ITALIA – La Pasqua è una delle festività religiose più importanti per i cristiani di tutto il mondo ma in Sicilia rappresenta anche un momento di grande devozione religiosa e di forte legame con le tradizioni locali. La Settimana Santa è uno dei momenti più intensi e suggestivi della Pasqua siciliana: durante questa settimana, chiese e cattedrali organizzano processioni, messe e altre cerimonie religiose, a cui partecipano fedeli di tutte le età. Le processioni della Settimana Santa siciliana sono tra le più antiche e spettacolari al mondo, caratterizzate dalla presenza di statue raffiguranti la Passione di Cristo, portate a spalla dai fedeli.
La Domenica di Pasqua è il momento culminante delle celebrazioni pasquali in Sicilia. Molte famiglie si riuniscono per un pranzo festoso, che include piatti tradizionali come l’agnello arrosto, il capretto e la pasta al forno o lasagne. La Pasquetta, il lunedì successivo alla Domenica di Pasqua, è un’altra occasione per festeggiare. Molte famiglie organizzano picnic e grigliate all’aperto, durante i quali si mangiano dolci e si bevono vini locali.
I dolci tipici della tradizione siciliana a Pasqua
Il dolce siciliano più famoso è la cassata, il cui nome deriva dall’arabo ‘qas’at‘, che significa ‘scodella‘. La sua origine è legata a una leggenda, secondo cui un pastore saraceno mentre impastava la ricotta di pecora e lo zucchero di canna, rispose “qas’at” a un siciliano che gli aveva chiesto il nome del dolce. La versione originale della cassata prevedeva solo zucchero, ricotta e pasta di pane. Successivamente, le suore della Martorana di Palermo sperimentarono l’aggiunta di pasta di mandorle, arricchendo ulteriormente il sapore.
Negli anni successivi, il dolce venne ulteriormente modificato e perfezionato, con l’aggiunta di pan di Spagna, pezzetti di cioccolato e frutta candita alla ricotta. La cassata è oggi considerata un simbolo della pasticceria siciliana e viene preparata in diverse varianti e forme in tutta l’isola. Altri dolci tipici della Pasqua in Sicilia includono la pastiera, i biscotti alle mandorle e il dolce alle noci e fichi.
Una delle usanze pasquali più radicate in Sicilia è la preparazione della “cuddura“. La parola cuddura ha una radice greca antica, kollýra, che significa “pagnotta“. Questa parola viene utilizzata per riferirsi a un tipo di pane dolce tipico della tradizione pasquale in Sicilia. Solitamente la cuddura è a forma di corona, simbolo della corona di spine indossata da Gesù durante la sua crocifissione. È una prelibatezza che viene gustata a colazione o a merenda durante le festività pasquali.
In ogni famiglia siciliana, la ricetta della cuddura varia leggermente, ma gli ingredienti principali sono la farina, acqua, lievito e sale, che vengono fusi insieme per formare l’impasto che successivamente viene lasciato lievitare. Esistono diverse varianti di condimento, tra cui una che prevede l’utilizzo di cipolla, pomodoro pelato, acciughe sotto sale a pezzi, salsiccia a pezzi e pecorino. Un’altra versione prevede invece l’aggiunta di broccoli crudi, cipolla, formaggio, acciughe salate e salsiccia a pezzi, mentre una terza variante include patate crude affettate finemente, cipolla, salsiccia a pezzi e pezzettini di acciughe dissalate, insieme al formaggio pecorino. Altresì, può essere gustata sia calda che fredda e sono disponibili, anche, versioni dolci.
Il dolce dei poveri rappresentava un’offerta alle divinità pagane per celebrare la primavera e il risveglio della natura dopo l’inverno. Oggi, la Cuddura è un dolce molto amato nella tradizione siciliana. Oltre alla sua importanza culturale, la Cuddura rappresenta un’esperienza gustativa unica, che unisce la fragranza della pasta alla dolcezza delle uova sode e dello zucchero.
In alcune zone della Sicilia, la Cuddura viene chiamata con altri nomi, come cuddura cu l’ova a Messina, detta anche pani cu l’ovu (“pane con l’uovo”) nel palermitano e cìciuliu (chiacchierare o spettegolare durante la preparazione del dolce) nell’ennese“. La forma e la decorazione del dolce possono variare a seconda delle zone, ma il suo sapore unico e la sua importanza nella tradizione culinaria pasquale rimangono immutati.
