CEFALÙ – La vicenda risale al periodo tra il 2015 ed il 2016 quando l’imputato, un cinquantenne di Cefalù, avrebbe abusato sessualmente di due donne dipendenti di una coop che aveva in gestione il servizio all’ospedale Giglio. L’uomo ha sempre negato le accuse: “Falsità, è una vendetta“.
Non solo avrebbe ripetutamente allungato le mani, palpeggiando due colleghe mentre erano al lavoro in una mensa, ma avrebbe anche costretto una di loro a rapporti orali, quando tutti sarebbero andati via. Una storia di presunti abusi sessuali, ma anche di minacce di morte per la quale ora il Tribunale di Termini Imerese, presieduto da Vittorio Alcamo, ha deciso di condannare un cinquantenne di Cefalù a 4 anni di reclusione.
I giudici hanno inflitto una pena inferiore rispetto a quella invocata dalla Procura (6 anni e 3 mesi) e hanno accolto le richieste delle presunte vittime, originarie della Madonie, parte civile nel processo con l’assistenza dell’avvocato Giuseppe Minà, che l’imputato dovrà risarcire in sede civile.
L’imputato ha sempre respinto le accuse tanto che, subito dopo la prima denuncia, aveva a sua volta denunciato per calunnia la donna che lo accusava. Ha sostenuto che le colleghe si sarebbero inventate gli abusi sessuali per vendetta, in seguito a degli screzi precedenti legati a questioni lavorative.
Il cinquantenne, peraltro, aveva continuato a lavorare con le presunte vittime: la cooperativa non lo aveva allontanato, infatti, ma fatto in modo che i tre non si incontrassero impiegandoli in turni diversi.
I giudici adesso hanno ritenuto fondate le accuse delle due donne ed hanno deciso di condannare il cinquantenne per abusi sessuali, minacce e calunnia.
Foto di repertorio