Mutuata dall’esperienza statunitense, collocata all’interno dei processi di ADR (Alternative Dispute Resolution), la coordinazione genitoriale è rivolta ai genitori le cui dinamiche relazionali sono segnate da un’estrema conflittualità. Dinamiche talmente pregiudizievoli da poter costituire rischio evolutivo concreto per i minori coinvolti.
Per tale motivo si è ritenuto di individuare in un soggetto terzo, super partes e imparziale, tenuto agli obblighi di riservatezza, segretezza e conservazione dei dati, una guida competente nel mantenimento delle decisioni già assunte dall’ Autorità Giudiziaria o che verranno prese nel relativo procedimento di coordinamento genitoriale avendo riguardo essenzialmente all’interesse supremo della prole, coinvolta, suo malgrado, all’interno di un procedimento di separazione o divorzio.
Il ruolo del coordinatore genitoriale
Come “Facilitatore della comunicazione” il coordinatore genitoriale svolge quindi un ruolo chiave nello sforzo di superare criticità, tensioni e ostacoli derivanti dalla perdurante litigiosità delle parti in causa.
Pur avendo infatti riconosciuta piena capacità genitoriale in svariate fattispecie, gli ex coniugi dimostrano di non essere capaci di raggiungere un livello di maturità tale che gli consenta di porre in essere una organizzazione quanto più equilibrata possibile nella gestione dei figli in regime di affido condiviso.
Il differente ruolo del mediatore familiare
Distinto dal ruolo del mediatore familiare il quale si colloca in una fase di formazione degli accordi, il coordinatore potrebbe essere definito piuttosto come un “garante dell’esecuzione del programma stabilito”.
Le linee guida AFCC
Ad avvalorare l’incarico ricevuto, o direttamente da provvedimento giudiziario o attraverso libera sottoscrizione di un accordo tra le parti, intervengono le linee guida AFCC elaborate nel 2005 dall’Association of family and Conciliation Courts, risultato di un lavoro interdisciplinare svolto a livello internazionale ma utilizzate ormai anche in diversi paesi europei e recentemente in Italia da alcuni tribunali.
Regole non vincolanti ma che tuttavia costituiscono nel loro complesso una somma di raccomandazioni e suggerimenti tali da divenire buone e validate prassi. L’insieme dei compiti del coordinatore assume quindi i tratti di un incarico di natura privata così distinguendolo da ulteriori soggetti dei quali pure il nostro sistema giudiziario si avvale, quali ad esempio i servizi sociali, per monitorare l’osservanza dei provvedimenti giudiziali.
Supervisore con mansioni concrete, gestorie e, laddove riconosciute dall’autorità giudiziaria, decisorie, il coordinatore è chiamato ad interfacciarsi con altre professionalità coinvolte nel procedimento. Molte tuttavia le questioni ancora aperte e dibattute attorno a questa figura.
Le questioni sulla figura di coordinatore
Non essendo disciplinata né a livello legislativo né codicistico ci si chiede quale possa essere ad esempio il reale ruolo svolto dal coordinatore rispetto al giudice tutelare e chi di converso abbia poi il compito di controllare una figura così importante, ormai, sempre più presente all’interno della nostra esperienza giuridica.
I rapporti con la giurisdizione
In ultimo per quanto attiene segnatamente ai rapporti con la giurisdizione tra gli specifici compiti un provvedimento del Tribunale di Milano individua quello di segnalazione, essendo lo stesso privo di poteri processuali autonomi, “con urgenza all’autorità giudiziaria minorile di ogni condizione di concreto pregiudizio psicofisico del minore”.
Fuori dal processo siffatta criticità potrà essere attuata attraverso una “sollecitazione del potere d’impulso del Pubblico Ministero” come potrebbe avvenire ad esempio in un procedimento ablativo della responsabilità genitoriale.