Camminare da soli per correre insieme

Camminare da soli per correre insieme

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

L’Amor che move il sole e l’altre stelle: così Dante descrive questa forza suprema che permea e modella il mondo con le sue leggi, intransigenti per coloro che scelgono di vivere in suo onore. È il perno centrale degli ingranaggi della nostra esistenza, l’elevazione più sublime dell’animo umano. Interi secoli di classici hanno trattato dell’amore ora come sentimento salvifico, ora come sentimento distruttivo che tortura l’uomo con le sue atroci e ineffabili sofferenze. Estremamente catartico e poetico, ma non vi sembra un po’ “obsoleto”? È vero, tutti noi siamo stati creati con lo scopo di amare per essere amati ed essere amati per amare; ciononostante, siamo ancora convinti che l’amore di cui abbiamo disperatamente bisogno sia da cercare in un’altra persona? Il bagaglio culturale tradizionale ha incastrato l’amore nel “due”, dal Romeo and Juliet di Shakespeare al Bacio di Hayez, e noi, ragazzi e ragazze, abbiamo quasi timore di non aver ancora trovato la storia dell’e vissero tutti felici e contenti. Erich Fromm sostiene che l’amore sia il sentimento della condivisione e l’incessante tentativo dell’uomo di fuggire l’isolamento. Eppure io dico: normalizziamo la solitudine e impariamo a convivere con lei. Ci adagiamo sulla cristallizzata convinzione per la quale nessun percorso della nostra vita vale la pena di essere intrapreso se non condiviso con qualcuno, forse perché l’uomo ha un’atavica paura di intraprendere un viaggio con se stesso. Oggi siamo bravi ad improvvisarci psicologi; dunque, perché non insegnare ai ragazzi che la più autentica forma d’amore è quella verso se
stessi? Il bisogno d’amore insito nell’uomo deve essere soddisfatto, in primis, da noi, ricordando che, per correre al fianco di qualcuno, è necessario prima imparare a camminare da soli, esercizio che i greci definivano con il termine αὐτάρκεια, l’arte del bastare a se stessi. Posto che l’obiettivo dell’uomo sia quello di affinare la pratica del self-love, l’unico modo per iniziare è quello di mostrare quanto rispetto si ha per il proprio essere. Ma ciò non significa solo passiva accettazione della propria natura, ma, soprattutto, attiva consapevolezza delle situazioni più adeguate a chi siamo e a chi vorremmo essere. Forte è colui che, in grado di stimare il proprio valore, sa esaminare se siano sani i legami familiari, se sincere le dinamiche di coppia, se autentici i rapporti di amicizia. Perché, allora, sensibilizzare i giovani all’amor proprio? Per evitare che inciampino in una relazione tossica e infelice, in cui la necessità che l’altro riconosca loro delle qualità determinerebbe un attaccamento irrazionale e morboso, dal quale difficilmente si prenderebbero le distanze. In definitiva, possiamo rinunciare all’amore per noi stessi? Certi della risposta a questo quesito, bisognerebbe colorare l’iniziale affermazione di un’altra sfumatura: amiamoci per essere amati e rispettiamoci per poter amare.

Giulia Leone “Concetto Marchesi” 4°C -Mascalucia (CT)