CATANIA – A pochi giorni dalla celebrazione della XXVII “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” che li ha visti tra i protagonisti della manifestazione svolta a piazza Lanza, i ragazzi della Scuola Media “Quirino Maiorana” di Catania tornano sui banchi a ragionare di mafia.
Dopo aver conosciuto a dicembre la figura di Pippo Fava nei racconti dell’avvocato Adriana Laudani e aver discusso, a febbraio, dei “figli” della ‘ndrangheta con il dott. Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei Minori di Catania, le classi dell’istituto diretto dalla dott.ssa Gisella Barbagallo hanno, infatti, incontrato l’ASAEC, l’Associazione antiestorsione di Catania intitolata a “Libero Grassi”, l’imprenditore siciliano ucciso nel 1991 da Cosa nostra per essersi opposto al pagamento del pizzo.
Dopo una breve presentazione dell’associazione a cura della storica socia fondatrice Linda Russo, le professoresse Chiara Crifò e Loredana Scuderi, referenti per la legalità della scuola, hanno introdotto l’intervento di Saro Barchitta, imprenditore di Scordia, attivo nel settore del movimento terra, che nella seconda metà degli anni ottanta si è trovato nella difficile posizione di doversi confrontare con le pressanti richieste estorsive dei clan mafiosi, in un momento, peraltro, in cui era ancora balbettante il sostegno assicurato dallo Stato nei confronti delle vittime del pizzo.
Una vicenda dura fatta di perdita di valori e di dignità, costellata da minacce, intimidazioni, pesanti danneggiamenti alle attrezzature dell’azienda, nonché da tentativi, inutili ed umilianti, di trovare accordi con i malavitosi e, quindi, dalla progressiva incapacità di Saro “di guardare negli occhi le proprie figlie”.
Poi la svolta. La denuncia ai carabinieri, la lunga deposizione al magistrato, il processo, la condanna dei responsabili. Certo, ha confessato l’imprenditore ai ragazzi, la paura di essere ammazzato lo ha accompagnato per tanto tempo, ma alla fine è svanita e con essa il senso di vergogna con cui temeva di abituarsi a convivere. Il sostegno della famiglia lo ha aiutato, la consapevolezza di aver fatto la cosa giusta gli ha ridato coraggio e dignità e da quel momento ha sentito l’esigenza di essere testimone di quei fatti: “trent’anni sono passati, ma il mondo è rotondo, tutto torna e per questo, cari ragazzi, sono a scuola qui con voi“.
Simile al racconto di Barchitta e, purtroppo, a tanti altri racconti di vittime dell’estorsione mafiosa è stato, poi, l’intervento dell’imprenditrice Paola Pappalardo. Una testimonianza, anche questa, dolorosa che ha colpito i ragazzi e ne ha stimolato la voglia di conoscenza. Una storia di minacce, incendi e violenze alla persona che non hanno, però, piegato la donna fiera, alla fine, di aver denunciato, di aver convinto il padre a seguirla su questa strada e di aver insegnato ai propri figli che la libertà e la dignità devono avere il sopravvento sulla paura.
È questo, in definitiva, il messaggio più grande che le donne e gli uomini dell’ASAEC hanno consegnato ai ragazzi della “Maiorana”. “Abbassando la testa la prima volta si diventa schiavi per sempre”, ha ammonito, in conclusione, Linda Russo. Un insegnamento di forza e dignità che difficilmente verrà dimenticato.