Se il figlio maggiorenne non ha progetti di studio o di lavoro perde il diritto al mantenimento. È quanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 16771/2022, con la quale ha rigettato il ricorso di una ragazza 22enne che non studiava e che ha rifiutato immotivatamente delle offerte di lavoro.
Il caso
In primo grado il Tribunale di Gorizia revocava l’assegno di mantenimento che, in sede di divorzio di una coppia, era stato stabilito in favore della figlia maggiorenne. Decisione confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Trieste. Motivo? La ragazza, seppur maggiorenne ma economicamente non auto sufficiente, non aveva progetti di studio né lavorativi. Più in particolare, aveva abbandonato l’università dopo un anno senza dare alcun esame ed aveva rifiutato ingiustificatamente delle offerte di lavoro che le erano state procurate dal padre.
Ricorso in Cassazione
La ragazza adiva, dunque, la Suprema Corte esponendo le seguenti doglianze:
- la Corte d’appello ha travisato i fatti che hanno portato alla revoca del contributo in suo favore. In particolare, il Collegio non avrebbe rispettato i criteri dettati dalla Cassazione per il mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e avrebbe male interpretato il rifiuto delle offerte di lavoro da parte della ricorrente;
- il contributo in suo favore andrebbe aumentato in virtù del miglioramento delle condizioni economiche del padre, divenuto erede di un ingente patrimonio.
Cassazione: il figlio maggiorenne non studia e non lavora? Il mantenimento va revocato
La Suprema Corte rigetta il ricorso
Anzitutto, il primo motivo viene ritenuto inammissibile in quanto la ricorrente ha sollevato una critica astratta e generica. La stessa non spiega in che modo la Corte d’appello abbia violato i principi enucleati dalla Cassazione relativi al mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti né come il suo rifiuto alle offerte lavorative avrebbe dovuto essere interpretato.
Invero, dalle prove è emerso che il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica è imputabile esclusivamente alle scelte della ragazza: il rifiuto delle offerte non è stato male interpretato dal giudice di secondo grado, essendo avvenuto senza giustificato motivo.
E’ emerso, inoltre, che la ricorrente non avesse inclinazioni lavorative o di studio particolari e che, quindi, non avesse alcun progetto. Come ha spiegato la Corte d’Appello – riprendono gli Ermellini – l’assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni non indipendenti non ha una funzione assistenziale illimitata nel tempo.
Se il mancato raggiungimento dell’autonomia da parte del figlio è, infatti, frutto della sua volontà e della mancanza di progettualità, questi perde il diritto al beneficio.
Il terzo motivo, infine, viene rigettato dal momento che il padre, nonostante avesse ereditato un patrimonio, i suoi redditi avevano subito una contrazione a causa di suoi problemi di salute.
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