A Catania, ad esempio, questa prelibatezza dolce, prende il nome di “aceddu cu l’ova” che significa “uccello con le uova” in dialetto catanese. Questa variante della Cuddura ha la forma di un uccello o di una colomba, con uno o due uova sode poste al centro del dolce.
La consuetudine di regalare la Cuddura ai parenti e agli amici durante le festività pasquali risale a tempi antichi ed è, ancora oggi, molto diffusa. Un altro dei dolci pasquali più rappresentativi è l’agnello pasquale. Si tratta di un dolce dalle forme e dalle decorazioni molto particolari, che richiamano appunto l’aspetto dell’agnello sacrificale, simbolo della festività cristiana.
La preparazione richiede grande abilità artigianale, poiché la pasta viene modellata a mano per riprodurre fedelmente le forme dell’animale. Il dolce è solitamente farcito con una crema a base di ricotta, zucchero e cioccolato, ma esistono anche varianti con altri tipi di ripieno, come ad esempio la crema di mandorle o di pistacchi. L’agnello pasquale viene decorato con canditi colorati, cioccolato fondente e glassa bianca o di pasta reale o di marzapane che ne esaltano ulteriormente la bellezza e il gusto.
Il connubio della pasta di mandorle o pasta reale o marzapane e la creatività degli artisti pasticceri siciliani
La pasta di mandorle, nota anche come marzapane o pasta reale, è preparata con mandorle, zucchero e acqua. Sebbene la pasta di mandorle sia utilizzata anche in altre regioni italiane come la Sardegna, la Puglia e la Salento, è in Sicilia che ha trovato una storia e un riconoscimento particolare. Infatti è stata ufficialmente riconosciuta come un prodotto agroalimentare tipico (P.A.T.) della regione siciliana.
Questo dolce si distingue per l’utilizzo delle migliori mandorle italiane, prodotte soprattutto ad Avola, in provincia di Siracusa. Oggi la pasta di mandorle è utilizzata per la preparazione di diversi dolci tradizionali della pasticceria siciliana come la cassata siciliana e i biscotti di pasta di mandorle. Il marzapane o pasta reale (pàsta riàli in siciliano) è una variante della pasta di mandorle, il marzapane, soprattutto, per l’aggiunta dell’albume e perché viene modellata e decorata con colori alimentari per creare oggetti dolci e decorazioni di vario tipo.
Etimologia di pasta reale e marzapane
Per comprendere l’origine del nome “pasta reale“, è necessario fare un viaggio indietro nel tempo fino al VI secolo a.C., quando l’Italia iniziò ad importare lo zucchero attraverso il commercio marittimo. L’influenza degli Arabi, in particolare in Sicilia, portò alla coltivazione di piantagioni di canna da zucchero.
La denominazione “pasta reale” potrebbe derivare dalla sua alta qualità che la rendeva degna di essere offerta ai nobili, in particolare ai Re. La pasta reale, infatti, è stata attribuita al Re Ruggero II, poiché il dolce veniva prodotto nella chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio Giorgio di Antiochia, annessa al Convento della Martorana, che fu costruita per volontà del Re stesso.
La storia del marzapane ha radici nella dominazione greca, anche se le sue origini non sono del tutto chiare. Ci sono diverse ipotesi sull’etimologia del nome: potrebbe derivare dal latino “Marzio panis”, ovvero “pane di marzo”; dal greco, con “Maza” che significa “pasticceria” e “Pan” che significa pane; o addirittura dall’arabo “maw-thabán”, termine che indica la moneta d’argento che corrisponde a un preciso quantitativo di un impasto dolce a base di acqua di rose, zucchero e mandorle.
La versione più accreditata ci riporta nell’antica Roma, dove si possono trovare preparazioni simili al marzapane italiano in tutte le ex colonie dell’Impero Romano. Anche in Francia, ad esempio, si trova il “Massapan”, un dolce tipico della Provenza; in Portogallo il “Maçapão”; in Spagna il “Massapane”; e perfino in Germania il “Marzipan”, tipico di Lubecca.
Tuttavia, nel Medioevo, per distinguerci dai nostri vicini europei, abbiamo cominciato a chiamare il dolce con il nome più diffuso ai giorni nostri: la “pasta reale”. Si presume che il termine “reale” si riferisca al fatto che il dolce fosse così prelibato da essere considerato degno di un re. Infatti, si racconta che la pasta reale veniva preparata nella chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio Giorgio di Antochia, annessa al Convento della Martorana, durante il regno di Ruggero II.
