BIANCAVILLA – Come un bravo puparo maneggia con cura le redini dei fili dei suoi pupi, così le mani di Giuseppe Mancari gestivano i traffici mafiosi del clan Toscano-Tomasello-Mazzaglia di Biancavilla. Sarebbe proprio “U pipi” (così è noto nella zona) il presunto reggente operativo e capo promotore dell’articolazione territoriale della famiglia di Cosa Nostra etnea Santapaola-Ercolano.
Chi è Giuseppe Mancari
Sulle spalle di Mancari pende una condanna definitiva all’ergastolo con isolamento diurno per omicidio. Dopo la concessione di indulto e di plurime riduzioni di pena per liberazione anticipata, nel 2009 è stato sottoposto a liberazione condizionale. Dal 2018, le redini del clan, sarebbero da lui condotte.
L’operazione “Ultimo atto”
Tredici le misure cautelari in carcere eseguite oggi nel territorio di Biancavilla (Catania) e L’Aquila. Una indagine partita dal settembre del 2018 al marzo 2020 e che attraverso attività tecniche e dinamiche sul territorio, ulteriormente riscontrate dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, ha consentito di monitorare le dinamiche associative del clan Toscano-Tomasello-Mazzaglia di Biancavilla.
Il tentativo di fare fuori Davide Galati Massaro
Le indagini sono scaturite a seguito di un tentativo di omicidio ai danni di Davide Galati Massaro, un “soggetto contiguo alla criminalità organizzata di Adrano“. Sono le parole del Capitano Gianmauro Cipolletta, Comandante Compagnia carabinieri di Paternò. Era il settembre del 2018 quando Riccardo Pelleriti, dopo una banale lite per un incidente stradale, raggiungeva a colpi di Kalashnikov l’uomo nella centrale via dell’Uva.
Da lì, le indagini degli inquirenti, hanno puntato a monitorare gli instabili equilibri tra le famiglie mafiose di Adrano e Biancavilla. È emersa così l’esistenza di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, dedita prevalentemente allo spaccio di sostanze stupefacenti e alle estorsioni. Il tutto per acquisire introiti da destinare anche al mantenimento delle famiglie degli affiliati.
Le estorsioni
Le mani degli affiliati del clan di Biancavilla non sarebbero solo sporche di sangue. Dietro la cosca mafiosa ci sono anche le estorsioni. Sei quelle accertate, grazie anche alle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia e da soggetti informati sui fatti, ai danni di imprenditori operanti nei settori dell’edilizia, della ristorazione e del commercio (all’ingrosso e al dettaglio).
L’obiettivo delle richieste del cosiddetto “pizzo” era necessario per fare fronte alla mancanza di fondi per il sostentamento dei sodali in carcere.
Come avveniva la richiesta del “pizzo”
La richiesta estorsiva era periodica e con dazioni soprattutto in occasione delle festività di Natale, Pasqua e di San Placido, patrono del comune di Biancavilla. Proprio in prossimità di quest’ultima festa, i sodali avrebbero pianificato di imporre ai gestori degli stand che sarebbero stati allestiti per celebrare il Santo Patrono, la fornitura del pane e della carne, alle quali il clan avrebbe applicato un rincaro rispetto al prezzo riservatogli dai venditori.
Anche i giostrai tra le vittime di estorsione
Tra le vittime delle estorsioni vi sarebbero stati anche i giostrai, costretti a dare circa duemila biglietti per le attrazioni, così che i figli dei detenuti avrebbero potuto godersele “gratis”.
Il traffico di droga
Non solo estorsioni ma anche traffico di stupefacenti. Ingente, infatti, il ruolo che lo smercio di droga – soprattutto marijuana e cocaina – apportava al sodalizio mafioso.
I sequestri
L’operazione di oggi ha portato anche, nel tempo, a diversi sequestri: nel mirino il fucile d’assalto Kalashnikov modello Ak 47 con relativo caricatore, utilizzato per il tentato omicidio di Davide Galati Massaro.
Ma anche di quattro pistole calibro 9, una pistola calibro 7.65 con matricola abrasa, una piantagione con oltre trecento piante di canapa indiana e oltre un chilo di marijuana.
Le società sequestrate
Nel mirino dell’operazione odierna sono finite anche due società, con sede ad Adrano e Biancavilla, sequestrate ai fini della confisca: stiamo parlando della “MM Logistic di Miriana Militello” e “M.N. Trasporti s.r.l.”. Entrambe sono operanti nel settore del trasporto merci su strada. Adesso sono state affidate ad un amministratore giudiziario unitamente ai conti correnti ad esse intestati e a tutti i beni aziendali registrati, sia mobili che immobili. Il valore dei beni ammonterebbe a circa cinque milioni di euro.
Il ruolo della “Agenzia”
Uno degli strumenti operativi più redditizi della consorteria criminale era proprio la “Agenzia“. Così era soprannominata dagli uomini del clan, che formalmente operava nell’intermediazione tra le aziende agricole e i trasportatori.
Secondo la tesi accusatoria accolta dal Giudice per le Indagini Preliminari, veniva imposto ai camionisti e ai titolari di magazzini e ditte, un “dazio” variabile per ogni bancale di frutta in viaggio verso il Nord Italia. Gli incassi sarebbero stati versati nella cassa comune del clan, per essere consegnati ai familiari dei sodali detenuti.