CATANIA – In questi giorni è uscito con Kalòs un nuovo romanzo di Daniela Ginex, docente e scrittrice catanese. Attraverso la protagonista, Matilde, ormai anziana, il romanzo ci immerge nelle atmosfere di una nobile famiglia siciliana con le sue ambizioni, i suoi pregiudizi, i suoi segreti.
L’intervista all’autrice
“Col fumo negli occhi” è il tuo secondo romanzo. Il primo, “Divagazioni amorose“, aveva un protagonista maschile, questo invece uno femminile. Che cosa ha dettato le opposte scelte?
Mi sono resa conto che per me è importante allontanare il protagonista da me. Devo sentire di non identificarmi. Con un uomo è semplice, e lo è anche con una donna lontanissima da me come Matilde.
Da cosa è nata l’ispirazione di questo romanzo?
In realtà avevo scritto un racconto su Matilde, poi lei si è imposta e ha voluto una storia più grande. Ho attinto prevalentemente a episodi molto lontani nel tempo raccontati dai miei parenti, saccheggiando la memoria familiare. Non so quante di esse siano vere e quanto i ricordi siano esatti, diciamo che li ho adoperati come una materia grezza per tessere una vicenda più ampia.
Quando scrivi, ti attieni molto a esperienze reali o spazi di più con l’immaginazione?
È difficile separare i due ambiti. Chi scrive rielabora la realtà trasformandola in narrazione, anche in modo inconsapevole. Mi capita di scrivere una storia e capire dopo che è in effetti successa, o di incontrare una persona e rendermi conto che essa mi ha ispirato un personaggio che credevo frutto della mia fantasia. E poi la vita quotidiana offre degli spunti tali che non c’è bisogno proprio di inventare, basta osservare con occhio attento.
I tuoi personaggi hanno varie e complesse personalità: che rapporto hai con loro, in particolare con Matilde, la protagonista?
Li faccio muovere liberamente. Sono loro a dettarmi le parole che vogliono dire.
Secondo te, chi scrive deve entrare in empatia con tutti i personaggi?
Non necessariamente. Prendiamo Matilde, come si fa ad avere simpatia per lei?
Nel libro molti eventi si svolgono in un preciso momento storico: quanto ti è stato difficile documentarti?
Il mio non è un romanzo storico, ci sono solo alcuni riferimenti ai fatti dell’epoca per i quali mi sono documentata. Con i mezzi di oggi è facilissimo, si può accedere a una quantità immensa di informazioni. Fare muovere i personaggi in un contesto realistico è esaltante, rende la storia commovente, viva e umana.
A tuo avviso, quali delle reazioni emotive dei soggetti rappresentati grosso modo sono conseguenze dell’epoca storica in cui vissero e quali trovi riscontrabili anche oggi?
Ho vissuto abbastanza da conoscere pregiudizi e convenzioni sociali soffocanti. Non che oggi non ce ne siano più, ma senz’altro sono stati fatti grossi passi avanti, specialmente nel campo della condizione femminile.
Pur raccontando una vicenda seria – se vogliamo, drammatica – tra le righe serpeggia costante il distacco ironico che caratterizza la tua scrittura: vorrei chiederti quali scrittori, se ve ne sono stati, hanno costituito dei modelli guida in tal senso.
Mi sento a pieno titolo figlia dell’umorismo siciliano, a volte disincantato e amaro; prima di tutto Pirandello, che è nel nostro DNA. E poi Sciascia, Camilleri, e per i catanesi in particolare il grande Brancati. D’altra parte, mi sento anche molto vicina alla scrittura americana: Philip Roth sopra tutti, poi Saul Bellow, Mordecai Richler, Bernard Malamud, David Foster Wallace, Joe Landsale, Chris Offutt… e potrei continuare.
Hai pubblicato anche racconti in antologie. Con uno sei stata finalista al premio Calvino. Ti piace di più scrivere racconti o romanzi?
Sono due cose completamente diverse. Il racconto è un gioco breve e non troppo impegnativo emotivamente, al contrario del romanzo che ti coinvolge fin nel profondo.
Quando è nata la tua passione per la scrittura?
È una passione recente, anche se ho sempre scribacchiato per gioco. Qualche anno fa ho cominciato a seguire la scuola di scrittura di Luigi La Rosa e il gioco è diventato studio.
Perché scrivi?
Per ricreare un mondo dal quale puoi entrare e uscire a piacimento e in cui vivere esperienze importanti ed emozioni forti. E per restituire giustizia dove non c’è, per raddrizzare le cose storte.
Quali strategie di scrittura segui?
Scrivo nel tempo libero che non è tantissimo. Quindi la domenica e durante le vacanze. Ho preso l’abitudine di appuntare le idee per svilupparle in un momento successivo.
Stai già lavorando a un nuovo libro?
È già quasi alla fine, una storia che mi ha appassionato molto perché ho inserito elementi fantastici, che per me sono una novità assoluta. Paura, mistero, suspence… mi sono cimentata in un genere diverso ed è stato stimolante.
Articolo a cura di “Patrizia Grasso“