CATANIA – Il personale in servizio al carcere Piazza Lanza di Catania è in affanno e sperimenta una condizione lavorativa di estremo disagio, a causa della carenza di organico che rappresenta ormai un problema strutturale.
Lo denuncia il segretario nazionale della Uil Pubblica Amministrazione Polizia Penitenziaria Armando Algozzino, in una nota trasmessa a Carlo Renoldi e Massimo Parisi, rispettivamente capo e direttore generale del personale e delle risorse del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, oltre che al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria in Sicilia, al Prefetto e al Questore di Catania, Maria Carmela Librizzi e Vito Calvino.
Una lunga lettera, non certo la prima, in cui il segretario analizza i motivi della vertenza in corso e dello stato di agitazione proclamato dal personale, dai dirigenti territoriali e dal Gruppo Aziendale Unitario del carcere e preannuncia, “nel caso di mancati interventi e del perdurare del silenzio istituzionale”, la partecipazione della UilPa Polizia Penitenziaria a una manifestazione di protesta in programma per il mese di settembre.
A preoccupare il sindacato sono i numeri: la carenza di personale, infatti, risulta quantificabile intorno al 35%. “L’organico previsto è di 347 unità – spiega Armando Algozzino – ma la forza presente è di 222: all’appello mancano 125 poliziotti penitenziari“.
“Tra essi – chiarisce – 69 sono distaccati in uscita, pari a circa il 24% della forza complessiva“. “Delle 222 unità presenti – prosegue – 5 sono state assegnate, a seguito di un recente interpello, al Nucleo Provinciale di Catania, benché ancora in carico al carcere sul sistema G.U.S. web“.
“Altre 14 unità – continua – risultano assenti per un lungo periodo, in convalescenza a seguito di valutazioni effettuate da Commissioni Mediche Ospedaliere o per maternità”.
“La media giornaliera di assenze dal servizio per malattia – racconta ancora il segretario nazionale – è di 20 unità, alle quali si aggiungono altre mancate presenze, variabili e difficilmente quantificabili”.
“Senza dimenticare – osserva – che ben 25 unità fruiscono della legge 104, altre 17 di permessi studio e sindacali, congedo parentale o, ancora, si astengono dal lavoro per malattia del figlio minore“.
Inoltre, come viene specificato nella stessa nota, alcuni sono esentati dai turni di lavoro di notte nel caso di figli in tenera età.
Nei primi sei mesi del 2022, ben 300 turni sono stati espletati presso il Nucleo Traduzioni e Piantonamenti cittadino e, sempre nello stesso arco temporale, 50 unità sono state comandate al poligono di tiro della Scuola di formazione e aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria di San Pietro Clarenza.
Sempre in merito alla carenza di organico, occorre inoltre ricordare che il 50% riguarda il ruolo degli ispettori e il 70% quello dei sovrintendenti.
Un capitolo a parte è rappresentato dalle assenze per malattia, che dal 2018 al 2021 sono aumentate a livello esponenziale, arrivando a toccare quota 7.500 giorni proprio l’anno scorso.
“Assenze – spiega l’esponente sindacale – certamente ascrivibili a un forte stress da lavoro correlato che il personale subisce a causa dei continui accorpamenti dei posti di servizio, considerati il cardine di un Istituto Penitenziario: non è affatto infrequente, tanto per citare un esempio, che a un solo agente siano assegnati più piani detentivi”.
L’accusa che Armando Algozzino rivolge all’Amministrazione è di avere lasciato in stato di abbandono il carcere e di non avere approfondito i dati numerici che raccontano un sotto organico che determina rischi, gravi responsabilità e un carico di lavoro eccessivo.
Elementi che si traducono in una condizione di stress difficilmente gestibile. “Chiediamo dignità – si legge nella nota – e rispetto delle giuste condizioni lavorative: un risultato che si può raggiungere solo attraverso un congruo aumento dell’organico“.
“Non possiamo più consentire che si assista impassibili – conclude – alle continue aggressioni che la Polizia penitenziaria subisce a causa dei molteplici posti di servizio affidati alle singole unità: una situazione che diventa ancora più critica a causa dei detenuti affetti da gravi forme di infermità psichica, che necessiterebbero di una gestione differente da parte dell’Amministrazione Penitenziaria e del Sistema Sanitario Nazionale, dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari”.