Vittorio, Sofia, Venezia, una libreria. Gli ingredienti per una poesia scritta a più mani ci sono tutti. Dietro le quinte di una declamazione ideale si nasconde l’appuntamento in agguato come una volpe affamata di prede.
È il 12 novembre 2019 quando la città nata dal mare viene costretta ad appagare la sete che non ha. L’acqua alta supera i centimetri previsti, in poche ore Venezia diventa una grande piscina testimone impotente nel veder galleggiare cose e pezzi di case, tutto il presente viene inzuppato in un cocktail di fango e detriti, e un futuro annegato nel mare curioso della città dell’amore. Acqua. Tanta, tantissima acqua. Manna per il deserto, elemento funesto per la città obbligata a convivere con l’ospite accolto dallo sguardo attonito di chi conosce le conseguenze del suo soggiorno.
Vittorio è un libraio indipendente innamorato del suo lavoro. Moby Dick, il suo castello di firme aperto al pubblico, è meta giornaliera di turisti e veneziani. A Campo San Giacomo dall’Orio, residenza ufficiale di scaffali mai stanchi di cullare milioni di pagine, le giornate di Vittorio sono scandite dal gentile fruscio dei fogli avvicinati dai clienti, lettori e amici del re assoluto di quel magico regno di storie.
Vittorio, quarant’anni di vita trattenuta all’interno del Moby Dick, un uomo solo ma non isolato, assiduo lettore di storie inchiostrate tranne la sua, una pagina bianca, intonsa, avara di un alfabeto d’amore.
La città di Venezia è bandiera nel mondo di una magia indecifrata ma senza alcun dubbio presente tra le calli, i ponti, le gondole casanova di sogni. La terra promessa di Vittorio si chiama Sofia, occhi verdi e rosea freschezza dei suoi vent’anni fanno di lei una ragazza nata per ritardare il respiro di ogni uomo, far brillare le notti insonni di Vittorio. È subito “corrispondenza d’amorosi sensi” non proferita dalle labbra ma confessata da sguardi d’intesa sotto il cielo di Venezia. I giorni che precedono l’inquietudine della laguna in rivolta contro l’immensa bellezza della Serenissima, illustrano la vigilia del risveglio da un’ipnosi indotta. Qui la poesia chiede spazio agli arcobaleni imbrattati dalle catene mentali di Vittorio, verdi come gli occhi di Sofia, azzurri come le calde sfumature della laguna al tramonto.
“Sai che ti dico? C’è qualcosa nell’aria in questi giorni, che prima dell’acqua alta non c’era. Pare che tutti abbiamo sentito il bisogno di fermarci, che all’improvviso ci siamo ricordati delle cose che contano“. Il 12 novembre 2019 Venezia ritorna a morire nel suo mare nervoso, la resurrezione dalla croce imposta dalla natura diventa possibile perché condivisa. Insieme. Nascere e rinascere, dal grembo materno in poi la scuola senza cattedra ci addestra a stare lontano da maschere incrociate per poi annegare in una laguna che cammina.
La marea continua a tradire l’uomo innamorato della sua città. E la sposa. E la risposa. Mai l’abbandona, anche se la sorgente zampilla furiosa, occulta e disperde il bene più caro, strazia il sacrificio di anni.
La libreria Moby Dick cade vittima della tempesta orizzontale. Milioni di pagine in ostaggio del torrente a Campo San Giacomo galleggiano solo per poco, le gocce d’inchiostro sbavato somigliano alle lacrime di una donna disfatta dalla fede nuziale, il cerchio d’oro che promette e non mantiene.
Lo scrittore attraverso l’amara consuetudine naturale subita dalla Serenissima, presenta all’uomo gli elementi rigorosamente criptati per salvarsi da se stesso prima ancora che dal prossimo, amico fedele già pronto all’inganno. Giovanni Montanaro è un giovane scrittore veneziano che, pervaso d’ispirazione dalla sua città d’origine, ha convinto la sua penna a schizzare ghirigori d’amore sulle righe della sciagura ospite senza invito. Se manca, la magia s’inventa.
Vittorio, il libraio piegato dalla laguna in piena, soccorre i volumi feriti ma ancora vivi, premurose cure di cuore sapranno riportarli nella nuova Moby Dick riemersa dalle acque con l’attrattiva intrigante di una sirena. Il messaggio per niente segreto di Giovanni Montanaro aleggia sopra la missione della cultura. È chiaro l’obiettivo di puntare i riflettori sulle proprietà benefiche della lettura, farmaco e alimento dell’equilibrio fisico e psicologico dell’uomo. A conferma di ciò, nel romanzo non mancano titoli di libri, contenuti, un consistente elenco di librerie disseminate nel museo all’aperto della città di Venezia.
Pagine e copertine rappresentano l’elisir di una verità fruibile a tutti, dall’intellettuale onnisciente al lettore impegnato in una costante ricerca della sua essenza che, il più delle volte, ne conosce appena il nome. Non solo diluvio orizzontale, Vittorio è benedetto da una fresca sorgente d’amore, Sofia. Dovrà però conquistare lo zampillo dell’età frizzante se vorrà avvicinare le labbra alla fonte generosa.
“E quello che vorrei dirti di più bello ancora non te l’ho detto. E’ vero che ho quarant’anni e tu venti, ma non mi pare un buon motivo per non farti un regalo. Non lo so cosa ci accadrà, Sofia. Non può saperlo nessuno. Non mi importa. Mi importa solo quando entri in libreria, mi importa quando mi chiedi i libri”.
Dietro le ante di una finestra, la narratrice anonima vede e racconta l’invisibile età del tempo. L’anziana donna, mimetizzata dal circuito confuso delle ore del giorno, assiste allo scempio della bellezza eterna e invidiata in ogni angolo del mondo. I suoi anni accatastati sulla pelle rugosa sanno che se le gocce hanno vita breve sul viso infelice, la città elegante molto più di una gentildonna virtuosa, saprà difendere l’offesa ai suoi merletti pregiati.
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