Responsabilità civile delle toghe. L’intervista al presidente della Corte d’appello D’Alessandro

Responsabilità civile delle toghe. L’intervista al presidente della Corte d’appello D’Alessandro

CATANIA – Il 19 Marzo 2015 è entrata in vigore la legge sulla responsabilità civile dei magistrati, che cambia il volto della legge Vassalli (L.117/1988) che ha disciplinato sino ad oggi la materia.

Con la pubblicazione in Gazzetta della Legge 27.02.2015 n. 18 si introducono importanti novità. Tra le novità di rilievo del nuovo impianto: la scomparsa del “filtro” costituito dalla preventiva valutazione di ammissibilità della domanda di risarcimento danno; l’allungamento dei tempi previsti per proporre l’azione di risarcimento (da due a tre anni); l’obbligatorietà dello Stato a esercitare l’azione di rivalsa nei confronti dei magistrati, atteso che rimane saldo il principio della responsabilità indiretta.

In più l’aumento della misura della rivalsa e delle trattenute sullo stipendio del magistrato e viene ridelineata anche la colpa grave, che scatterà non solo per l’affermazione di fatti inesistenti o la negazione di fatti esistenti, ma anche nell’ipotesi di violazione manifesta della legge italiana e comunitaria e di travisamento dei fatti o delle prove.

Nell’anno 2013, nel nostro paese sono state avviate quattro milioni e mezzo di indagini, di queste quasi un milione sono contro ignoti e dei tre milioni e mezzo di processi con imputato, quasi seicentomila, hanno già due anni di attesa, e siamo soltanto in fase di indagini preliminari. Dinnanzi a questi numeri, la riforma sulla responsabilità civile dei magistrati, già chiamati ad uno sforzo non indifferente, era una priorità? La necessità di approvare subito una legge a modifica della precedente è stata imposta dall’Europa?

Il presidente della seconda sezione civile, della Corte di appello di Catania, il dottore Francesco D’Alessandro commenta: “Si tratta di una mistificazione dire che la legge è stata una risposta all’Europa, e che noi italiani eravamo sotto infrazione. L’Europa non ha chiesto all’Italia di intervenire sulla responsabilità civile dei magistrati, ma di intervenire sulla responsabilità dello Stato per una particolare specifica area, ossia l’applicazione in concreto del diritto Comunitario da parte della Corte di cassazione”.

Infatti, ci sono stati alcuni casi in cui la Corte di cassazione non aveva applicato i principi comunitari, e lo Stato Italiano aveva ritenuto di non dover risarcire i danni. Ebbene, la richiesta comunitaria allo Stato italiano è stata quella di far applicare il diritto comunitario e risarcire eventualmente i danni derivanti dall’inosservanza delle relative regole.

– Questa legge è stata accolta dalla stampa con titoli suggestivi, che potremmo sintetizzare “chi sbaglia, paga”. Cosa significa?

“In realtà la legge, propriamente, ha la finalità di individuare i casi in cui sussiste il diritto del cittadino ad ottenere la riparazione monetaria dei danni cagionati nell’esercizio dell’azione giudiziaria e non ha certamente una funzione punitiva svolta, invece, da un’attenta giustizia disciplinare”.

– Ci saranno allora meno errori giudiziari?

“Gli errori giudiziari, hanno già un assetto normativo di riparazione, e non è con l’inasprimento delle sanzioni e delle pene che si prevengono gli errori. Gli errori si prevengono facendo buone leggi e soprattutto reclutando buoni magistrati, creando una formazione adeguata, mettendo in moto determinati meccanismi.

– Ma allora fino ad oggi il cittadino non veniva risarcito?

“Nell’anno 1988, è stata emanata la legge Vassalli, in cui sono stati fissati i cardini della responsabilità civile dei magistrati. A prescindere dall’ipotesi del danno da reato, per cui i magistrati rispondono in tutti i casi, nel caso di responsabilità civile, la legge Vassalli sanciva già la responsabilità per dolo o per colpa grave; tuttavia, mai un magistrato poteva essere chiamato a risarcire un danno che fosse identificato come conseguenza della sua attività di interpretazione della legge e di valutazione dei fatti e delle prove. Una salvaguardia, questa, fondamentale, attesa la natura specifica dell’attività in sé della giurisdizione, che è attività di interpretazione delle norme e attività di valutazione dei fatti e delle prove. L’attività interpretativa demandata istituzionalmente al giudice, deve poter essere svolta in assoluta libertà”.

