Informazione, ricerca e multidisciplinarietà: sono questi i temi fondamentali intorno ai quali si gioca il successo di un programma integrato di preservazione della fertilità nelle pazienti oncologiche. Le tecniche di crioconservazione di ovociti, embrioni e tessuto ovarico hanno raggiunto livelli di efficienza impensabili fino a qualche anno fa. Diventa quindi prioritario che i centri che si occupano di oncologia dell’età fertile abbiano un referente che organizzi un percorso specifico per ciascuna paziente a seconda dell’età, della patologia e delle cure oncologiche previste.
D’altra parte, i medici e i chirurghi oncologi devono conoscere la possibilità di riferire le pazienti per un counselling dedicato, con un rapido accesso allo specialista in medicina della riproduzione. Chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche hanno migliorato significativamente la sopravvivenza delle pazienti affette da tumore e la stessa terapia chirurgica, con il concetto della modulazione della radicalità e l’utilizzo di tecniche di conservazione in vivo ed in vitro della funzionalità riproduttiva.
La stessa qualità di vita, viene oggi preservata da tecniche chirurgiche più conservative e che rispettano il decorso delle fibre nervose (tecnica di nerve sparing). Sappiamo inoltre però, che alcuni tipi di chemioterapici, in particolare quelli che danneggiano il Dna, riducono drasticamente il numero degli ovociti primordiali, diminuendo la cosiddetta riserva ovarica e aumentando il rischio di infertilità e menopausa anticipata.
Si conosce purtroppo poco sui nuovi farmaci, che pure rappresentano una fetta importante dell’attuale armamentario terapeutico oncologico.
Ad esempio non sappiamo nulla sulla potenziale tossicità gonadica dei nuovi antiangiogenetici, compresi gli anticorpi monoclonali e le piccole molecole. Eppure nel normale ciclo ovarico, i fattori angiogenetici sono fondamentali per lo sviluppo e il mantenimento del corpo luteo, così come sono importanti per l’annidamento dell’embrione. L’oncologia del futuro sarà sempre più caratterizzata dalla ricerca di terapie mirate al tumore e adattate all’individuo. Non si curerà più il singolo tumore, ma ciascuna paziente riceverà un trattamento che tenga conto dell’assetto genetico della stessa, delle alterazioni genetiche ed epigenetiche del tumore e dei farmaci più adatti a ripristinare l’equilibrio fisiologico che il tumore ha alterato.
Anche i meccanismi di tossicità dei farmaci potranno essere identificati a priori, caratterizzando specifiche vie metaboliche e potendo quindi scegliere a parità di efficacia il farmaco meno tossico.
Non dovrà più esistere una medicina dove ciascun specialista si occupa esclusivamente di un organo o di una patologia. La iperspecializzazione è utile solo nell’ambito di una vera multidisciplinarietà e interdisciplinarietà, dove diversi professionisti discutono insieme. La sfida della preservazione della fertilità in oncologia è anche una sfida culturale.