Come dire a una bambina che è l’ennesima orfana vittima di femminicidio

Come dire a una bambina che è l’ennesima orfana vittima di femminicidio

SICILIA – Noto è alle cronache locali il femminicidio del Trapanese dei giorni scorsi: vittima Marisa Leo, donna in carriera e mamma di una bimba di quattro anni. Proprio quest’ultima non sa ancora che la sua mamma non c’è più, e nemmeno il suo papà. Angelo Reina, che dopo aver ucciso l’ex compagna si è tolto la vita.

Lo zio della piccola ha chiesto al sindaco della città di Salemi l’intervento di un professionista per spiegare alla nipote che è rimasta orfana.

Come dire a una bambina che è l’ennesima orfana vittima di femminicidio

Proprio per cercare di capire la richiesta di aiuto del fratello di Marisa Leo, abbiamo deciso anche noi di farci spiegare da un esperto del settore, come in questi casi bisogna dire a una bambina che è l’ennesima orfana vittima di femminicidio.

La parola alla psicologa e psicoterapeuta dott.ssa Valentina La Rosa

Come interviene uno psicologo in questi casi?

La figura di uno psicologo in casi di cronaca come questi è di fondamentale importanza per garantire un supporto a lungo termine alle cosiddette ‘vittime secondarie o indirette‘, ovvero i figli che sopravvivono a queste stragi familiari. Nel caso specifico della figlia di Marisa Leo, sarà importante prima di tutto fornire un ambiente sicuro e di supporto in cui la bambina potrà esprimere i suoi sentimenti. L’approccio sarà dunque centrato sulla bambina, ascoltando le sue emozioni e rispondendo alle sue domande in modo appropriato per la sua età. Sarà importante stabilire una relazione di fiducia e fare in modo che la bambina sappia che si trova in un contesto in cui può sentirsi compresa e ascoltata“.

Quali sono le parole più adatte per dire a una bambina, ancora in tenera, età che i suoi genitori non li vedrà mai più?

Bisogna innanzitutto comunicare con la bambina tenendo conto della sua età e della fase evolutiva che sta attraversando. Infatti, quello che un bambino è in grado di comprendere dell’evento della morte è strettamente legato al suo sviluppo cognitivo e quindi si modifica in base all’età e alle caratteristiche specifiche del bambino. Molto inoltre dipende dalla relazione che il bambino aveva con la persona defunta, quindi è facilmente intuibile quanto possa essere traumatica la perdita di entrambe le figure genitoriali soprattutto in circostanze così tragiche.

Dai 3 ai 5 anni il bambino è già in grado di sperimentare il dolore per la perdita di una persona cara ma tende a considerare la morte come un evento temporaneo e ad aspettare quindi il ritorno della persona defunta.

Nel caso della figlia di Marisa Leo, è dunque importante usare un linguaggio il più possibile semplice per spiegarle che non rivedrà più i suoi genitori e soprattutto evitare di creare aspettative irrealistiche su un loro futuro ritorno. Un supporto psicologico a lungo termine è fondamentale per accompagnare la bambina nel percorso di elaborazione del lutto che sarà inevitabilmente lungo e doloroso“.

Come spiegare soprattutto che la sua mamma è stata uccisa dal suo papà?

Questa è sicuramente la parte più difficile, in quanto chiama in causa aspetti di violenza e brutalità che una bambina di quattro anni difficilmente è in grado di attribuire a un genitore. Anche in questo caso, è fondamentale rispettare il più possibile l’età della piccola e quello che in questo momento è in grado di comprendere dell’evento accaduto, valutando di rimandare a una fase dello sviluppo successiva il racconto dettagliato sulle circostanze della morte dei genitori che la bambina in questo momento non sarebbe pienamente di capire ed elaborare“.

Cosa scatterà nella mente della vittima e come vivrà per sempre?

Perdere i genitori in età precoce è uno degli eventi che segnano maggiormente la vita psichica di un bambino, a maggior ragione se questo avviene in circostanze così violente come nel caso di Marisa Leo. La bambina dovrà fare i conti non solo con la morte dei suoi genitori ma con l’accettazione del fatto che il padre ha ucciso la madre e che dunque la violenza e la brutalità possono nascondersi anche tra le mura della propria casa che invece per un bambino rappresenta un luogo di protezione e sicurezza.

Quelle che rimangono sono ferite difficili da rimarginare e con cui questa bambina dovrà imparare a convivere. È importante dunque garantire a questa bambina un supporto psicologico e psicoterapeutico a lungo termine che possa creare per lei uno spazio in cui tradurre in parole il proprio dolore ed elaborare il trauma vissuto, il quale diventerà ancora più chiaro con la crescita e il progressivo sviluppo delle capacità cognitive e socio-emotive“.

Un lavoro difficile, dunque, quello che i professionisti si ritrovano ad affrontare in situazioni delicate come queste. Anche se, possiamo dirlo, la “pena” maggiore resta a una piccola donna, messa al mondo con amore, e che dovrà convivere per sempre con il vuoto di dover crescere e vivere la vita, a metà.