La preparazione del marzapane è estremamente semplice e richiede solo quattro ingredienti: farina di mandorle, zucchero, albume d’uovo ed essenza di mandorle. Questa semplicità di ingredienti ha fatto ipotizzare l’ipotesi di una “invenzione multipla“, ovvero che popoli diversi potrebbero essere giunti alle stesse conclusioni sulla preparazione del dolce, avendo gli stessi ingredienti a disposizione e viaggiando in tutto il mondo conosciuto.
L’albero del mandorlo è stato importato in Sicilia dalla Grecia, che a sua volta lo aveva ricevuto dalle coste dell’Egeo grazie ai Fenici. Non sorprende quindi che gli Arabi fossero così abili nella preparazione di piatti a base di mandorle: ad esempio la cassata siciliana è stata importata dagli Arabi e poi sviluppata in una ricetta tipica siciliana.
Storia o leggenda sulla nascita della frutta martorana
Nel centro storico di Palermo, si possono ammirare i resti di un’antica dimora del XII secolo, conosciuta come “Casa Martorana“, che apparteneva alla contessa Adelicia de Golisano. Questa casa prende il nome, però, dai coniugi Goffredo e Aloisya de Marturano (Eloisa) che ne diventarono proprietari dopo che la contessa, nipote di re Ruggero II, si ritirò a vita monastica, nel suo castello di Adernò.
Oggi, il nome dei Martorana si riferisce al cortile porticato dell’antico cenobio di suore benedettine fondato dai due coniugi nel 1194 e che oggi fa parte della facoltà di architettura dell’università di Palermo. Nel 1434, la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio fu concessa alle monache del monastero della Martorana dal re Alfonso d’Aragona. Da questo momento in poi, la storia del monastero della Martorana sarà legata alla chiesa dell’Ammiraglio voluta dal grande ammiraglio di re Ruggero, Giorgio d’Antiochia.
La storia di Eloisa Martorana è avvolta nella leggenda, e quindi non è possibile ricostruire con certezza la sua vita. Tuttavia, la leggenda, che la vede come una generosa benefattrice della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, nota anche come Chiesa della Martorana, è molto diffusa a Palermo.
Secondo i racconti tramandati dagli antichi, Eloisa Martorana era una nobile palermitana, ricca e di grande bellezza, che decise di entrare in convento dopo aver assistito alla morte prematura del marito. Alcune versioni della leggenda dicono che il suo marito morì in guerra, mentre altre raccontano di una malattia. Dopo la morte del marito, Eloisa donò alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio una grande quantità di monete d’oro, che furono utilizzate per la decorazione della chiesa con splendidi mosaici e affreschi.
Eloisa era una donna amorevole e compassionevole che si prendeva cura di molti bambini abbandonati, donando loro affetto e dolcezza. In segno di riconoscimento per coloro che si dimostravano più gentili, decise un giorno di preparare dei dolci colorati a forma di frutta, utilizzando la pasta di mandorle. Era stata una donna araba che viveva nel convento a insegnarle la ricetta. Dopo la morte di Eloisa, le sue consorelle decisero di mantenere viva la tradizione dei dolci di mandorle che la donna amava preparare per i bimbi abbandonati. Così, ogni anno, nella mattina del 2 novembre, facevano trovare dei cestini contenenti questi dolcetti, attribuendoli alla stessa Eloisa. In questo modo, la memoria e la bontà della donna continuavano ad essere celebrate e ricordate.
Si narra, anche, di un’altra leggenda, che consacrava, invece, le monache quali creatori della frutta di Martorana, avvenuta durante il periodo della dominazione normanna, Ruggero II visitò il convento, desideroso di ammirare il bellissimo giardino delle benedettine, considerato uno dei più belli di Palermo. Poiché l’autunno era già avanzato, gli alberi erano spogli, ma le suore riuscirono a rendere i rami di nuovo rigogliosi e colorati. Mescolando farina di mandorle e zucchero, le suore crearono dolci identici ai frutti, posizionati sugli alberi in modo verosimile, tanto che il visitatore, convinto che fossero frutti veri, raccolse uno e lo addentò. La bontà del dolce fu così straordinaria che ne favorì la diffusione e la sua preparazione divenne sempre più popolare.
In seguito, il dolce prese il nome del convento dove fu inventato e divenne noto come “dolce della Martorana”. Solitamente, la pasta di mandorle nota come “frutta di Martorana“, viene presentata in cesti di vimini e accompagna la frutta di stagione come castagne, melograni e noci, insieme ai biscotti tipici e ai pupi di zucchero. Questo assortimento rappresenta uno dei simboli principali della celebrazione della Festa dei Morti in Sicilia, ma la ritroviamo, anche in altre occasioni quale la festività pasquale.
