicologa e psicoterapeuta Valentina La Rosa.
Perché un padre resta sempre tale, nonostante tutto?
“Da un punto di vista psicologico, un padre non è solo colui che ha generato biologicamente il figlio ma è anche e soprattutto colui che realizza un’adozione simbolica del figlio al di là del dato biologico. Di conseguenza, a differenza della maternità in cui si fa un’esperienza corporea del proprio figlio, per essere padre la generazione fisica non è sufficiente ma è necessario anche un processo psicologico e culturale. La figura paterna è spesso considerata come un modello di ruolo, una fonte di sostegno, protezione e guida. Le ricerche in ambito psicologico dimostrano che la figura paterna ha un ruolo fondamentale nella strutturazione dell’identità del figlio e nel determinare la qualità dello sviluppo dell’individuo sia nella prima infanzia che nelle fasi di vita successive“.
Subito dopo la notizia dell’arresto dell’ex latitante, le pagine dei quotidiani di tutta Italia, hanno puntato alla figlia del boss. Quest’ultima aveva inizialmente “rinnegato” il passato, per poi – nelle ultime settimane di vita di Matteo Messina Denaro – ritornare sui suoi passi. Forse perché “il legame affettivo con un genitore può spingere un figlio a non rinnegare il suo passato o presente, nonostante le difficoltà o le incomprensioni. Questo può essere dovuto al bisogno di appartenenza, alla riconoscenza per l’amore e la cura ricevuti, o semplicemente al desiderio di comprendere e perdonare. Alcune persone possono anche sentirsi in dovere di difendere l’onore o la reputazione della loro famiglia, indipendentemente dalle azioni dei loro genitori. In questo caso, non rinnegare il proprio genitore vuol dire non rinnegare il proprio nome e la propria adozione simbolica all’interno del contesto familiare“, spiega la dottoressa La Rosa.
Ma le scelte di vita di un padre possono influire sulla vita di un figlio?
“Assolutamente sì. Le scelte di vita di un padre possono influenzare il figlio in vari modi. Possono fornire un modello positivo su come affrontare le sfide, prendere decisioni e stabilire priorità. Allo stesso tempo, le decisioni negative o distruttive di un padre possono determinare traumi, insicurezze o problemi di fiducia nella vita del figlio. Tuttavia, mentre un padre può influenzare la direzione della vita di un figlio, il figlio ha anche la capacità di scegliere come rispondere e quale percorso di vita intraprendere“.
Ma allora cosa scatta nella mente di un figlio che decide, nonostante tutto, di associare la sua esistenza a quella di un padre mafioso?
“Questa è una domanda complessa e non esiste una risposta univoca e uguale per tutti. Infatti, molteplici fattori possono giocare un ruolo nel determinare le scelte di vita di un figlio rispetto al proprio genitore, anche nel caso in cui si sia macchiato di crimini terribili come nel caso di Matteo Messina Denaro.
La decisione di un figlio di associare la sua esistenza a un padre mafioso può essere il risultato di una serie complessa di fattori psicologici e emotivi. Alcuni di questi fattori possono includere il desiderio di comprendere le motivazioni del genitore, la ricerca di una qualche forma di redenzione o di senso, o la speranza di poter contribuire a una possibile riabilitazione. In alcuni casi, potrebbe esserci anche una sensazione di dovere familiare o una profonda ambivalenza emotiva.
Questo tipo di decisione può sollevare importanti questioni sulla psicologia individuale, come la resilienza, la moralità e la gestione delle emozioni.
È fondamentale ricordare che ogni individuo è unico e che le ragioni dietro queste scelte personali possono variare enormemente. L’importante è che chi si trova in una situazione simile possa ricevere un adeguato supporto per elaborare i propri sentimenti e pensieri“, conclude la dottoressa La Rosa.
Matteo Messina Denaro è morto ieri, alle prime luci dell’alba, all’ospedale de L’Aquila all’età di 61 anni. Breve il periodo di detenzione trascorso nel carcere di massima sicurezza della stessa città.
La battaglia più difficile l’ha persa, al suo capezzale, la figlia Lorenza, che nonostante tutto, ha deciso di rimanere lì, col padre.
Perché un padre, in fondo, resta sempre tale. Nonostante tutto.