AGRIGENTO – Un 52enne rischia di affrontare un processo per l’accusa di revenge porn, ovvero la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti della moglie tramite WhatsApp.
L’uomo, infatti, avrebbe inoltrato le foto esplicite della moglie al figlio e ai giudici che si stavano occupando del procedimento di separazione legale per denigrarla e danneggiarla.
Il pubblico ministero Maria Barbara Grazia Cifalinò ha richiesto il rinvio a giudizio dell’uomo a seguito delle denunce dell’ex moglie, e l’udienza preliminare per decidere sulla richiesta della procura si terrà davanti al giudice Stefano Zammuto.
L’imputato, assistito dall’avvocato Ninni Giardina, ha la possibilità di scegliere il rito abbreviato o il patteggiamento, entrambi con una riduzione della pena di un terzo.
Secondo l’accusa, i fatti al centro della vicenda sono accaduti il 15 febbraio dell’anno scorso, quando l’uomo avrebbe ricevuto da un’amica le foto sessualmente esplicite della moglie.
Queste foto, destinate a restare private, sarebbero state inviate via WhatsApp al figlio e in seguito mostrate ai giudici senza il consenso dell’interessata, con l’intento di denigrarla nel suo ruolo di madre e danneggiarla nel procedimento di separazione legale.
L’accusa di revenge porn è aggravata dal fatto di essere stato commesso ai danni della coniuge.
Polizia Postale e la sensibilizzazione contro il revenge porn
La Polizia Postale, in occasione della Giornata nazionale contro la violenza sulle donne, ha organizzato workshop sul tema della violenza online nelle scuole primarie e secondarie sul territorio nazionale.
Gli operatori della Polizia Postale hanno incontrato bambini, adolescenti e ragazzi per aiutarli ad affrontare insieme i temi della educazione digitale e della sicurezza sul web.
Revenge porn, sexting e tutte le varie forme di prevaricazione connesse ad un uso distorto delle tecnologie saranno al centro del dibattito.
L’obiettivo delle attività è sensibilizzare gli studenti sempre più precoci nell’utilizzo dei device, esposti sulla rete internet e vittime di revenge porn a sfruttare le potenzialità comunicative del web e delle community online, senza correre rischi connessi a comportamenti scorretti o pericolosi per sé e per gli altri.
La formazione sui temi della sicurezza e dell’uso responsabile della rete è un impegno quotidiano della Polizia di Stato e la collaborazione con il Ministero dell’Istruzione è assolutamente determinante.
Un impegno avvalorato anche dai dati sul rapporto tra giovanissimi e sicurezza online: l’avvento della pandemia ha di fatto bruciato le tappe di una progressione della diffusione dell’uso delle nuove tecnologie in fasce di età sempre più precoci.
L’attenzione di genitori e insegnanti deve rimanere molto alta anche sui bambini più piccoli che, obbligati negli ultimi anni dalla pandemia ad approcciare sempre più precocemente il web, rimangono i più fragili ed esposti al rischio online.
La Polizia Postale e delle Comunicazioni, lo scorso anno ha trattato 203 casi di stalking perpetrato anche attraverso l’uso della rete, contro i 151 dell’anno 2020, con un incremento pari al 34%.
Su 203 casi trattati nel 2021, che hanno portato ad indagare 76 persone, il 75% delle vittime sono state donne (137 adulte e 15 minorenni).
Su 115 casi trattati dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2022, che hanno portato ad indagare 48 persone, il 64% delle vittime sono state donne (64 adulte e 10 minorenni).
Per quanto concerne il reato di molestie perpetrato attraverso l’uso della rete lo scorso anno sono stati trattati 706 casi contro i 532 dell’anno 2020, con un incremento pari al 33%.
Su 706 casi trattati nel 2021, che hanno portato ad indagare 112 persone, il 65% delle vittime sono state donne (415 adulte e 44 minorenni).
Su 430 casi trattati dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2022, che hanno portato ad indagare 40 persone di cui 3 arrestate, il 66% delle vittime sono state donne (259 adulte e 25 minorenni).
Il Revenge Porn lo scorso anno ha fatto registrare 265 casi contro i 126 dell’anno 2020, con un incremento pari al 110%. Su 265 casi trattati nel 2021, che hanno portato ad indagare 120 persone di cui 4 finite in manette, il 79% delle vittime sono state donne (185 adulte e 25 minorenni).