MONDO – Patrick Zaki ha ricevuto la grazia da Al-Sisi, il presidente della Repubblica d’Egitto. Il Tribunale egiziano lo aveva condannato ieri ad altri tre anni di carcere: dopo la sentenza, Zaki era stato arrestato.
L’uomo, laureato all’Università di Bologna, aveva già trascorso 22 mesi dietro le sbarre e, secondo la sentenza di ieri, ci sarebbe dovuto tornare. Tuttavia, contro ogni pronostico, c’è stato una vera e propria inversione di rotta, determinata proprio dalla concessione della grazia.
La notizia è giunta proprio mentre a Roma stava iniziando, a piazza del Pantheon, un presidio organizzato da Amnesty International. Vi stavano prendendo parte coloro che avevano intenzione di manifestare contro la decisione del Tribunale di condannare Zaki.
Chi è Patrick Zaki e di cosa era accusato
Patrick Zaki, di 32 anni, è un ricercatore egiziano e attivista per i diritti umani, laureatosi all’Università di Bologna. È nato il 3 dicembre 1996 a Mansoura, in Egitto.
Zaki è diventato noto a livello internazionale quando è stato arrestato il 7 febbraio 2020 all’aeroporto del Cairo, durante una visita in patria. Ai tempi dell’arresto frequentava già l’Università di Bologna dove era iscritto come dottorando in sociologia.
Zaki è membro attivo dell’organizzazione egiziana di diritti umani Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR). Ha lavorato per documentare violazioni dei diritti umani e abusi commessi dalle autorità egiziane, incluso il lavoro sulla tortura, la sparizione forzata e le detenzioni arbitrarie. Il suo arresto è stato ampiamente criticato a livello internazionale, con diverse organizzazioni per i diritti umani che hanno chiesto il suo rilascio immediato.
Le accuse
Dopo la cattura, Zaki è stato detenuto per lungo tempo senza processo e gli sono state contestate diverse accuse, tra cui diffusione di false notizie, incitamento al rovesciamento del governo, minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, propaganda per il terrorismo. Durante la sua detenzione, sono emerse preoccupazioni per le sue condizioni di salute e i presunti maltrattamenti subiti.
La sua storia ha attirato l’attenzione di molti attivisti per i diritti umani e di organizzazioni internazionali, che hanno lanciato campagne per chiedere il suo rilascio. La sua vicenda è diventata un simbolo delle restrizioni alla libertà di espressione e dei diritti umani in Egitto.