La famosa Alice di Lewis Carrol si ritrova improvvisamente all’interno di un mondo strano, colorato e un po’ folle, fuori da ogni schema ordinario: il Paese delle Meraviglie, luogo in cui suoni, colori e odori si uniscono e poi dividono. Qualcosa di simile accade anche fuori dai libri grazie alla sinestesia, una particolare condizione in cui un essere umano, a seguito di uno stimolo appartenente a una specifica sfera sensoriale (per esempio l’udito) lo esperisce non soltanto in quella data sfera sensoriale ma anche in altre (per esempio vista, gusto, olfatto, tatto, ecc.). Lo stimolo primario è detto induttore, mentre lo stimolo (o gli stimoli) che giunge come ulteriore “allegato” è detto concorrente.
In questo mondo spesso noioso e grigio, la sinestesia da alcuni è vista come un vero e proprio superpotere: si tratterebbe a grandi linee di avere la capacità di sentire un colore, gustare un sentimento o un nome, percepire il profumo di una parola, come se esistessero svariati nuovi sensi all’interno di una sola persona.
Sono intervenuti ai microfoni di NewSicilia diversi soggetti che quotidianamente convivono con la sinestesia e con i suoi effetti, di questi una è Deborah: “La sinestesia fa parte di me da sempre. Ho sempre convissuto con la convinzione che quello fosse il nomale modo di vedere il mondo. Fin quando un giorno, quando stavo alle scuole superiori, mi è sorto il dubbio. ‘È davvero normale visualizzare nella propria mente, numeri, lettere, parole, frasi e interi concetti astratti a colori? Perché non ho mai sentito nessuno parlare del colore in cui li vede? Se a questo punto fosse solo una cosa mia?’. E ricordo che quel giorno, dopo aver fatto una ricerca su Google, uscì fuori questa parola: sinestesia. Ciò che provai fu una sensazione di stupore, in primis. Poi, però, pervasa dalla voglia di saperne di più, continuai con le ricerche. Io, convinta che fosse la cosa più normale del mondo, ero la detentrice di una curiosa particolarità. Non solo! Oltre al mio tipo di sinestesia ne esistevano anche altri”.
All’inizio sembra essere stata per tutti una scoperta improvvisa che in un solo momento ha il potere di trasportarci da un mondo conosciuto a uno che sembra quasi immaginario.
Spiega una delle esperte intervenute, Marinella Calabrese: “Nella sua forma più blanda è presente in molti di noi, basti pensare a quelle situazioni in cui il contatto o la presenza di un odore o di un sapore ci evoca un’altra reazione sensoriale (la vista della frutta che viene percepita anche come sapore) ed è dovuta spesso al fatto che comunque i nostri sensi, pur essendo autonomi, non agiscono in maniera del tutto isolata e distaccata dagli altri”.
Continua la catanese: “La parola sinestesia nel tempo ha assunto diverse accezioni. Prima di attirare l’attenzione dei neuroscienziati, fino all’Ottocento, era vista come una forma deviante, una sindrome, genetica o acquisita, caratterizzante un numero ristretto di persone. Da molti era considerata come una patologia. Anche nel secolo successivo permane in parte questa definizione del termine sinestesia e il fenomeno non riceve attenzione dal mondo scientifico, considerando la posizione assunta dalla psicologia cognitivista e comportamentista che hanno accantonato il problema perché ritenuto privo di fondamento scientifico. Da pochi decenni la sinestesia viene studiata dai neuroscienziati perché riconosciuta come autentico fenomeno percettivo e perché le sue basi neurali possono far luce su alcuni meccanismi di funzionamento del cervello umano”.
Se spesso è rara, in chi la vive giornalmente, la capacità di scoprire nell’immediato la presenza della sinestesia in un individuo, al momento sarebbero in atto diversi studi su questa condizione, che anche se rara non è assolutamente da considerare come una malattia o una patologia: “La sinestesia non è invalidante e non è una malattia. Mi sembra di ricordare qualche report di un soggetto sinestetico che si sentisse a volte ‘sopraffatto’ dalle sensazioni che diventavano dominanti e stressanti. Di conseguenza non credo esistano medicine per smettere di essere sinestetici. Il tutto è come avere un senso in più, senza alcuno sforzo”, aggiunge la seconda esperta intervenuta ai nostri microfoni, Luana Donetti.
Nonostante non siano causati da una malattia, a volte questi sensi sembra che tendano a ostacolare la vita di chi li prova: “Ho sinestesia anche vista-tatto, per cui se vedo qualcosa a volte è come se la stessi toccando con gli occhi. Una volta in un ristorante molto rumoroso, sono andata in overload sensoriale e la sinestesia si è estesa a tutto il locale… era come se stessi toccando tutto quello che guardavo ed è stato molto sgradevole. Sono stata sopraffatta ed è stato difficile arrivare alla fine della cena”, racconta Barbara.
“Essendo una persona predisposta al rimuginio mentale, quando si tratta di voler mettere ordine nella mente, sistemare i vari concetti astratti quando questi vengono visualizzati con tanto di colore, forma, sia dentro che fuori di te, molto spesso risulta difficile. – aggiunge Catia – Molte volte mi è capitato di innamorarmi letteralmente di alcuni concetti astratti. E questo sia per il loro ‘aspetto’, che per le sensazioni che mi provocano. Spesso provo fastidio nel guardare grafemi o leggere delle parole che hanno un colore non corrispondente al mio colore sinestetico. Tant’è che i miei quaderni di scuola e di università hanno tutti un colore corrispondente a quello della materia o esame”.
