CATANIA – Colpevoli! A deciderlo è stato il giudice per l’udienza preliminare che, nella giornata di ieri, ha condannato per estorsione aggravata dal “metodo mafioso”: Filippo Anastasi, Stellario Fileti, Antonino Fosco, Santo Laudani, Domenico Indelicato, Giovanni Spina, Gianluigi Partini e Omar Scaravilli.
Un giro di estorsioni, quelle messe in atto dagli imputati, a cui si è potuti arrivare grazie alle denunce sporte da alcune delle vittime, verso le quali, il clan esercitava un potere intimidatorio davvero enorme, tanto da usare, spesso, violenza fisica in luoghi pubblici, in modo da mostrare la propria spregiudicatezza e la caratura del gruppo criminale.
In uno degli episodi più plateali riportati dalla procura, Indelicato e Spina, avrebbero inviato i loro compari esattori ad un imprenditore catanese, aggredendolo in pubblico. Davanti ad un bar della città, infatti, alcuni membri della banda avrebbero gravemente percosso una delle vittime davanti numerose persone, al fine di recuperare la somma da estorcere. Fortunatamente, in quella occasione, un poliziotto fuori servizio si trovava nei paraggi permettendo alla vittima di essere soccorsa e curata.
Un altro episodio era avvenuto ai danni di un imprenditore edile che, non solo era costretto sotto pesanti minacce a versare una “mensilità” di 600 euro, ma anche a pagare una somma, una tantum, di 9 mila euro per “mettersi in regola”.
In un’altra occasione, invece, gli imputati, utilizzando sempre le solite minacce, avevano costretto un titolare d’azienda, che vantava un importante credito nei confronti di una ditta riconducibile ad uno dei condannati, a ritirare l’istanza di fallimento già presentata, ottenendo in tal modo la chiusura della procedura prefallimentare, avviata dall’imprenditore in modo da ottenere il recupero del proprio credito.
Un potere intimidatorio che era stato utilizzato dagli imputati anche durante il processo, tanto da avvicinare le vittime cercando di costringerle a ritirare le denunce. Tentativi che, fortunatamente, non solo non hanno avuto successo, ma hanno anche rafforzato la tesi del gup sull’utilizzo del “metodo mafioso”, aggravando ulteriormente la posizione della banda criminale.
Inoltre, a rafforzare ulteriormente il quadro probatorio le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Laudani, reggente dell’omonimo clan mafioso, e Carmelo Riso, appartenente al medesimo sodalizio, che, oltre a confermare uno degli episodi sopra citati, ribadivano la responsabilità degli accusati.
Ai reati per cui il clan è stato condannato, è stato aggiunto anche quello di lesioni aggravate nei confronti di un ristoratore colpevole, secondo gli imputati, di averli ripresi perché in notevole ritardo rispetto alla prenotazione fatta. Infatti, la sera stessa, la banda si era presentata nuovamente al locale e, davanti ai clienti e al personale, aveva trascinato in strada il ristoratore picchiandolo selvaggiamente.
Il 22 marzo scorso, finalmente, si arriva all’epilogo della vicenda con l’arresto dei criminali, condannati a pene che vanno dai tre agli otto anni di carcere.