CATANIA – La Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, nell’ambito di indagini a carico di un 34enne di Catania, indagato per i reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e violenza sessuale aggravata, ha richiesto e ottenuto nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari in abitazione diversa da quella familiare, eseguita dai carabinieri della Stazione di Catania Librino.
Le indagini, coordinate dal pool di magistrati qualificati sui reati che riguardano la violenza di genere, hanno fatto luce su un caso di maltrattamenti perpetrati dall’uomo nei confronti della moglie di 32 anni e dei loro due figli di 3 e 8 anni.
La coppia aveva iniziato la convivenza nel 2012 nella casa dei genitori di lui ma, dopo circa sei mesi, la donna aveva abbandonato quell’abitazione per le pressioni del compagno e di sua madre, affinché lei li ponesse in primo piano rispetto ai suoi stessi genitori: “Adesso tu sei da noi, dimenticati di tua madre!“.
Inizialmente l’uomo riallacciò la relazione accettando di convivere in un’altra abitazione in affitto ma, anche in questo caso, la sua indole violenta e prevaricatoria aveva ben presto deteriorato il loro rapporto di coppia e, soprattutto, la stabilità psicologica dei due figli nati dalla loro unione.
Ciononostante la donna, forse per una sua distorta valutazione del concetto di unità familiare, aveva sempre soprasseduto sui comportamenti del compagno, optando invece per una loro silente accettazione nella speranza di un futuro miglioramento caratteriale e, anzi, convolando a nozze nel 2014.
L’uomo, ossessionato dalla gestione assoluta del patrimonio familiare, non retribuiva in alcun modo la sua compagna che “in nero” lavorava come parrucchiera nel suo negozio di acconciature e, anzi, era costretta a consegnargli anche quelle piccole somme che guadagnava privatamente con piccoli lavori realizzati a domicilio a parenti e amiche per sopperire alle basilari esigenze dei due figli; il marito tra l’altro, ogni qual volta rientrava in casa, aveva l’abitudine di contare il denaro per verificare eventuali ammanchi conseguenti ad una spendita della moglie.
Ma la ristrettezza economica nella quale la donna ed i figli erano costretti a vivere non rappresentava certamente l’unico problema perché l’uomo, infatti, era solito picchiarla in presenza dei figli tanto che il figlio maggiore (8 anni), interponendosi tra i genitori a difesa della madre, veniva anch’egli percosso in ogni parte del corpo. Violenza pura che veniva riversata anche sul figlio più piccolo (3 anni) che, per aver giocato sul letto, è stato preso a schiaffi e sbattuto sul muro dal padre che sentenziava cinicamente: “I bambini si devono picchiare, è giusto, perché crescono meglio, l’educazione si insegna con le mani“.
L’aberrazione comportamentale dell’uomo, che evidentemente sfruttava a proprio piacimento la remissività della donna, lo aveva ormai portato a una completa manipolazione della compagna la quale, per l’acquisto di beni di prima necessità occorrenti ai bambini, faceva ricorso a elargizioni che il padre le concedeva pur godendo di una pensione di appena 600 euro; in ogni caso, comunque, il marito violento le si rivolgeva con grida ed insulti irriferibili: “La colpa è dei tuoi, ora ammazzo tuo padre ed abuso di tua madre“.
La donna inoltre, che aveva deciso di non concedersi più sessualmente al marito stante le innumerevoli angherie subite, è stata puntualmente costretta da quest’ultimo con la forza a congiunzioni carnali violente nonché a essere fotografata nei momenti più intimi, tutti soprusi che lei, sempre per non turbare i figli, subiva in silenzio e immobile durante la loro consumazione nonostante fosse fermamente contraria.
Nel già desolante quadro della vicenda in questione la donna ha raggiunto l’acme della disperazione che l’ha spinta a sporgere denuncia nei confronti del marito quando lo scorso 30 dicembre, rientrata a casa aveva consegnato al marito, quasi meccanicamente, la somma di 50 euro ricevute dalla zia quale compenso per un lavoro da parrucchiera, somma che, però, le è stata contestata da quest’ultimo “(ingiuria) che sei, dovevano essere 60 euro, ne mancano 10! Dove sono?“.
La malcapitata aveva infatti speso i 10 euro mancanti per acquistare due magliette per i bambini, ma ciò non aveva precluso allo scalmanato di picchiarla, inducendo pertanto ancora una volta il figlio maggiore a implorarlo di smettere: “Papà basta“.
L’intervento delle forze dell’ordine, avvisate dai vicini allarmati dalle grida, aveva fatto prendere all’uomo la decisione di abbandonare la casa familiare ma in seguito ogni sua visita, asseritamente per incontrare i figli, si è tramutato in uno scontro anche fisico con i suoceri e sempre alla presenza dei due bambini.
Esemplificativa dell’incredibile degrado morale a cui i minori hanno assistito è la richiesta di conforto del bimbo di età maggiore che, rivolgendosi ad uno degli investigatori intervenuti in una di queste occasioni, si era confidato dicendogli “Papà dà botte a (al fratellino di 3 anni), finalmente che papà non c’è posso dormire tranquillo, papà non deve stare più con noi” aggiungendo qualcosa che fece rabbrividire il suo interlocutore “Papà ha detto che si vuole fare la nonna“.
La donna ha spiegato infatti come il marito, nei suoi manifestati propositi di nuove esperienze sessuali che intendeva imporle, le aveva caldeggiato di attivarsi per giungere ad un immorale rapporto sessuale a tre a cui far partecipare addirittura sua madre, forse come brutale annientamento della residua autonomia della compagna nonché affermazione della sua supremazia su lei e sulla sua famiglia.
L’escalation della gravità dei comportamenti posti in essere dal maltrattante, che avevano ormai minato la stabilità psicologica della vittima e soprattutto dei due figli minori, è stata compendiata dalla Stazione carabinieri di Librino alla procura etnea consentendo il consolidamento del quadro probatorio a suo carico e di richiedere la misura cautelare poi emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale etneo.