Dall’entrata in vigore della legge Gelli (l. 24/2017), in materia di responsabilità medica, una delle questioni più dibattute ha riguardato l’obbligo della struttura sanitaria e del medico di stipulare una polizza assicurativa per coprire i danni derivanti a terzi dall’esercizio della loro attività. Obbligo previsto dall’art. 10, comma 6, della legge citata e fino ad oggi mai entrato in vigore per mancanza del decreto ministeriale di attuazione.
Ciò ha dato adito a non pochi dubbi interpretativi, mettendo in difficoltà i pazienti danneggiati (o i loro eredi), che spesso non sapevano se chiedere il risarcimento direttamente alla struttura o al suo assicuratore.
Ma questa incertezza sembra destinata a svanire. Il Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro della Salute e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha infatti predisposto uno schema di regolamento, volto a dare esecuzione una volta per tutte al citato art. 10.
Cosa prevede l’art. 10?
Ai sensi del comma 6 dell’art. 10, il regolamento deve determinare:
• i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l’individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati;
• i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio;
• le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un’impresa di assicurazione nonché la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati.
I requisiti minimi per l’idoneità dei contratti di assicurazione
Questi sono individuati dagli artt. 3, 4 e 5 dello schema di regolamento.
L’art. 3 riguarda l’oggetto della garanzia assicurativa. Esso stabilisce che l’assicurazione deve coprire:
• la responsabilità contrattuale (ex artt. 1218 e 1228 c.c.) della struttura per i danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati a terzi dal personale operante a qualunque titolo presso la stessa;
• la responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) degli esercenti la professione sanitaria della cui opera si avvale la struttura. Questi ultimi sono tenuti indenni anche per le azioni di responsabilità amministrativa.
L’art. 4 individua i massimali minimi di garanzia delle polizze in base alle classi di rischio. Questi, sia per le strutture che per gli operatori sanitari ed in base alla prestazione erogata, variano da un minimo di 1 milione ad un massimo di 5 milioni.
L’art 5, infine, concerne l’efficacia temporale della garanzia assicurativa. Esso anzitutto stabilisce che si applica la clausola “claims made”: di conseguenza le domande di risarcimento possono essere presentate per la prima volta nel periodo di vigenza della polizza e con riferimento a fatti verificatisi durante tale vigenza e fino ai dieci anni precedenti.
Inoltre, in caso di cessazione dell’attività sanitaria, la bozza prevede un periodo di ultrattività delle richieste di risarcimento. Che vuol dire? Che queste possono essere presentate fino ai dieci anni successivi alla cessazione e per fatti verificatisi durante la vigenza della polizza. In altre parole, il risarcimento può essere domandato anche dagli eredi, sempre entro i dieci anni dalla fine dell’attività sanitaria.
Sono inoltre previsti i requisiti minimi di garanzia delle altre analoghe misure, le regole per il trasferimento del rischio alla compagnia di assicurazione nonché la previsione, nel bilancio delle strutture, di un fondo rischi per risarcimenti relativi ai sinistri denunciati.
Insomma, uno schema di regolamento che si auspica venga presto approvato in via definitiva, così da conferire certezza una volta per tutte a questa materia.