Come preparare, in modo semplice, la frutta martorana a casa
Preparare in casa la frutta di Martorana non è difficile: oggi scopriremo insieme la ricetta siciliana e qualche curiosità sulla sua storia. Questo tipico dolce siciliano è famoso in tutto il mondo e ha come base le mandorle.
La sua particolarità è l’aspetto: la frutta viene modellata e colorata con grande cura per riprodurre frutta e ortaggi. È tipica della Festa dei Morti in Sicilia, ma la si trova nelle pasticcerie durante tutto l’anno ed è facile da preparare in casa.
Primo passo: preparare la pasta di mandorle con metodo a freddo
Ingredienti necessari per preparare 500 grammi di pasta di mandorle:
- 250 gr farina di mandorle o mandorle pelate
- 250 gr zucchero a velo
- 1 cucchiaio miele o glucosio
- 1 fiala essenza di mandorla amara
- 50 ml circa di acqua
Preparazione
Per preparare l’impasto, iniziate disponendo la farina di mandorle a fontana e sbriciolate eventuali grumi che potrebbero formarsi. Nel caso in cui non riusciate a trovare la farina di mandorle, è possibile utilizzare le mandorle pelate e tritarle finemente con il robot da cucina. Nella preparazione della pasta di mandorle, è importante prestare attenzione alla quantità d’acqua necessaria: potrebbe essere richiesta una quantità inferiore rispetto a quella indicata nella ricetta, pertanto è consigliabile aggiungere l’acqua poco alla volta.
Successivamente, aggiungete lo zucchero a velo setacciato, mescolate bene e formate un incavo al centro della fontana. Aggiungete un cucchiaio di miele al centro e versate la fialetta di essenza di mandorle amare. Cominciate a lavorare l’impasto con una mano, aggiungendo pian piano l’acqua. È importante evitare di aggiungere troppa acqua in una sola volta, per evitare di creare un impasto troppo liquido.
Per lavorare la pasta di mandorle, cominciate stringendo gli ingredienti con entrambe le mani, cercando di accorparli. Il calore delle mani farà sì che le mandorle rilascino parte dell’olio che contengono. Dopo un paio di minuti di lavoro, otterrete un impasto che dovrete continuare a lavorare finché non risulterà liscio.
Se ritenete opportuno, potete aggiungere ancora un goccio d’acqua, ma sempre a poco a poco. L‘impasto ottenuto è già commestibile e pronto per essere utilizzato a vostro piacimento. Se volete ottenere pezzetti di impasto della misura che preferite, potete realizzare un filoncino che faciliterà il taglio. Per ottenere il massimo della qualità, è consigliabile utilizzare la pasta di mandorle appena preparata, in quanto con il passare delle ore può seccarsi e perdere il suo aroma e sapore caratteristici.
Secondo passo: Come realizzare i frutti di Martorana
Strumenti necessari:
- formine di gesso
- pennello
- colori per alimenti
- lucido per alimenti
- pellicola trasparente
Realizzazione
Per realizzare i frutti di Martorana, preparate la pasta di mandorle e dategli una forma di cilindro. Prendete delle formine di gesso e ricopritele con della pellicola trasparente. Per formare la pasta di mandorle in una forma desiderata, prendete un pezzo della pasta e avvolgetelo nella pellicola trasparente.
Successivamente, pressate leggermente la pasta per darle la forma desiderata. Se la quantità è eccessiva, potete tagliare la parte in eccesso con un coltello e poi modellare con le dita. Sollevate la pellicola ed estraete il frutto di martorana. Se necessario, modellate i frutti con le dita. Per creare le ciliegie, non è necessaria la formina: basta realizzare delle piccole palline e pressarle leggermente con un dito sulla parte superiore.
Disponete i frutti di Martorana realizzati su un vassoio ricoperto da uno strofinaccio. Coprite la frutta con un altro strofinaccio e lasciatela asciugare per 48 ore a temperatura ambiente. Quando i frutti di saranno completamente asciutti, potrete procedere con la pittura.
Preparate tanti piccoli piattini e del liquore (ad esempio, della Vecchia Romagna). Diluite il colore in polvere con un goccio di liquore. Il colore è molto intenso, quindi mettete solo un pochino di polvere nel piattino. Sciogliete bene i grumi di colore nel liquore aiutandovi con un pennello. È possibile mescolare i colori tra di loro per ottenere tonalità diverse.