Sono passati soli tre giorni dal travagliato parto, in seno al Consiglio dei Ministri, delle nuove norme in tema di vaccinazione obbligatoria anti Covid e già sono notevoli i dibattiti che agitano gli operatori del diritto, gli addetti al lavoro e l’opinione pubblica. Quelle varate lo scorso 5 gennaio 2022 sono in verità delle norme di “estensione” dell’obbligo vaccinale, come la definisce la nuova norma prevista dall’art. 1 del decreto legge 7 gennaio 2022 pubblicato in Gazzetta Ufficiale nelle scorse ore (GU Serie Generale n.4 del 07-01-2022) e in vigore da oggi.
E difatti, in Italia (nel mondo si contano ad oggi altri sette paesi che prevedono il trattamento vaccinale obbligatorio contro il Covid) l’obbligo vaccinale anti-Covid era già stato introdotto dal mese di aprile dell’anno appena trascorso col d.l. 1 aprile 2021 n. 44, convertito con modif. dalla legge 28 maggio 2021 n. 76, che l’aveva previsto per determinate categorie di lavoratori.
Oggi, la previsione dell’obbligo in parola si estende, a decorrere dal giorno successivo della pubblicazione del d.l. sulla G.U. (e dunque da oggi) e fino al 15 giugno 2022, a tutta la popolazione italiana ultracinquantenne.
L’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARSCoV-2, si applicherà – come riporta la bozza del d.l. che è stata diffusa – “ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione residenti nonché ai cittadini stranieri di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età“.
E si tratta di vaccinazione che potrà essere comunque omessa o differita – secondo quanto si legge – “in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2“.
Già a seguito dei primi comunicati del Governo circa la nuova norma, si è animato un certo dibattito tra gli operatori del diritto in ordine alla costituzionalità della norma in parola ed ai suoi problemi applicativi.
E, si è detto, la norma non sarebbe incostituzionale se posta nel solco dei recenti indirizzi che ha assunto la Consulta, per cui una norma di legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. se rispetta determinati parametri (il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è sottoposto, ma anche a preservare lo stato di salute altrui; si preveda che esso non incida negativamente sullo stato di salute del soggetto obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; nell’ipotesi di un danno ulteriore, si preveda comunque la corresponsione di un’equa indennità in favore del danneggiato – cfr. Corte Costituzionale, sentenze nn. 258/1994 e 307/1990).
Ma al di là degli aspetti di costituzionalità, la norma, già prima della sua pubblicazione ha dato origine a problematiche di carattere applicativo. Il medico che dovrà sottoporre a vaccinazione la persona obbligata in forza di legge dovrà raccogliere un qualche consenso informato? E quali moduli dovrà sottoporre al vaccinando?
Sovviene infatti la legge 219/17 che ha disciplinato la raccolta del consenso informato da parte del personale medico e che prevede che questo sia raccolto per iscritto: difatti, sinora, i vaccinandi che si sottopongono al trattamento in qualsiasi hub vaccinale o in uno studio medico sottoscrivono un modulo in cui dichiarano di essere stati adeguatamente informati e di consentire alla vaccinazione. Senonché la previsione di un consenso per un atto di per sé imposto ex lege ovvero di un trattamento obbligatorio sembra essere una vera contraddizione in termini.
Per questo motivo, diversi autorevoli esponenti del mondo accademico hanno espresso il parere che non sia necessario alcun tipo di consenso informato, ferma la necessità di un indennizzo nel caso di eventuali effetti avversi a carico dello Stato. Associazioni di consumatori, per altro verso, reclamano a gran voce la modifica dei moduli del consenso da far sottoporre ai vaccinandi “obbligati”.
C’è chi sostiene infine che la vaccinazione, pur diventando un obbligo rimarrebbe comunque il risultato di una scelta consapevole e pertanto da operare solo a seguito della sottoscrizione di un modulo che ne attesti il consenso. Insomma, già prima della loro attuazione le norme sulla vaccinazione obbligatoria impongono la risoluzione di problematiche applicative che dovranno esser risolte il più celermente possibile.
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