Arrivano le vacanze: studenti, stagisti o neet?

Arrivano le vacanze: studenti, stagisti o neet?

Libri di testo, zaini e cartelle giaceranno nel ripostiglio per i prossimi tre mesi: la scuola è finita e gli studenti godranno delle loro (non sempre meritate) vacanze. Già, le vacanze: tre mesi ininterrotti di sole, mare, uscite con amici… e poi? A parere del ministro Poletti non guasterebbe un tirocinio o un’attività lavorativa; poco importa che sia o meno retribuita, fondamentale è che introduca i giovani nel mondo del lavoro.

Giovani, istruzione e lavoro, il legame tra queste tre parole però non è più da considerarsi indissolubile, almeno non come un tempo. Iniziamo esaminando il rapporto intercorrente tra giovani e lavoro. Circa 3 ragazzi su 10 sarebbero anche disposti a sacrificare parte delle loro vacanze estive per apprendere un mestiere o per frequentare dei corsi formativi (almeno in via teorica, i dati raccolti dal MIUR la scorsa estate lasciano intendere che soltanto il 10% della popolazione studentesca ha in effetti preso parte ai tirocini organizzati dalle scuole): la percentuale si riduce drasticamente se l’una o l’altra attività non prevedono una congrua retribuzione o se le pretese vengono giudicate “eccessive”.

In sostanza i maturandi e gli studenti delle scuole superiori in genere, trovano tremendamente angosciante la prospettiva di non poter un giorno raggiungere il traguardo dello stipendio, ma non sempre sono disposti ad evitare che ciò accada.

La questione sollevata dal ministro Poletti ha interessato anche il mondo dello spettacolo: proprio in questi ultimi giorni Jovanotti si sarebbe espresso in favore della proposta, molto note invece sono le obiezioni di altre stelle della musica, ad esempio di Fiorella Mannoia che ha elegantemente suggerito al promotore dell’iniziativa “a fare volontariato vacci tu, il lavoro si paga“.

Eppure, dati alla mano, pare che il sacrificio non sarebbe del tutto inutile: il 42% degli studenti che ha accettato, a varie condizioni, di abbinare studio e lavoro o di rinunciare a parte delle vacanze estive per svolgere dei tirocini, ha trovato impiego entro tre anni dal conseguimento del diploma.

Complesso a quanto pare è anche il rapporto intercorrente tra giovani ed istruzione. I ragazzi credono sempre meno nel valore della cultura e della formazione scolastica; non si tratta di semplice odio per la scuola, ma della convinzione che la nostra didattica sia poco formativa e comunque inadeguata ai tempi moderni. Il discorso si complica quando i giovani presi in considerazione sono quelli che tra poco si accingeranno ad affrontare lo scoglio della maturità; in quanti proseguiranno gli studi? In quanti cercheranno invece lavoro? Quanti altri ancora ingrosseranno le fila dei cosiddetti neet (gli sfiduciati che non hanno intenzione né di studiare né tanto meno di cercare un impiego)?

Andiamo con ordine: secondo i dati recentemente diffusi dagli istituti di ricerca, sono soltanto 65 su 100 i giovani che dopo la maturità intendono continuare gli studi. L’identikit del nuovo studente universitario risponde nella maggior parte dei casi al profilo di un ottimo allievo, diplomatosi con buoni voti e appartenente ad una famiglia con discrete possibilità economiche. In molti però, indubbiamente al passo con i tempi, scelgono di continuare gli studi a patto di poter intraprendere la carriera universitaria al di fuori della Sicilia o addirittura dell’Italia.

I tempi in cui il diploma coincideva con l’ingresso nel mondo del lavoro o in cui la scelta di proseguire gli studi garantiva la possibilità di impiego (nella maggior parte dei casi anche ben remunerato) sono ormai passati. Al giorno d’oggi in sostanza, i ragazzi sono costretti ad affrontare il problema in maniera un po’ più pragmatica: siamo proprio sicuri che, come vorrebbe qualcuno, ciò significa essere bamboccioni?