ITALIA – Il suicidio è un fenomeno che mette fine alla vita di chi compie il disperato gesto, ma cambia e modifica l’esistenza anche delle persone vicine. Spesso dopo un suicidio in famiglia si continua ad andare avanti perché la vita lo richiede. Rimane un vuoto incolmabile nelle persone che lo subisco e perdono così un parente caro.
Il 10 settembre si celebra la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, per non dimenticare che aiutare e tendere la mano a chi ne ha di bisogno può fare la differenza. La prevenzione gioca perciò un ruolo fondamentale. Ascoltare ed esserci per l’altro diventa indispensabile se lo si vuole salvare, attenzionando tutti i piccoli indizi che può lasciare.
Ai nostri microfoni l’intervento delle psicologa Robertà Patanè.
Le cause
“Il suicidio può avere svariate cause e può derivare dall’interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali e ambientali. È un problema di salute pubblica che potrebbe essere in gran parte prevenuto con una massiccia dose di informazione sia all’interno delle scuole che all’interno degli ambienti di lavoro” afferma la dottoressa Patanè.
“Occorrerebbe una campagna di sensibilizzazione – continua – che permetta a tutti quanti di riconoscere le prime avvisaglie, i primi segnali di allarme, in maniera tale da avvicinarsi in maniera empatica all’altro o, riconoscendone la gravità, aiutarlo insieme ad un professionista della salute specializzato“.
Negli ultimi anni l’allarme riguarda soprattutto i giovani. Le richieste di aiuto e di assistenza psicologica provengono da giovani che hanno meno di 26 anni e sono aumentate e quadruplicate dopo la pandemia. Nel 2021 Telefono Amico Italia ha ricevuto quasi 6mila richieste d’aiuto legate al suicidio e anche i dati del 2022 confermano questa disastrosa e allarmante situazione.
“Dopo la pandemia sono in netto aumento anche i fenomeni legati all’autolesionismo, all’hikikomori, correlati ad un aumento di disturbi d’ansia, depressivi e alimentari, tutte situazioni che a lungo andare potrebbero tendenzialmente sfociare nel tragico gesto estremo” afferma Patanè.
“Tutti abbiamo vissuto un momento storico particolarmente stressante e devastante a livello sia fisico ed emotivo ma gli adolescenti, in particolare – continua -, sono stati profondamente colpiti dal lockdown e dalle varie privazioni alla vita quotidiana, sociale, scolastica. Se è stato difficile per noi adulti rinunciare alla nostra amata libertà, immaginate come deve essere stato frustrante per i ragazzi rinchiudersi in casa, nel periodo adolescenziale in cui pur di guadagnare la tua indipendenza vuoi allontanarti dalle figure parentali per sperimentare il tuo “io“ nelle relazioni sociali“.
Il ruolo della prevenzione
“Prevenzione è la parola chiave. È possibile farlo ma è un processo che deve riguardare ognuno di noi e che deve coinvolgere l’intera popolazione. È necessario che tutti siano sensibilizzati sull’argomento, che tutti riescano a riconoscere i segnali d’allarme per poter riconoscere la situazione di disagio nel soggetto e per poter giocare d’anticipo. È fondamentale ascoltare i nostri ragazzi“.
“Imparare a leggere il reale significato nascosto dietro un ‘non ce la faccio più‘ o ‘sarebbe meglio per tutti che io non esistessi‘. Se sentite pronunciare parole del genere ai vostri figli o ai vostri amici, ponetevi in una posizione d’ascolto e d’accoglienza e non in una posizione giudicante che possa farli sentire in difetto, che possa far sì che sentano che le loro emozioni non vengano accettate”.
“È importante aiutarli a comprendere e conoscere le loro emozioni, anche quelle più forti, per imparare poi a gestirle e a regolarle nei momenti di frustrazione. Bisogna, inoltre, prestare attenzione ai cambiamenti repentini d’umore e di abitudini, alla qualità del sonno, al consumo di sostanze stupefacenti o di alcolici, alla ricerca continua di fare attività rischiose. Tutte queste possono essere considerate delle avvisaglie“.
“Mi sento, infine, di fare un appello a tutti coloro che si trovano in una situazione di disagio psicologico. Non bisogna avere paura di confidarsi, di avere un dialogo aperto con la propria famiglia e con i propri amici. E qualora riteniate che le vostre famiglie o i vostri amici non siano in grado di aiutarvi, rivolgetevi a professionisti che sapranno accogliere e comprendere il vostro dolore” conclude la dottoressa Patanè.
Numeri utili
Come sempre, vi ricordiamo che sono attivi alcuni numeri verdi a cui chiunque può rivolgersi per ricevere supporto e aiuto psicologico:
- Telefono Amico 199.284.284;
- Telefono Azzurro 1.96.96;
- Progetto InOltre 800.334.343;
- De Leo Fund 800.168.678.
Foto di repertorio