CATANIA – “Ci siamo trasferiti in questo plesso nel 2005 da quel momento abbiamo dovuto attendere più di dieci anni per completare l’allestimento della prima sala. Probabilmente è a causa del lungo lasso di tempo intercorso che in molti hanno dimenticato l’esistenza del museo di Scienze della Terra”. Sono queste le parole di Antonietta Rosso, professore ordinario di paleontologia e paleocologia nel dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali afferente all’ateneo etneo.
Stiamo parlando del museo che si trova al primo piano del palazzo in corso Italia 57 e che custodisce materiale paleontologico, mineropetrografico, zoologico e vulcanologico proprio nel cuore della nostra città, in una struttura di fronte a cui passano quotidianamente centinaia di persone e non solo studenti, senza magari esserne coscienti.
Continua, quindi, il nostro viaggio nei luoghi d’arte e cultura catanesi così come continua ad essere forte la voglia di condurvi alla scoperta di centri spesso sottovalutati ma che rappresentano invece delle vere e proprie casseforti di conoscenza dal valore inestimabile.
All’interno del plesso sono, quindi, presenti due sale espositive. Basta solo aprire la porta di una di queste stanze per essere immediatamente catapultati in uno scenario preistorico e magico che stuzzica in ognuno di noi la voglia di conoscere la provenienza e l’eta dei pezzi in mostra.
Nella prima, inaugurata nel 2012 grazie anche all’investimento dei fondi ottenuti tramite l’entrata in vigore della legge 6/2000, il nucleo storico della collezione è rappresentato da ciò che la famiglia Gioeni cedette all’Università catanese. Nella maggior parte dei casi si tratta di reperti che sono stati scoperti e classificati dai vari ricercatori tra l’Ottocento e il Novecento.
“È altrettanto probabile che all’interno di questa collezione siano presenti anche reperti che appartenevano al principe di Biscari in quanto documentati come appartenenti a lui dai vari resoconti dei viaggi – dichiara la professoressa Rosso -. Ciò che incuriosisce è il rimescolamento e la riorganizzazione di questi elementi storici che sono stati fatti nel tempo e che hanno portato spesso alcuni studiosi a classificare i vari pezzi come se fossero stati trovati in quel momento da loro stessi, senza avere cura di ridisporre il cartellino di provenienza”.
Inoltre elemento di prestigio presente nella collezione è il fossile di un elefantino nano, interamente montato che proviene dalla grotta di Spinagallo di Siracusa. Nella seconda stanza, inaugurata nell’ottobre 2014 grazie al progetto Ritmare, la ricerca scientifica italiana per il mare, la concentrazione è stata focalizzata sull’importanza della biodiversità attuale e passata nel Mediterraneo.
Sono principalmente le scuole ad aver visitato il museo negli ultimi quattro anni. Così il numero degli avventori non ha mai superato i 900 annui: ciò fornisce la proporzione della poca affluenza rispetto ad altri siti che hanno un ruolo di importanza inferiore all’interno del patrimonio storico della nostra isola.
Per dare risalto a tale iniziativa anche Zammù Multimedia elaborò un video che attraverso la voce dei professori Rosolino Cirrincione e Antonietta Rosso, appunto, raccontavano questa realtà.
Intanto sempre la professoressa Rosso fa sapere che sono in corso i lavori per illustrare il materiale presente nel museo nel sito dell’ateneo catanese con la speranza che ciò serva da cassa di risonanza per le future visite da parte dei cittadini.