PALERMO – Muore un bambino in utero e in clinica partono le intimidazioni. É accaduto alla Casa di cura Triolo Zancla a Palermo, dove una donna di 21 anni ha partorito un figlio morto.
I medici, minacciati dai parenti, si sono barricati dentro la struttura, ma alcuni familiari sono riusciti a fare irruzione, distruggendo attrezzature e aggredendo due dipendenti. Dopo la denuncia dei genitori, la procura ha aperto un’inchiesta e disposto l’autopsia per accertare le cause della morte del piccolo. A sua volta il direttore sanitario della casa di cura, Luigi Triolo, ha denunciato il padre e lo zio del bambino per atti di vandalismo, minacce e aggressione.
Domenica pomeriggio la donna, al nono mese di gravidanza, si è recata nella clinica per il tracciato di routine. Ma il battito cardiaco del bambino non c’era più, come confermato dalla successiva ecografia. Dopo la notizia della morte, in clinica sono arrivati i parenti della donna, originaria del quartiere Vucciria. Alcuni, come si evince dalle telecamere di videosorveglianza, sono riusciti a entrare e hanno rotto l’ascensore, i totem delle prenotazioni, sedie e altri mobili. E’ stato necessario l’intervento di cinque volanti della polizia per riportare l’ordine.
Luigi Triolo esclude responsabilità: “É un feto arrivato già morto. Gli esami di controllo eseguiti fino al giorno prima sulla madre erano tutti regolari. Abbiamo seguito la gravidanza per tutti i nove mesi e non è mai emerso alcun problema. Si è trattato di un evento acuto di asfissia, imprevedibile e non diagnosticabile. Al momento del parto il bambino aveva due giri di cordone strettissimi al collo“. Secondo questa ricostruzione, il bambino sarebbe rimasto soffocato dal cordone ombelicale.
Sia lunedì che martedì i parenti della donna hanno continuato ad assediare l’ingresso della clinica, presidiata da polizia e carabinieri. “Al momento delle dimissioni della donna – racconta Triolo – il cognato si è scagliato contro due dipendenti, mentre il marito ha continuato a minacciarmi di morte“.
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