CATANIA – “Il Progetto per Catania, un documento collettivo per la ripartenza in sicurezza e legalità della nostra provincia, nasce dal contributo di idee, competenze, proposte di tutte le nostre organizzazioni territoriali. Lo offriamo all’attenzione di ogni interlocutore di buona volontà, non importa se pubblico o privato, con l’obiettivo di affrontare vecchie e nuove criticità per mettere a fuoco soluzioni possibili. Esiste una questione sociale catanese ingigantita dall’emergenza Coronavirus. Noi non resteremo a guardare”.
Così Enza Meli, segretaria generale della Uil etnea, presenta il “Progetto per Catania” firmato dai componenti dell’Esecutivo del “Sindacato dei Cittadini” che assieme a Enza Meli sono Armando Algozzino, Alfio Avellino, Salvo Bonaventura, Jeanine Bongiovanni, Eugenio Cambria, Giuseppe Caramanna, Giovanni Casa, Maria Pia Castiglione, Alessandro Cavallaro, Gaetano Cristaldi, Francesco De Martino, Nino Lombardo, Alfredo Lo Presti, Nino Marino, Giancarlo Mattone, Salvo Mavica, Nino Potenza, Angelo Oliveri, Stefano Passarello, Serena Vitale.
Nelle pagine del Progetto per Catania, primo capitolo dedicato a sicurezza e legalità, a proposito di sicurezza, la Uil esclama: “Diamoci un taglio… ai tagli sulla Sanità, senza aspettare la prossima pandemia. Si può, si deve, risparmiare sugli sprechi. Non sulla vita di medici, infermieri, cittadini! Il rallentamento delle prestazioni nei reparti non di emergenza ha, inoltre, provocato un sovraccarico di richieste. Abbiamo, quindi, sollecitato l’assessore regionale alla Salute e i direttori generali delle Aziende ad affrontare questa maggiore e non più rinviabile mole di lavoro con nuovi contratti”.
Sulla legalità, invece, l’organizzazione sindacale ricorda che “in questa emergenza, come in tutte le altre che si sono susseguite nella storia di Catania, della Sicilia e del Paese, le mafie (e non solo) sono pronte a banchettare e brindare sulle sofferenze dei cittadini. Adesso più che mai, quindi, la lotta al caporalato diventa per noi una battaglia–simbolo. Da questa provincia, particolarmente da quel triangolo dello sfruttamento dolorosamente rappresentato dalle aree agricole Paternò-Biancavilla-Adrano, la Uil sostiene le rivendicazioni sindacali per una normativa regionale di supporto alla legge nazionale 199. Sollecitiamo inoltre attenzione massima sulle regolarizzazioni dei braccianti stranieri, perché un’occasione storica di progresso non venga sporcata dai soliti ‘(im)prenditori’ che gettano discredito sull’intera filiera del settore primario. E contro i quali serve, lo ribadiamo, il pieno coinvolgimento dei consumatori per una spesa consapevole all’insegna di Buono È Legale”.
Il documento Uil si sofferma lungamente sulle “opportunità negate ai catanesi: poche infrastrutture e troppe incompiute”. Quindi, il riferimento a “porti e ponti, edifici in sicurezza e zona sismica 1, strade asfaltate e autostrade informatiche che non ci sono. Vengono quindi ampiamente analizzati lo stato di opere e progetti di metropolitana, Anas e restano avvolti nelle nebbie della burocrazia i progetti di ammodernamento della Bronte-Adrano e Paternò-Adrano”.
Il Progetto per Catania ricorda ritardi e omissioni nella utilizzazione delle risorse previste da Patto per Catania, Patto per il Sud e Fondo Sviluppo e Coesione 2014–2020. Strettamente connesso il capitolo sul degrado della Zona industriale.
“L’avevamo definita la madre di tutte le vertenze – scrive l’Esecutivo Uil –, ma, considerato che se ne parla da troppo tempo, forse è meglio ribattezzarla come la nonna di tutte le vertenze! Non c’è ripartenza senza riqualificazione delle aree industriali. Ne va dell’incolumità dei lavoratori, ne va della attrattività del territorio che peraltro è compromessa pure dai ricorrenti disservizi nelle forniture di energia elettrica, acqua e gas provocati da reti di distribuzione obsolete”.
Il documento sindacale affronta poi la situazione “da brividi” delle scuole catanesi “tra classi-pollaio, sedi fatiscenti e plessi a rischio sismico”, mentre viene evidenziato come “l’emergenza abbia fatto affiorare i disastri creati dal disimpegno in settori strategici come l’alta formazione e la ricerca“. Altro capitolo dedicato al turismo: “Noi non possiamo, non vogliamo, rinunciare a una prospettiva di crescita economica e sociale fondata su una vocazione naturale del nostro territorio. Per favorire il rilancio, può servire un call-center (non delocalizzato!) che offra informazioni e promuova opportunità, favorisca sinergie fra addetti ai lavori e gestisca i servizi legati a una tessera del visitatore. Turismo a Catania significa anche fruizione del nostro patrimonio immateriale. Per questo, non sarà certo l’emergenza a farci dimenticare le nostre battaglie in difesa di istituzioni culturali come il Bellini e lo Stabile che costituiscono identità e ricchezza di un popolo. Attualmente, peraltro, molti lavoratori dei Teatri sono in Fondo integrazione salariale e vogliamo capire come il management abbia speso, intenda spendere, il denaro risparmiato grazie agli ammortizzatori sociali. Vengano impiegati per assicurare futuro ai lavoratori”.
La Uil, infine, cita la condizione dei lavoratori con contratti atipici e da Catania lanciano con forza per loro la richiesta di parità di trattamento e continuità occupazionale e di quelli dei centri commerciali: “Dopo un 2019 disastroso, la situazione è ora esplosiva e si rischia che il conto venga fatto pagare al personale. Non si praticano sconti su tutele, prerogative, diritti per rispondere alle pretese di conti aziendali che non quadrano mai. Lo abbiamo dimostrato ancora in queste settimane contestando l’arbitraria, unilaterale, decisione del governo regionale sulle riaperture domenicali di centri commerciali e supermercati“. Infine, l’analisi sugli anziani “vittime della cultura dello scarto” e sullo stato delle “pari opportunità al tempo della pandemia”. L’Esecutivo Uil evidenzia “il ruolo cruciale delle donne in questi mesi di emergenza” e sollecita “la politica locale perché offra servizi ai nuclei familiari in difficoltà e agevoli le donne affinché superino gli ostacoli che limitano il loro accesso e la loro permanenza nel mondo del lavoro”.