TAORMINA – Dario Fo debutta nell’incantevole Teatro Antico di Taormina, unica data del Sud Italia, con il suo Lu Santo Jullàre Francesco: il memorabile lavoro sulla vita del Santo d’Assisi, realizzato 15 anni fa e ora riscritto in un’inedita versione che non poteva mancare di riferimenti a Papa Francesco che del santo di Assisi non ha raccolto solo il nome, ma anche la funzione e lo spessore morale.
Dopo averlo proposto in prima serata su Raiuno, Dario Fo torna nel Sud Italia con una data unica, inserita nel prestigioso cartellone del Festival Belliniano. L’evento è stato presentato oggi in conferenza stampa a Taormina, alla presenza dell’artista, del sindaco di Taormina Eligio Giardina, del sindaco di Messina Renato Accorinti e del direttore artistico del Festival Belliniano Enrico Castiglione.
La storia medievale, i miti e le leggende si intrecciano all’attualità e alla storia contemporanea, grazie alla maestria giullaresca di uno straordinario Dario Fo: “Avevo pensato – spiega – di ristrutturare l’opera dopo la scoperta di testi scritti da seguaci di San Francesco che mettevano in luce che molto di quello che noi sappiamo di lui non è la verità. Francesco era un uomo del suo tempo, che viveva le situazioni, la rivolta della sua città, la lotta contro le prevaricazioni: tutto questo era sparito”. Ma soprattutto, a modificare il suo punto di vista è stato l’arrivo al soglio pontificio di Papa Francesco: “Ho voluto raccontare anche questo grande personaggio, al quale anche i non cattolici guardano per la trasformazione del mondo”.
I protagonisti de Lu Santu Jullàre Francesco sono i personaggi dell’Italia medievale: dai semplici ai Cardinali e addirittura ai Papi. La realtà storica e le leggende popolari si mescolano nel ripercorrere alcuni dei momenti più significativi della vita del santo umbro: la richiesta di approvazione della Regola a Papa Innocenzo III, la predica agli uccelli, la malattia agli occhi.
Rileggendo leggende popolari, testi canonici del Trecento e documenti emersi negli ultimi tre secoli Dario Fo elabora un’immagine non agiografica di San Francesco: spogliato dal mito, ritroviamo un personaggio provocatorio, coerente, coraggioso, ironico. Un eretico di fatto, la cui storia è tornata alla ribalta ai giorni nostri con la salita al soglio di Pietro del nuovo pontefice.
Della giullarata Francesco conosceva la tecnica, il mestiere e le regole assolute. Non teneva mai prediche secondo la convenzione ecclesiastica, anzi, rifiutava l’andamento del sermone. Sappiamo pure che cantava, recitava e di tutto “lo suo corpo fasea parola” come testimonia un cronista del suo tempo; nei suoi sermoni suscitava divertimento ma anche commozione fra i presenti che lo ascoltavano.
“Mi sono trovato sul palcoscenico del Teatro antico per ben due volte – sottolinea Dario Fo – in occasione della consegna dei David di Donatello. Mi ha impressionato, mentre recitavo un monologo, l’acustica incredibile che procurava quella sequenza di paralleli curvi che disegnavano la progressione architettonica del teatro, ricolmo di pubblico. Ma con gran dispiacere, non ho mai avuto l’occasione di recitare uno spettacolo intero dentro quella cavea magica. Oggi, finalmente, quel desiderio sta per essere esaudito. Sono davvero felice ed emozionato al tempo. Se non avete mai avuto la possibilità di esibirvi su uno spazio teatrale di quel valore, non potrete nemmeno provare l’ansia, e nello stesso tempo il terrore di trovarvi soli a proiettare voce e gesti in una dimensione geometrica tanto perfetta e impossibile. La prima volta che sono salito su quel piano che pare sospeso nel vuoto era giorno, anzi, pieno mattino, col sole che tagliava di sguincio tutta la scena salendo da destra. Molti, fra gli studiosi del Teatro antico, sono sicuri che quello stupendo monumento sia d’origine greca. C’è da credervi per un particolare di impianto indiscutibile. Gli autori di origine ellenica sceglievano il tempo della chiusura tragica proprio nel momento in cui gli attori sulla scena si trovavano col sole alle spalle, mentre scendeva nel mare. Le rappresentazioni si svolgevano da febbraio alla fine di marzo, cioè nei mesi in cui l’arco del sole era il più breve dell’anno. A me toccherà di montarci nella prima settimana di settembre. Avrò quindi un arco di luce più grande da godere. Peccato che lo spettacolo oggi vada in scena quando il sole è già tramontato”.