La Francia di fine Ottocento incontra il Giappone del XIX secolo con Alessandro Baricco, scrittore impegnato a vestire di seta le pagine del suo Occidente. Breve ma intenso come un temporale d’agosto, “Seta” è un romanzo sottile come polvere di cipria sul viso ansioso di ricevere un granello di leggerezza. Il fascino orientale ha tutta l’intenzione di dominare la sensualità mitigata dalle acque divisorie dell’oceano.
Hervé Joncour, mercante di bachi da seta individua nel Giappone un mercato fruttuoso, certo di soddisfare le ambizioni che in realtà non ha mai avuto. Lui è un uomo tranquillo, il verbo osare non gli appartiene, ama sua moglie Hélène con una passione assopita, quasi in coma ma indiscussa. Quando lo sguardo gode di una certezza, la sveglia sul comodino non strilla la fretta per il ritardo, lascia che il sonno scivoli su fantasie incontaminate. Le mine vaganti sono pericolose per chi firma l’accento sulla vita, il deposito dell’orma è traccia di un passaggio anonimo, quasi nullo.
Il rigido equilibrio caratteriale di Hervé Joncour ha bisogno di un motore per fare da guida ad una direzione indecisa. La figura di Baldabiou, l’uomo esperto di bachicoltura, imprenditore intraprendente e operoso nel commercio dei bachi da seta, imbarca Hervé Joncour per un Giappone dai tratti ancora medioevali ma saturo di bachi da seta in ottima salute e di qualità superiore. Quattro viaggi nel Paese dei ciliegi offrono la lezione all’allievo occidentale.
Al palazzo reale di Hara Kei, il suo interlocutore in affari, Hervè Joncour, incoraggiato dal Sol Levante, si libera dal velo di protezione da cui si è lasciato avvolgere ad ogni tramonto della sua vita.
“Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva al lago e passava ore a guardarlo, giacché, disegnato sull’acqua, gli pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita. Era d’altronde uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla. Si sarà notato che essi osservano il loro destino nel modo in cui, i più, sono soliti osservare una giornata di pioggia“.
Hervè Joncour scorge una nuova alba nello sguardo occidentale di una giovane donna conosciuta nei corridoi lussuosi del palazzo reale. La ragazza tiene gli occhi bassi, non sono a mandorla, la luce sul viso è importata dal sole d’oriente affascinato da tanta casta bellezza.
“Per mille volte cercò gli occhi di lei, e per mille volte lei trovò i suoi. Era una specie di triste danza, segreta e impotente“.
Un amore muto rifiuta qualsiasi contatto, minuscoli arcipelaghi di pelle fissano lo straniero sulla zattera sempre più vicino all’isola di salvezza, intanto lo sguardo tace e le labbra respingono la curva di un sorriso azzardato.
“È uno strano dolore morire di nostalgia per qualcosa che non avrai mai”.
Un messaggio in lingua giapponese scritto sopra un biglietto ingombra lo spazio angusto di una mano con il codice segreto di un amore. Tradurre il geroglifico consuma il battito di Hervè Joncour per tutto il viaggio di ritorno dal Giappone, finalmente in Francia riesce a far decifrare il papiro orientale.
“Tornate, o morirò“.
Dalla Francia “fino alla fine del mondo” per cercare quello che già si ha in tasca. Attraversare le stagioni incantato da uno sguardo parcheggiato un secondo in più, stregoneria di una veste con le ciglia ipnotiche.
Nel piccolo paese francese di Lavilledieu, Hélène, una donna con la misera dote di un secondo in meno, condivide il letto con il suo stesso respiro. Un oceano dopo, Hervè Joncour trascinato dalle ciglia nere sfida una lapide vuota fino a quando? Pericoloso ardire, biglietto d’invito a una furia pronta a ridurre in cenere l’uomo francese non più benvenuto. Un amore amaro da inghiottire e dimenticare prima che la lama soddisfi il comando, allontanarsi dai raggi rabbiosi di un Sol Levante adesso pericoloso carnefice di un ladro di ciglia.
Il desiderio richiama al dovere la rotta ubriaca del fulmine giapponese, fallimento di una bussola? Vertigine orientale? Hervè Joncour così miope nel suo bozzolo malato di desiderio, mai sarà uomo di purissima seta, larva da scartare perché destinata a produrre chilometri di filo grezzo.
Non basta. La fede nuziale non basta.
Una promessa non basta. Altre labbra, altre ciglia. L’onda si allontana dalla spiaggia inseguendo acque ancora più cristalline, spesso ritorna a riva sporca di fango e sola, distrutta si arrende appena scorge la perla Hélène assistere al fuoco della sabbia arsa dal sole, Hélène è finissimo velo disteso a fissare l’orizzonte vuoto.
Un baco da seta non è ancora il velo impalpabile di una sposa felice, forse mai lo diventerà, la pazienza di fasi obbedienti alle leggi della natura suggerisce l’invito alla bellezza dell’attesa, poi un giorno metri e metri di ore laboriose percorrono la navata di una cattedrale.
Quanti amori seguono la tua ombra? Baricco interroga il suo lettore con la pazienza di un generoso Maestro. Hélène conosce a memoria il codice di sicurezza del segreto di Hervè Joncour ma il suo amor proprio si rifiuta di gridarlo al mondo. Hélène, moglie e mai madre, è un canto antico ripetuto mille e mille volte, fino a stordire l’atmosfera creata da una penombra. La certezza di un letto acceca il desiderio relegandolo a rito distratto.
La spedizione orientale disegna i tratti di un amore che non c’è, ammalia lo straniero con i fiori di ciliegio, qui la frana, qui il dirupo, sàlvati uomo incantato dal baco di seta a lavoro ma non per te.
La lettura di questo piccolo gioiello mantiene per tutto il tempo una velocità di marcia costante, poi al bivio finale incontri la vibrazione che non t’aspetti, lo scatto intuíto pagine prima si avvicina come un pianto liberatorio, ecco l’espiazione di un peccato inseguito e mai raggiunto.
Commuovono le parole non scritte da Baricco forse per stima del lettore che, ormai ostaggio del fascino orientale, decide da sé l’intensità della passione volata in sorte sul cuore di Hervè Joncour.
Perché lo scrittore abbia mitigato il fervore delle emozioni non lo sapremo mai, non è un’opinione infondata quella che il suo intento è celebrare la figura di Hélène, moglie fedele e paziente, donna occidentale senza ciglia nere.
Baricco offre il biglietto per un viaggio dentro di sé necessario più volte l’anno, dall’oblò del volo libero tutti abbiamo il dovere di afferrare quella dose di sorriso riservata a ciascuno di noi. Un’avventura di seta non la si può paragonare a un’escursione comune, la sfida del baco è vinta dalla trama preziosa unita da una comunione di fili.
“Forse è la vita, alle volte, ti gira in un modo che non c’è proprio più niente da dire.
Disse. Più niente, per sempre“.