Intitolata al piccolo Giuseppe di Matteo la scuola di Castelvetrano

Intitolata al piccolo Giuseppe di Matteo la scuola di Castelvetrano

CASTELVETRANO – Al piccolo Giuseppe Di Matteo è stato intitolato il secondo circolo didatticoRuggero Settimo” di Castelvetrano. Rapito da Cosa Nostra all’età di dodici anni, fu tenuto in ostaggio e pochi giorni prima del quindicesimo compleanno, nel 1996, assassinato per strangolamento e sciolto nellacido su ordine del capomafia della cosca corleonese Giovanni Brusca.

La storia del piccolo Di Matteo è impossibile da dimenticare e la sua condanna è stata quella di essere figlio di un collaboratore di giustizia che i mafiosi volevano mettere a tacere. Oggi pomeriggio è avvenuto la cerimonia di copertura della targa all’esterno del plesso scolastico che si trova nel quartiere Badia, dove abitano i familiari del boss Matteo Messina Denaro.

Le dichiarazioni del dirigente scolastico

Oggi questa intitolazione ha un significato straordinario perché rappresenta la conferma che questa scuola è un presidio di legalità. Ma con un valore in più che è quello che questo plesso si trova nel quartiere abitato dai Messina Denaro“, ha detto la dirigente del plesso scolastico Maria Luisa Simanella che si è occupata di scoprire la targa. Presente all’inaugurazione anche il sindaco Enzo Alfano. Prima della scopertura il coro Do-re-mi ha intonato l’inno nazionale.

La proposta di intitolazione della scuola

L’intitolazione della scuola al piccolo Giuseppe Di Matteo è stata proposta dalla sottosezione di Marsala dellassociazione nazionale magistrati. In pochi mesi l’iter si è concluso con la firma del dirigente del centro servizi scolastici di Trapani Antonella Vaccaro. Presenti alla cerimonia anche l’assessore regionale alla pubblica istruzione Mimmo Turano, il presidente della Commissione regionale antimafia Antonella Cracolici, il procuratore della Repubblica di Marsala Fernardo Asaro e il presidente del tribunale, Alessandra Camassa.

Il racconto di Vincenzo Chiodo

Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva“, è quanto dichiara il mafioso e collaboratore di giustizia, Vincenzo Chiodo, durante l’udienza del 28 luglio 1998 mentre racconta l’omicidio di Giuseppe Di Matteo di soli 12 anni.

Nel momento dell’ aggressione che io ho buttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe – continua così il suo racconto Chiodo –, gli dice ‘mi dispiace rivolto al bambino ‘tuo papà ha fatto il cornuto‘. Il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era… come voglio dire, non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenerosembrava fatto di burro… cioè questo, il bambino penso non ha capito niente. Sto morendo, penso non l’abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo questo e non si è mosso più, solo gli occhi, cioè girava gli occhi”.

“Io ho spogliato il bambino e il bambino era urinato e si era fatto anche addosso dalla paura di quello che abbia potuto capire o è un fatto naturale perché è gonfiato il bambino. Dopo averlo spogliato, ci abbiamo tolto, aveva un orologio da polso e tutto, abbiamo versato l’acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io ho preso il bambino. Io l’ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l’hanno preso per un braccio l’uno così l’abbiamo messo nell’acido e ce ne siamo andati sopra”.

“Io ci sono andato giù, sono andato a vedere lì e del bambino c’era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perché io ho cercato di mescolare e ho visto che c’era solo un pezzo di gamba… e una parte… però era un attimo perché sono andato… uscito perché lì dentro la puzza dell’acido era… cioè si soffocava lì dentroPoi siamo andati tutti a dormire“, è quanto racconta Chiodo.