Mattarella si taglia lo stipendio e dà il buon esempio ma Grasso non lo segue

Mattarella si taglia lo stipendio e dà il buon esempio ma Grasso non lo segue

ROMA – Il tema è particolarmente scottante e controverso e, forse, rientra in quella categoria di situazioni nelle quali “dare il buon esempio” è già un ottimo punto di partenza.

Sui vitalizi si è detto davvero di tutto ma non sono molte, o evidentemente non sufficienti, le manovre volte a placare l’indignazione dei cittadini di fronte a cifre che probabilmente non vedranno mai nel loro estratto conto.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, palermitano d’origine salito al Colle lo scorso 3 febbraio, ha deciso di fare la sua parte.

In una nota del Quirinale si legge: “Il Presidente della Repubblica, il 27 febbraio scorso, ha disposto la riduzione dell’assegno a lui spettante per legge, in corrispondenza dell’ammontare del suo trattamento pensionistico”.

Sergio Mattarella, dunque, rinuncia al vitalizio che gli spetterebbe per il suo lavoro all’università, ma non è tutto. Si legge anche che “Il Presidente della Repubblica, con il decreto presidenziale n. 1, del 23 febbraio 2015, ha disposto, nei confronti di tutti i soggetti che svolgono funzioni all’interno della Presidenza, l’introduzione del divieto di cumulo delle retribuzioni con trattamenti pensionistici erogati da pubbliche amministrazioni”.

Il divieto di cumulo – previsto dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 489 – non era direttamente vincolante nei confronti degli organi costituzionali con la conseguenza che ogni amministrazione avrebbe dovuto procedere al recepimento del dispositivo di legge.

L’ex presidente Giorgio Napolitano, pur favorevole, preferì attendere l’imminente scadenza del mandato. L’attuale presidente, invece, a pochi giorni dalla sua elezione ha firmato il provvedimento della “sforbiciata”.



“Con l’introduzione del divieto di cumulo nella presidenza della Repubblica – sottolinea il Quirinalediversi Consiglieri del Capo dello Stato svolgono le loro funzioni senza alcun compenso, mentre per altri il compenso risulta fortemente ridotto […]. Con lo stesso decreto il Presidente della Repubblica ha disposto l’applicazione, all’interno della Presidenza della Repubblica del tetto alle retribuzioni previsto dalla legge per i pubblici dipendenti, anch’esso non direttamente vincolante per gli organi costituzionali. Dai due provvedimenti deriva un consistente risparmio di risorse pubbliche”.

Il gesto è certamente nobile e rappresenta un esempio “moralizzatore” non da poco ma sarà sufficiente a tracciare un sentiero condiviso alla rinuncia dei “privilegi”?

Stando ad un rapido sguardo, magari su qualcuno che riveste una carica importante, qualcuno che come il presidente avrebbe diritto ad un “extra”, magari la seconda carica dello Stato, si direbbe proprio di no.

Il presidente del Senato, Piero Grasso, infatti, pare non abbia seguito l’esempio di Mattarella.

Dalla dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2013 non risulta nessuna riduzione dei redditi di sua spettanza. È vero che i dati si riferiscono all’anno precedente all’entrata in vigore della nuova norma, ma è altrettanto vero che dai 176 mila euro del 2012, ultimo anno in cui ha ricoperto di ruolo di procuratore nazionale Antimafia, si è passati ai 316 mila attuali senza che nel frattempo ci siano stati indizi o segnali di rinuncia all’indennità.

Grasso, a quanto pare, lascia tutto com’è e il gesto di Mattarella più che un buon esempio sembra un assist in “fuori gioco” per il presidente del Senato.