MESSINA – Immaginate di partire con una valigia carica di sogni, come quei bambini che dicono “da grande voglio fare il calciatore“. Fate finta che riuscite a dimostrare il vostro talento e a soli 17 anni fate un grande balzo dalla Serie D alla B (quella con il balcone affacciato alla A, per intenderci). Ecco, arrivati a questo punto di certo non vorreste fermarvi, ma anzi, volete e dovete dimostrare che il traguardo raggiunto è solo un tassello per aspirare al massimo, ma qualcosa vi ferma. Non si tratta di un infortunio, né di un colpo di testa giovanile, né tantomeno di una squalifica, bensì di un cognome “ingombrante“. Un legame di sangue che compromette la vostra carriera professionale nonostante una vita onesta e che porta all’esclusione dalla squadra. Come vi sentireste? Una risposta a questa domanda potrebbe darla il 17enne messinese Pietro Santapaola Junior, che per colpa della sua parentela con Nitto Santapaola (suo prozio) e del padre implicato in fatti di mafia a Messina, sarebbe stato escluso dalla società del Cosenza, militante in Serie B, oltre a essere emarginato dai compagni.
Dopo la clamorosa esclusione Pietro ha fatto sentire la sua voce attraverso interviste e vie legali. Ha dichiarato assieme alla madre l’estraneità agli ambienti malavitosi e criminali e la voglia di vivere una vita onesta e normale al contrario di quanto fatto dai suoi parenti. D’altronde il legame di sangue non è una scelta e, per questo, non può essere considerato una colpa.
Il suo caso è stato raccolto dall’avvocato Salvatore Silvestro, che ha presentato una denuncia ai carabinieri di Messina, prima di trasmettere tutto anche alla Procura di Cosenza. Anche nei tavoli della Figc e della lega di Serie B si starebbe analizzando la situazione. Sembrerebbe che a inizio marzo un dipendente della società abbia contattato il giovane talento via Whatsapp, comunicandogli la volontà di concludere il rapporto.
Il legale ha spiegato la situazione anche in un’intervista a Repubblica, parlando di come Pietro sia distrutto e di come sia stato emarginato e ghettizzato dagli stessi compagni di squadra. Sembrerebbe inoltre che fino a giugno non potrà essere tesserato per nessun’altra squadra. Un danno enorme per il ragazzo, che professa la sua assoluta estraneità agli ambienti criminali e giudica il provvedimento del Cosenza una vera e propria ingiustizia. La palla adesso passa alla Magistratura che dovrà appurare la legittimità o meno del provvedimento.
Fonte foto Facebook – Paride Leporace