– La nuova legge come incide sull’assetto già esistente? Perché voi magistrati non siete contenti di essa?

“La nuova Legge mina il fondamento della giurisdizione, caratterizzato dalla funzione di interpretazione delle norme. Con la legge è stata resa più labile, più incerta e meno definita la nozione di colpa, che costituisce il fondamento della responsabilità. Prima la nozione di colpa girava intorno al concetto di negligenza inescusabile, che era stato già definito con elaborazione giurisprudenziale; oggi abbiamo come cardine della responsabilità, la violazione manifesta della legge, che costituisce un concetto più pericoloso, perché la violazione manifesta della legge si pone in un’area di confine con l’attività di interpretazione; insomma lì diventerà molto complicato stabilire se siamo nell’ipotesi in cui abbiamo interpretato la legge, sia pure in maniera non condivisibile, ma in maniera in cui non c’è responsabilità, o se c’è una violazione manifesta di essa. Questo grado di chiarezza della norma, che qua viene a mancare, sarà territorio nel quale si potrà sviluppare un contenzioso, non so a beneficio di chi. Un’altra questione perniciosa, è l’aver inserito come elemento di responsabilità, il concetto di “travisamento dei fatti e delle prove. Tale concetto coincide in senso tecnico, con quello già ben scandito nella precedente normativa, di affermazione di un fatto che incontrastabilmente non esiste, o negazione di un fatto che incontrastabilmente esiste. La formulazione letterale dell’’art. 3, “costituisce colpa grave… il travisamento del fatto delle prove ovvero il travisamento di un fatto” aggiunge un ulteriore spazio, che creerà una dilatazione del contenzioso, in quanto c’è il rischio che vada ad impingere con un’area riservata a quella della valutazione dei fatti e delle prove”.

– Qual è la doglianza fondamentale per cui a suo avviso è inaccettabile la nuova normativa?

“L’eliminazione del filtro è anticostituzionale. Il filtro è un giudizio preventivo di ammissibilità delle azioni, che i cittadini promuovevano nei confronti dei giudici; ogni qualvolta si iniziava la causa per responsabilità civile dei magistrati, preliminarmente l’autorità giudiziaria verificava se c’erano i presupposti, se era stata fatta nei termini, se era stata fatta contro colui che era effettivamente l’autore del provvedimento, se era stata fatta, dopo l’esaurimento dei vari mezzi e gradi di giudizio di impugnazione. Il filtro insomma serviva a evitare sostanzialmente che si facessero cause pretestuose, inutili o infondate. Adesso questo sistema è stato abolito, per cui anche nell’ipotesi di cause manifestamente infondate, o di cause fatte nei confronti di chi non c’entra, occorre svolgere l’intero corso del giudizio che durerà anni. Questo filtro è stato espressamente ritenuto indispensabile dalla Corte Costituzione per garantire l’indipendenza dei magistrati. Infatti, la Corte Costituzionale già con le sentenze del ’89 e del ’90, ha affermato il rilievo costituzionale del meccanismo del filtro, stabilendo che la peculiarità delle funzioni giudiziarie e la natura dei relativi provvedimenti, suggeriscono condizioni e limiti alla responsabilità, specie in considerazione dei disposti, appositamente dettati per la magistratura, artt. 101 e 13 Cost. , a tutela della sua indipendenza e dell’autonomia delle sue funzioni. Insomma, l’eliminazione del filtro, privando il singolo magistrato di uno strumento che è fondamentale per la tutela della sua indipendenza, pone per la nuova legislazione un problema di incompatibilità con la Costituzione. Del resto l’indipendenza e l’autonomia è il presidio affinché il giudice possa essere imparziale e possa con la sua attività, attuare il principio di uguaglianza”.

– Ma allora qual è lo scopo che una buona legge sulla responsabilità civile dei magistrati deve cercare di realizzare?

“Una buona legge sulla responsabilità civile dei Magistrati deve riuscire a creare una situazione di equilibrio e di coordinamento degli interessi costituzionalmente garantiti: la tutela del cittadino da una parte, e la salvaguardia della funzione giurisdizionale dei magistrati dall’altra”.

Avvocato Claudia Cassella del Foro di Catania