Trigliceridi e… qualche tazzina di caffè

Trigliceridi e… qualche tazzina di caffè

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Nino Rizzo

Cosa significa avere i trigliceridi alti nel sangue? (P.P.)

I trigliceridi sono grassi del sangue che derivano prevalentemente dall’alimentazione, infatti aumentano per lo più nel caso in cui la dieta sia troppo ricca di carboidrati (zuccheri) e di lipidi (grassi). I trigliceridi costituiscono gli elementi che formano il grasso corporeo e rappresentano il principale tipo di grasso presente nelle riserve energetiche dell’organismo. Un aumento dei trigliceridi rappresenta un importante fattore di rischio per l’aterosclerosi. Associato a questo esame è sempre consigliabile eseguire anche l’analisi del colesterolo totale, colesterolo HDL e colesterolo LDL. Se, infatti anche questi valori sono alterati, i fattori di rischio aumentano. Per eseguire l’esame dei trigliceridi è necessario essere a digiuno da otto ore al fine di evitare che l’alimentazione, così strettamente legata all’analisi, influisca sul risultato. Per sicurezza, nel caso in cui i valori siano notevolmente aumentati, è consigliabile ripetere l’esame dopo un digiuno di quindici ore (e non solo di otto ore) per essere certi che la dieta non influisca in modo determinante sull’analisi. Va considerato altresì che il valore dei trigliceridi aumenta in caso di assunzioni di alcuni farmaci (anticoncezionali o alcuni diuretici). I valori normali sono 40-170 mg/dl. Se il valore dei trigliceridi è più alto del normale potrebbe essere associato ad una dieta sbilanciata perché vengono ingeriti troppi zuccheri o grassi (come, per esempio, burro, olio, grasso dei salumi e della carne, dolci), ma può anche essere il segnale di malattie più preoccupanti, come l’ipertiroidismo o diabete mellito mal controllato. Se il loro valore aumenta e si attesta sui 170-250 mg/dl, i valori vengono considerati al limite e, se presenti altri fattori di rischio, andrebbero trattati con una dieta bilanciata (per esempio, ricca di pesce e verdure). Se il loro valore aumenta oltre i 250 mg/dl i pazienti vanno trattati con una dieta adeguata consigliata dal medico (per esempio, ricca di verdure che riducono il trasferimento dei grassi nel sangue, oppure con l’utilizzo di zuccheri complessi come quelli derivati da pasta o riso integrali) o con un trattamento farmacologico. Solitamente un aumento notevole dei trigliceridi nel sangue è determinato da fattori genetici ed ereditari, inoltre molte persone hanno un metabolismo dei trigliceridi “lento” per cui se associano un pasto grasso all’assunzione di alcolici possono avere per un tempo più prolungato i trigliceridi a valori elevati nel sangue, ma dopo il ritorno alla dieta normale il loro dosaggio si normalizza. Se il loro valore è più basso del normale, l’alterazione può essere causata da una malnutrizione, cioè da una dieta con pochi zuccheri o grassi.

Ho avuto un infarto del miocardio circa tre mesi addietro. Sono in terapia farmacologica con tanti farmaci ma volevo chiedere informazioni sul consumo del caffè (N.L.)

Una mole di ricerche scientifiche su vasta scala ha ormai fugato ogni dubbio sul fatto che il caffè possa arrecare danno a chi è affetto da patologie cardiache. Senza esagerare il caffè non solo non fa male ma nel lungo termine sembra addirittura conferire una lieve protezione da patologie cardiovascolari. La caffeina contenuta nella tazzina può far aumentare leggermente la pressione del sangue e il battito cardiaco, ma l’effetto, transitorio e ininfluente dal punto di vista clinico, è più leggero in chi è abituato a bere l’espresso. Solo chi già soffre di tachiaritmie è meglio ne riduca il consumo oppure che opti per il decaffeinato. Persino dopo un infarto del miocardio, come nel suo caso, non c’è ragione per vietare il piacere di una tazzina. Un vasto studio clinico italiano, chiamato Gissi, e condotto su oltre 11mila infartuati, ha mostrato che un consumo moderato non aumenta il rischio di nuovi eventi cardiovascolari. Grazie ai benefici polifenoli, due-tre tazzine al giorno avrebbero anche un’azione anti-ictus (meno 20-30%, secondo un maxi-studio giapponese pubblicato sulla rivista Stroke). Chi ama il caffè inoltre vive più a lungo: fino al 10% in più gli uomini e il 15% in più le donne, come riportato sul New England Journal of Medicine. È bene comunque non andare oltre i tre/quattro caffè al giorno per possibili effetti collaterali, come eccitabilità, nervosismo, nausea, tachicardia.

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