L’INPS chiede indietro il Bonus Covid a consiglieri e assessori: richiesta in parte illeggittima

L’INPS chiede indietro il Bonus Covid a consiglieri e assessori: richiesta in parte illeggittima

Negli ultimi giorni, numerosi soggetti hanno ricevuto apposita comunicazione da parte di INPS ove si richiede la restituzione del bonus Covid, pari a 1.200 euro per averlo illegittimamente percepito nei mesi di marzo-aprile 2020. In particolare tale richiesta è stata formulata nei confronti dei titolari di carica politica a tutti i livelli, dal parlamentare al consigliere comunale, rei di porre in essere una violazione delle condizioni previste dal decreto che disponeva tale beneficio. Ma per alcune categorie, questa richiesta di rimborso risulta del tutto illegittima. Vediamo perché.

Il Bonus Covid

Il bonus Covid da 600 euro introdotto dal Cura Italia era stato pensato per sostenere le partite Iva che avevano subito un significativo calo del fatturato a causa delle restrizioni imposte alle attività produttive e commerciali per limitare la diffusione del coronavirus. Risultava compatibile con altri bonus, ma non cumulabile con alcune prestazioni economiche erogate dall’Inps, come la contribuzione figurativa e l’assegno per il nucleo familiare, il reddito di emergenza, l’indennità per i domestici e l’indennità per gli sportivi, o i titolari di pensione o gestione separata.

Il Bonus Covid per i politici

La richiesta di bonus Covid, era stata presentata da moltissimi soggetti titolari anche di carica politica. Addirittura aveva destato scalpore il fatto che alcuni parlamentari avessero richiesto tale tipo di sussidio. Nonostante ciò, tale prestazione era stata erogata, con controlli molto superficiali da parte dell’istituto verso i richiedenti.

Senonché, dopo circa un anno, sono state notificate le predette richieste di rimborso, avendo INPS valutato la mancanza dei requisiti per alcuni soggetti, in particolare per coloro che rivestono una carica politica.

Tale richiesta restitutoria risulta però essere caratterizzata da un importante vizio logico – motivazionale in quanto una platea di soggetti molto eterogenea, quale quella dei “politici” viene ad essere individuata in maniera univoca come soggetto indebito percettore di sostegno economico. Come è possibile infatti pensare che un consigliere comunale, che percepisce il solo gettone di presenza, possa essere paragonato alla retribuzione di un parlamentare?

La questione ha sollevato un polverone: si è arrivati infatti a sottoporre immediatamente il problema a INPS il quale, 5 giorni fa, con la circolare 1025 ha risposto in parte a tali dubbi, chiarendo in particolare la posizione dei consiglieri comunali. INPS infatti fa un importante passo indietro, acquisendo un apposito parere dal Ministero del Lavoro. Quest’ultimo infatti precisa che i gettoni di presenza percepiti in relazione alla carica elettiva non sono assimilabili alle indennità di funzione ed ai compensi di natura fissa e continuativa corrisposti agli amministratori locali. Pertanto, si legge, allorquando il consigliere comunale benefici unicamente di gettoni di presenza non sussiste una situazione di incompatibilità con le indennità Covid-19 di cui al decreto c.d. “cura Italia”.

Discorso non applicabile invece ai titolari di indennità di funzione, come assessori e parlamentari, per il quale invece la richiesta di restituzione appare fondata, a meno che non si riesca a dimostrare il parallelo svolgimento di attività lavorativa a partita iva e che la stessa sia stata ridotta dalle limitazioni covid. In tali casi, sarà necessario presentare apposito ricorso giudiziario avverso tale provvedimento.

Immagine di repertorio