È così dunque che ogni giornata si riempie di suoni, odori, colori, rendendo ogni persona del tutto unica. Oltre ai “sinesteti anonimi“, però, abbiamo avuto nella storia esempi di personaggi storici e celebrità che hanno fatto delle proprie sensazioni, oltre che uno splendido vanto, anche un valido strumento: “Sì, ci sono tante persone anche famose che sono sinesteti, ad esempio Kandinskji, Vladimir Nabokov, Richard Feynman, Oliver Messiaen, Pharrel Williams e molti altri”, spiega Luana Donetti. A questa lista si aggiungono tantissimi altri nomi conosciuti: Stevie Wonder, Marilyn Monroe, Kanye West, Vincent Van Gogh.
Molti di questi personaggi, oltre che legati al mondo dell’arte figurativa, spesso si sono trovati connessi al mondo della musica, per alcuni sinesteti quasi la chiave per un mondo magico in cui immergersi: “Le associazioni più belle sono con le note musicali. Do è bianco, mi è rosso, la è bianco. Quando ascolto una canzone mi viene la pelle d’oca, soprattutto ascoltando musiche strumentali, così rivedo il mondo colorato della mia infanzia“, racconta nuovamente Catia.
Aggiunge Deborah: “L’ascolto di un suono o di una intera canzone è soggetto ad esperienze sensoriali se, contemporaneamente, penso a dei concetti astratti. Ciò che mi piace provare è tutto ciò che per me rappresenta una fonte di ispirazione per i miei lavori artistici. Ciò che invece non mi piace provare, è rappresentato da quelle esperienze sensoriali di tipo olfattivo che, se casualmente non dovessero avere un buon odore, possono farmi provare un senso di repulsione per quelli che per me sono, o sarebbero potuti essere, dei pensieri piacevoli. In questi casi, però, in genere scelgo di non farci troppo caso”.
Diverse infatti le associazioni che possono crearsi all’interno della mente di un sinesteta, come spiega Luana Donetti: “Sono state stimate in tutto 80 tipologie.
- grafema-colore;
- suono -colore / forma (anche detta chromestesia);
- sequenza spaziale (è una sinestesia concettuale che non parte da uno stimolo reale ma da un concetto);
- udito – tatto, a seguito di un suono si avverte una percezione tattile;
- udito (lessico)- gusto, ovvero sentendo alcune parole si prova una sensazione gustativa;
- OLP – ordinal linguistic personification, questa tipologia vede associate lettere o numeri con tratti caratteriali e anche genere;
- mirror- touch, in questa sinestesia dove le persone sentono ciò che l’altra persona esperisce;
- cinestetica, o Kynaestethic synaesthesia, un tipo di sinestesia dove è il movimento di un oggetto o un elemento a sollecitare una associazione;
- misophonia, determinati (e innocui) suoni generano emozioni molto forti e spesso fastidiose come irritazione forte e persino rabbia”.
Proprio questa varietà estrema di associazioni e idee, miste a concetti astratti o concreti, rende ogni giornata rara e speciale. Ma nonostante quel che balza agli occhi o passa sotto il naso e dietro le orecchie, come tra le dita di una mano, le attività quotidiane devono essere portate avanti senza che una sensazione ne modifichi il loro andamento.
Di conseguenza, allora, forse una delle domande che ogni curioso che si rispetti vorrebbe rivolgere a un sinesteta riguarda lo svolgimento di una normale giornata infrasettimanale. È mattina e la sveglia suona, ti alzi per andare a lavoro e…
“La mia giornata si svolge piuttosto normalmente, a volte però cerco dei bizzarri sinonimi per le parole ‘proibite’ (quelle che hanno un brutto sapore) o mi capita di utilizzarne altre un po’ strane per il contesto, ma che hanno un buon sapore. Spesso cerco di ripetere una parola che ha un buon sapore. Ricordo che da bambina soffrivo di mal d’auto e ripetevo continuamente le parole ‘bacche’ e ‘cavalli’ perché avevano un sapore buonissimo, anche se ancora oggi non riesco proprio a descriverlo”, inizia Chiara, con la sua sinestesia che associa parole e sapori.
“Io sono sempre di corsa, perché ho due lavori e due figli da gestire e non c’è poesia nella mia quotidianità. Se esco di casa e c’è il sole devo avere gli occhiali da sole, se piove il rumore delle auto che sfrecciano sull’asfalto è assordante. Se qualcuno pronuncia la parola ‘Samuele’, io sento in bocca sapore di liquirizia. Se vedo dei numeri mi si accende una serie di patine colorate dietro agli occhi che solo il mio cervello vede. La giornata è uno sfrecciare tra queste cose. Tutto è vissuto in maniera più intensa ed i sensi si sovrappongono, ma sono abituata. Per me è naturale. Ad altri potrebbe sembrare un incubo e in effetti a volte perdo un po’ l’equilibrio mentale e fisico, ma chi potrebbe immaginare cosa provo invece nei rari momenti in cui sono da sola, in un bosco, in silenzio, mentre il vento passa tra i rami degli alberi? In quei momenti, in cui il mio sguardo tocca tutto ed il mio udito percepisce tutto, avverto che c’è un’armonia segreta nella natura, di cui noi, io, ho bisogno e che mi mette in contatto con la parte trascendentale che é in noi”, fa eco Barbara.
Nonostante l’essere umano si una macchina perfetta, non è mai davvero così freddo e asettico come spesso si tende a pensare. Alcuni di noi hanno menti, occhi, mani, cuori, che riescono a trapassare il velo grigio della monotonia quotidiana, scoprendo così un intero nuovo mondo con nuovi odori, sapori, colori.
“Grazie alla sinestesia so che c’è qualcosa di speciale nella mia vita”, conclude Catia.