ITALIA – Come di consueto sono stati pubblicati i nuovi dati relativi a istruzione e formazione nel nostro Bel Paese e, purtroppo, come molti esperti sospettavano, non sono positivi. Infatti, secondo il recente report dell’Istituto Nazionale di Statistica, persiste ancora un forte divario tra l’Italia e il resto di Europa. Non solo, la forbice tra Nord e Sud non sembra volersi stringere.
Il primo indicatore assoluto del livello di istruzione di un Paese è il possesso da parte del cittadino di almeno un titolo di studio secondario superiore. Il diploma, infatti, è considerato il livello di formazione indispensabile per una partecipazione al mercato del lavoro con potenziale di crescita individuale.
In Italia, la quota di popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore è pari a 62,9%, un valore decisamente inferiore a quello medio europeo 79% e a quello di alcuni tra i più grandi paesi dell’Unione.
Anche la quota dei 25-64enni con un titolo di studio terziario in Italia è molto bassa, essendo pari al 20,1% contro il 32,8% nella media Ue27. Il dato 2020 conferma come la crescita della popolazione laureata in Italia sia più lenta rispetto agli altri paesi dell’Unione: l’incremento è di soli 0,5 punti nell’ultimo anno, meno della metà della media Ue27 (+1,2 punti) e decisamente più basso rispetto a quanto registrato in Francia (+1,7 punti), Spagna (+1,1) e Germania (+1,4).
Ancora presente il divario di genere
La crescita dei livelli di istruzione delle donne è simile a quella maschile: +0,6 contro +0,7 punti, per la quota di popolazione con almeno un diploma; +0,6 contro +0,4 punti, per la popolazione laureata. Pertanto, si interrompe la dinamica di maggiore crescita che negli anni precedenti aveva caratterizzato l’istruzione femminile.
Il livello di istruzione delle donne rimane sensibilmente più elevato di quello maschile: le donne con almeno il diploma sono il 65,1% e gli uomini il 60,5%, una differenza ben più alta di quella osservata nella media Ue27, pari a circa un punto percentuale. Le donne laureate sono il 23% e gli uomini il 17,2%; il vantaggio femminile, ancora una volta più marcato rispetto alla media Ue, non si traduce però in analogo vantaggio in ambito lavorativo.
Anche le donne straniere hanno un livello di istruzione più elevato rispetto alla componente maschile: 5 straniere su 10 possiedono almeno il diploma contro 4 uomini su 10, il 14,3% di queste è laureato contro l’8,3% degli uomini.
Sempre più alta la quota di chi abbandona gli studi
Ormai da molti anni una delle priorità dell’Unione europea nel campo dell’istruzione e della formazione è la riduzione dell’abbandono scolastico, che ha gravi ripercussioni sulla vita dei giovani e sulla società in generale.
In Europa, il fenomeno è misurato dalla quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, è fuori dal sistema di istruzione e formazione (Early Leavers from Education and Training, ELET). Questo indicatore è stato uno dei benchmark della Strategia Europa2020 che ne fissava il valore target europeo al 10%, ridotto al 9% entro il 2030 (“Risoluzione del Consiglio su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione verso uno spazio europeo dell’istruzione e oltre (2021-2030)” – 2021/C 66/01).
In Italia, la quota di giovani che hanno abbandonato gli studi precocemente è pari al 13,1%, per un totale di circa 543mila giovani, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Nonostante l’Italia abbia registrato notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici, la quota di ELET resta tra le più alte dell’Ue.
Nell’anno di chiusura della Strategia decennale dell’Unione la percentuale è scesa infatti al 9,9% in media Ue27 (valore addirittura lievemente più basso del target prefissato), alla luce del fatto che la Francia ha raggiunto il valore target già da diversi anni e la Germania lo ha praticamente raggiunto nel corso del 2020. L’abbandono scolastico caratterizza i ragazzi (15,6%) più delle ragazze (10,4%) e per queste ultime si registra una diminuzione anche nell’ultimo anno (-1,1 punti).
I divari territoriali sono molto ampi e persistenti. Nel 2020, l’abbandono degli studi prima del completamento del sistema secondario superiore o della formazione professionale riguarda il 16,3% dei giovani nel Mezzogiorno, l’11% al Nord e l’11,5% nel Centro. Il divario territoriale tra Nord e Mezzogiorno si è ridotto a 5,3 punti nel 2020, grazie al calo registrato nel Mezzogiorno, dopo la sostanziale stabilità che aveva caratterizzato il quinquennio precedente (7,7 punti nel 2019).
Nel Meridione si registrano i livelli più alti di abbandono: in Sicilia il 19,4%, poi la Campania 17,3% e la Calabria 16,6% dove, in 10 anni, l’abbandono scolastico è aumentato dello 0,6%. Le Regioni più virtuose sono Abruzzo 8%, Friuli Venezia Giulia 8,5%, Molise 8,6% e Emilia Romagna 9,3%.
Tra i giovani con cittadinanza non italiana, il tasso di abbandono precoce degli studi è più di 3 volte superiore a quello degli italiani: 35,4% contro 11%. Peraltro, mentre tra il 2008 e il 2014 si era registrato anche tra gli stranieri un significativo calo degli abbandoni precoci, negli ultimi sei anni la riduzione coinvolge solo cittadini italiani.
L’incidenza di abbandoni precoci tra gli stranieri nati all’estero varia molto a seconda dell’età di arrivo in Italia. Tra quelli arrivati entro i 9 anni di età, la quota è pari al 19,7%, sale al 33,4% tra coloro che sono giunti tra i 10 e i 15 anni e raggiunge il 57,3% per chi è entrato in Italia tra i 16 e i 24 anni.
La dispersione scolastica è fortemente condizionata dalle caratteristiche socio-economiche della famiglia di origine. Incidenze molto elevate di abbandoni precoci si riscontrano quindi dove il livello d’istruzione e/o quello professionale dei genitori è basso.
L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 22,7% dei giovani i cui genitori hanno al massimo la licenza media, il 5,9% di quelli che hanno genitori con un titolo secondario superiore e il 2,3% dei giovani con genitori laureati. Similmente, se i genitori esercitano una professione non qualificata o non lavorano, gli abbandoni scolastici sono più frequenti (intorno al 22%) e si riducono se la professione del padre o della madre è altamente qualificata o impiegatizia (3% e 9%, rispettivamente).
Lo svantaggio dell’ambiente familiare sembra condizionare l’abbandono scolastico precoce dei giovani residenti più nelle regioni meridionali. Le quote di abbandoni tra i giovani con genitori di medio e alto livello di istruzione sono infatti piuttosto simili al Nord e nel Mezzogiorno mentre si registrano ampie differenze nel caso di genitori con al massimo la licenza media (25,5% nel Mezzogiorno contro 18,9% nel Nord).
Viceversa, il più elevato contesto socio-economico familiare appare meno efficace nel proteggere i giovani stranieri dall’abbandono degli studi. Nelle famiglie italiane con elevato livello di istruzione l’incidenza di giovani che hanno abbandonato gli studi precocemente è 10 volte inferiore rispetto a quella registrata nelle famiglie italiane con bassi livelli di istruzione, nelle famiglie straniere questa distanza è di appena tre volte.
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