“La Carrozza della Santa” di Cristina Cassar Scalia

“La Carrozza della Santa” di Cristina Cassar Scalia

SICILIA – In tutte le librerie i generi letterari vengono disposti per settori, grati e rispettosi dello spazio a loro dedicato. Dal romanzo alla biografia l’ampio catalogo offre ai lettori la linea di scrittura che più si avvicina al bisogno di leggere un’opera facente parte di una corrente letteraria definita. Quando ha concluso il primo passo verso il raduno ufficiale di carta loquace (la libreria), il lettore seriale ha già deliberato quale titolo, autore e casa editrice torneranno a casa con lui. Lo scrittore raramente si allontana dal suo territorio narrativo, sarebbe come coronare l’attesa del suo pubblico con una delusione. Nessuna penna scalda i motori per divulgare amarezza. Certo è che durante la stesura capita di straripare in un genere diverso, per niente affine al progetto iniziale e per questo conseguenza di un libro evaso dalla casa editrice per essere letto tutto d’un fiato.

A questo matrimonio un po’ fuori dai canoni ci ha abituati Cristina Cassar Scalia, siciliana di Noto, trapiantata nel piccolo comune di Aci Castello dove esercita la professione di medico oftalmologo.

Fonte foto: Credit Google/ Ibs

La Carrozza della Santa è il suo ultimo romanzo della serie noir che vede protagonista il vicequestore Giovanna Guarrasi, detta Vanina. La Sicilia apre e chiude la scrittura di Cristina Cassar Scalia innamorata dell’amore per la Terra vicina di casa del sole.

Per la città di Catania il 6 febbraio è considerato all’unanimità “il giorno dopo”. La patrona Sant’Agata ha visitato tutti i quartieri della città metropolitana e adesso, dopo aver ricevuto tutti gli onori, sta per rientrare solennemente nella cattedrale. Per le strade viene gridato a gran voce il santo nome, la città fatica a far riposare la devozione di ali di folla assonnate dalla troppa stanchezza.

Da questo momento l’atmosfera suggestiva si spegne al termine della notte attesa un anno. Il martirio della santa si fa piccola appendice nel sangue di un uomo ritrovato privo di vita nell’androne del Palazzo degli Elefanti (sede del Municipio di Catania). Come bara, una delle Carrozze del Senato.

Ancora un’indagine affidata al vicequestore Vanina Guarrasi, sarà lei, per la sesta volta, a dipanare le fila di un delitto efferato. L’ uomo ammazzato si chiama Vasco Nocera, nato a Catania. Da subito le indagini partono dalle frequentazioni del morto, “fimminaro” devoto a una giovane donna, Sergia Vannotta, resasi irreperibile dalla sera dell’omicidio.

Delitto passionale? Un regolamento di conti? Quale il movente, ma soprattutto chi era veramente Vasco Nocera?

Le ricerche sulla sua identità sotto il profilo penale hanno dato esito negativo, a parte un’ombra scura su carta legale a causa di un incidente occorso tantissimi anni fa. Come spesso succede nel tempo che segue un evento traumatico da cui si è usciti illesi, all’appello di un padre in piena disperazione si diede risposta con un voto per il miracolo ricevuto.

I tre giorni della Santa sarebbero stati onorati con preghiere, offerte e devozione.

Per il vicequestore Vanina Guarrasi l’indagine si preannuncia più complicata del previsto. Non solo Catania, Palermo reclama la presenza della poliziotta in prima linea per dovere ma non solo.
Nel capoluogo siciliano l’odore di mafia si conferma protagonista della città-rifugio sotto il sole dei latitanti. Uno tra questi, Salvatore Fratta detto “bazzuca”, fa parte della “famiglia” criminale che ha ucciso il padre di Vanina.

Scovarlo significherebbe chiudere il cerchio di una storia privata del vicequestore che, negli anni, ha limato le sbarre di omertà dietro le quali si nascondeva il pericoloso latitante.

In un lavoro di squadra la personalità più forte ha bisogno di essere ammansita da una figura dai tratti pacati. Lacuna subito colmata dal commissario in pensione Biagio Patanè, suggeritore del giusto indizio per gettare l’ancora nel porto colpevole.

In lui Vanina Guarrasi depone l’affanno, in lui ritrova l’equilibrio sfuggente nella corsa al “Chi? Quando? Dove?”.

All’inseguimento del bene, il vicequestore sembra che stia per lasciar cadere le armi vinta dalla stanchezza del troppo sentire in una realtà piena di silenzi omertosi. Allontanarsi dalla città di Palermo mai! Troppo sua, precipitata nelle viscere dell’anima per farne incetta nei momenti fuori controllo.

– Sa quanto le manca Palermo, vero? – disse Patanè. Vanina non rispose, ma dovette deglutire più volte prima che il nodo alla gola s’allentasse.

Palermo è famiglia, è Paolo, l’Amore.

Vanina Guarrasi si è assuefatta a un tira e molla alla città natale dove ha gustato tutti i sapori del vivere. Dolcezze ai limiti della nausea da essere confuse con le ambizioni del Male.

Sempre in viaggio tra Catania e Palermo, il vicequestore diventa portavoce ufficiale delle specificità della sua Terra, tanto calore di cuore reso incandescente dalle faville di sua maestà Etna, il vulcano insonne. E poi i mille volti del dialetto influenzato dai popoli che hanno dominato la Sicilia. Troppi misteri porta in grembo, questa Terra di panorami invidiati dal mondo si fa sporcare da vendette a sangue freddo decise in un torrido pomeriggio d’estate.

Scenario di tragedie segnate su fogli di calendari sconvolti dalla vergogna.

Rivoli di sangue fresco, grumi di sangue secco. La trama assume una biforcazione voluta partendo da una indagine condotta nella Sicilia orientale poi volata di tempo e di spazio dove un capomafia creduto morto nel 2008 vive latitante, ma ancora per poco.

“Nessuno più di lei avrebbe voluto mettere le mani addosso a quel capomafia, sparito dai radar nel 2008 e dichiarato morto nello stesso anno a seguito del ritrovamento di un cadavere carbonizzato che, guarda un po’, aveva al polso il suo bracciale d’oro. Caso chiuso per tutti, tranne che per l’allora commissario capo Giovanna Guarrasi che a quella morte non aveva creduto nemmeno per un attimo”.

La dinamica evolutiva di un noir è rispettata con scrupolosa cura imposta dalla divisa della Polizia di Stato.

C’è un cadavere trovato in una pozza di sangue cui seguono le indagini di rito intervallate da squarci di vita privata. Questi si mescolano alla scalata terapeutica di rancori mai appassiti dentro cassetti lasciati aperti non per caso, in attesa di ricevere l’autografo solenne e maestoso della Giustizia.

Fonte foto: Credit Google/ Ibs