PALERMO – La polizia di Stato ha eseguito un sequestro di beni disposto dal Tribunale di Palermo – sezione misure di prevenzione, su proposta congiunta del procuratore della Repubblica e del Questore di Palermo, nei confronti di Luigi Scimò 58 anni e di Pietro Di Marzo 32 anni con il quale è stato disposto il sequestro di una società, sita a Palermo e operante nel settore delle onoranze funebri,della quota pari al 50% di una società, sita a Bagheria, attiva nello stesso settore, e di 2 autoveicoli di grossa cilindrata, il tutto per un valore complessivo pari a circa 600mila euro.
La pericolosità sociale di entrambi i soggetti, appartenenti alla consorteria mafiosa cosa nostra, è emersa dalle attività di indagine della Squadra Mobile di Palermo, coordinate dalla procura della Repubblica del Tribunale di Palermo-D.D.A., nell’ambito dell’operazione denominata “Maredolce 2”, confluita nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo in data 26 giugno 2019, che ha avuto a oggetto il contrasto dell’associazione mafiosa “cosa nostra” nel territorio di Brancaccio.
In particolare, nell’ordinanza sopra richiamata, viene messo in risalto il ruolo centrale di Luigi Scimò nell’ambito della famiglia mafiosa operante nel territorio palermitano di corso dei Mille, in quanto ritenuto promotore e organizzatore delle attività economiche illecite poste in essere nel territorio di riferimento, ritenute oltremodo remunerative per la consorteria mafiosa, quali la gestione del traffico di tabacchi lavorati esteri e di sostanze stupefacenti, nonché la gestione, anche per interposta persona, di imprese aventi a oggetto la distribuzione delle mini slot.
Anche il ruolo del 32enne, genero del 58enne, è emerso nell’ambito delle indagini in quanto soggetto perfettamente inserito nelle logiche criminali di cosa nostra che si è messo a disposizione del sodalizio mafioso di cui è organico, sposandone le modalità operative; in particolare, si è distinto per aver curato gli incontri del suocero con altri rappresentanti di vertice delle altre famiglie mafiose presenti nel territorio palermitano, nonché per aver ricoperto, per conto del sodalizio criminale di appartenenza, un importante ruolo nella gestione del traffico degli stupefacenti con le organizzazioni criminali presenti nel territorio calabrese.
Traendo spunto da tali evidenze investigative, l’Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali della locale Divisione Anticrimine della Questura di Palermo ha condotto indagini patrimoniali nei confronti dei soggetti e dei relativi nuclei familiari, accertando una sproporzione economica tra gli acquisti effettuati e i redditi percepiti, a conferma dell’utilizzo di risorse finanziarie di natura illecita.
L’odierno provvedimento assume un’importante valenza in quanto, grazie alla sinergica attività congiunta del procuratore della Repubblica e del questore di Palermo, entrambi titolari del potere di proposta dell’applicazione di misure di prevenzione, si mira a restituire alla comunità i beni illecitamente accumulati da “cosa nostra”.