CATANIA – L’emergenza sanitaria ha certamente attirato l’attenzione dell’Italia e del mondo su di sé, ma quello che forse qualcuno avrà dimenticato, o per poco tempo ignorato, è che moltissime malattie negli ultimi mesi non solo non hanno assolutamente ceduto il posto al contagio, ma pare siano anche peggiorate.
“Chi ha un problema neuropsicomotorio, come autismo grave o malattie con sindromi genetiche che portano a ritardi mentali, ha avuto una regressione esagerata“, ha raccontato ai microfoni di NewSicilia Claudia Condorelli.
Claudia è la presidentessa dell’associazione Il Faro – Famiglie oltre la disabilità: “Attraverso il volontariato aiutiamo le famiglie che in casa hanno bimbi o ragazzini con esigenze speciali. Il nome di questa associazione indica anche l’impegno che abbiamo verso l’inclusione tra le famiglie con componenti normodotati e, appunto, con quelle che invece necessitano di una attenzione in più“.
“Scuole, istituzioni e società parlano di inclusione ma non lo dimostrano: per esempio non ci sono parchi giochi inclusivi in Sicilia o proprio in Italia, ovunque. Non si può ancora parlare di inclusione e quindi i primi a spiegarla devono essere i genitori e le associazioni unendo tra loro i bimbi con ogni esigenza”, continua.
Sarebbe proprio “l’attenzione in più” quella che è mancata negli ultimi mesi a tutti i piccoli e i giovani che hanno avuto bisogno di svolgere le quotidiane terapie che servono a convivere o a sconfiggere tante malattie che non sono affatto andate in quarantena.
Non solo ogni terapia è stata bloccata e categoricamente vietata negli ultimi mesi, ma dalla fine del lockdown – in realtà – le cose sarebbero anche peggiorate: “I centri riabilitativi non sono stati riaperti subito, quindi in totale le terapie sono state bloccate per più di 3 mesi. Questo rappresenta una regressione pari a un anno, per certi problemi mentali si parla anche di una chiusura nei confronti dello specialista“.
Le conseguenze del lockdown sulle terapie hanno avuto effetti gravi su molti bambini. Questo un breve quadro esplicativo di cosa succede quando un trattamento viene improvvisamente interrotto:
- nei casi di problemi motori quali ipotonia o ipertonia, lo stato dei muscoli regredisce fino a perdere postura e forza muscolare, portando il bambino o il ragazzo a non camminare più;
- con alcuni problemi cognitivi si perdono alcune capacità di linguaggio, tanto che sarebbero stati comunicati casi in cui i bambini avrebbero anche smesso di dire il semplice “mamma”;
- altri problemi cognitivi, se non curati con frequenza, rischiano di far perdere al bimbo obiettivi come la masticazione o la prensione;
- problemi di disabilità visiva che rendono il bimbo ipovedente, se non “allenati” rischiano di fargli perdere anche la semplice percezione delle ombre.
“Per una madre e un padre questa è la disperazione totale. – spiega Claudia – E la cosa peggiore è che mentre nei piccolini un minimo margine di miglioramento si può ancora ottenere, nei ragazzi più grandicelli sarà un’impresa cercare anche solo di recuperare quel che si è perso: la terapia è fondamentale e non dovrebbe essere saltata neanche un solo giorno, soprattutto in queste età”.
Oltre che per la quarantena, le cure e i trattamenti si sono fermati a causa delle lunghissime liste d’attesa che bisogna aspettare prima di poter riprendere (non con la stessa frequenza) la terapia interessata.
Moltissimi genitori, infatti, avrebbero lamentato che per prenotare terapie fornite dagli ospedali catanesi bisognerebbe attendere alla fine di una lista che conta quasi 2mila altri bambini, il tutto accompagnato dal caloroso invito – da parte di operatori sanitari, segreterie e centralini – a rivolgersi a cliniche private nonostante i prezzi siano più che elevati e poco abbordabili per la maggior parte delle famiglie in questione.
Di questo gruppo di genitori è parte anche Roberta (nome di fantasia): “Dopo la quarantena si stenta a ripartire. – inizia a spiegare – Io sono la mamma di una bimba che ha alcune problematiche che richiedono controlli periodici e costanti e sto avendo problemi a riprendere la routine delle cure”.
“La preoccupazione di noi genitori è principalmente una – spiega – ovvero che i tempi d’attesa stabiliti dalle prenotazioni andranno a coincidere con quelli delle chiusure di agosto, il che significa che i nostri figli faranno le visite non solo in ritardo, ma anche in periodo scolastico, perdendo quindi giorni importanti di scuola”.
Un modo per non aspettare così tanto tempo ci sarebbe, ma rende la situazione ancora più “amara”: “Sono costretta a rivolgermi ad alcune cliniche private che per delle visite hanno richiesto più di 100 euro a incontro”.
“Spero solo che la situazione si sblocchi presto perché piccoli e grandi, con disturbi visibili e non, dall’autismo a molti altri, sono stati letteralmente abbandonati a sé stessi – conclude – e la situazione non può andare avanti così. I piccoli hanno bisogno di prendere in mano le proprie vite e non di dipendere costantemente da un sistema che non li tutela“.
Immagine di repertorio