CATANIA – Nemmeno l’ASP (Azienda Sanitaria Provinciale) può dirsi immune dai controlli regolarmente effettuati dalla Corte dei Conti. Proprio nelle ultime ore infatti si è finalmente concluso il lungo processo che ha visto indagate per negligenza e abuso d’ufficio due alte cariche dell’ASP 3 di Catania; l’ormai ex direttore del dipartimento generale dell’azienda sanitaria Antonio Scavone e l’ex responsabile della sezione amministrativa della stessa struttura Maurizio Lanza.
La sentenza, emessa tanto in primo quanto in secondo grado, è ormai definitiva e condanna i due ex dirigenti alla corresponsione di quasi 500 mila euro (di cui 371 a carico di Scavone e 96 richiesti invece a Lanza).
Gran parte dell’inchiesta, a questo punto del tutto archiviata dalla Corte dei Conti di Catania, si è occupata di accertare l’effettiva necessità di affidare a personale esterno degli incarichi speciali. Tale procedura è prevista infatti soltanto nel caso in cui all’interno della struttura sanitaria, per diverse ragioni, non sia possibile reperire nessuno in possesso delle qualifiche o dell’esperienza necessaria per portare a termine determinati progetti.
Questo modus agendi, definito dalla legge italiana un vero e proprio reato se attuato in mancanza di un effettivo bisogno, si sarebbe ripetuto per ben tre volte e sarebbe costato all’ospedale (in realtà ai contribuenti) milioni di euro. In una congiuntura economica come quella attuale, non è difficile intuirlo, un simile reato deve essere senza dubbio giudicato con grande severità.
A nulla è valsa quindi la linea difensiva adottata dai legali dei due ex dirigenti dell’ASP; secondo la Corte dei Conti infatti nessuno di loro avrebbe agito in buona fede, nessuno di loro avrebbe operato le proprie scelte senza sperare di trarre un personale giovamento. Evidentemente queste scuse, anche se magistralmente sostenute da un avvocato di grido, non hanno più la stessa presa su chi si trova costretto, per lavoro o per amor di cronaca, ad ascoltarle di continuo.